Stati di alta tensione

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La paura dei mesi invernali
Diversi i motivi che hanno tenuto sotto scacco le Borse mondiali. Primo: le Banche centrali occidentali sembrano essere in affanno nel contrasto all’inflazione. I dati pubblicati sulla corsa dei prezzi nell’Eurozona, del resto, sono spaventosi: la Germania ha visto i valori più alti degli ultimi 50 anni. Il rialzo dei tassi d’interesse sembra essere destinato a continuare anche a costo di un impatto negativo sulla crescita economica – da entrambe le sponde dell’Atlantico ormai lo si dice chiaramente. Secondo: l’azione delle Banche centrali potrebbe, comunque, non essere efficace nei confronti dei prezzi di alcuni prodotti, pensiamo al gas o al grano, visto il perdurare della guerra in Ucraina e le minacce russe di non far ripartire le forniture nel gasdotto North Stream 1. Terzo: la Cina, con la sua strategia di Covid zero, ha di nuovo messo in lockdown milioni di persone, in un distretto rilevante in termini di produzione manifatturiera. Questo non solo rischia di ridurre i consumi cinesi, importanti per la crescita economica globale, ma anche di creare nuovi rallentamenti nelle forniture a imprese estere e, quindi, ritardi della loro produzione. Insomma, la situazione è delicata e questo si è riflesso in un calo delle Borse. Il rimbalzo di venerdì 2 settembre delle Borse europee era legato alla speranza di una politica monetaria più “morbida” da parte della Banca centrale Usa dopo dati sull’occupazione peggiori delle attese, ma il calo di Wall Street sul finire della settimana ha fatto velocemente perdere il buonumore anche ai listini europei. Ti consigliamo comunque di dedicare una parte dei tuoi investimenti alla Borsa Usa, ma di non investire, in generale, sulle azioni europee.
La questione energetica…
Le Borse hanno chiuso negativamente la settimana nonostante un ribasso brusco (-42%) dei prezzi del gas in Europa a seguito delle discussioni sull’imposizione di un tetto al suo prezzo da parte dell’Unione europea. La tensione, però, resta elevata: la Russia, come detto, ha già minacciato di sospendere le forniture e infatti nelle prime ore di lunedì 5 settembre il prezzo si è di nuovo impennato. Inoltre, in tale situazione il gas Usa resta prezioso e questo spiega perché ha contenuto il suo calo al 5,5%. La ricerca di alternative al gas russo ha sostenuto anche i titoli della compagnia navale Flex LNG (332,8 corone norvegesi; Isin BMG359472021), che hanno chiuso una difficile settimana persino in progresso dello 0,3%, mentre le Eni (12,09 euro; Isin IT0003132476), su cui grava la minaccia della sospensione delle forniture russe, ma anche il rischio di una tassazione più pesante del previsto dei profitti legati al rialzo del gas, hanno, invece, ceduto l’1,9% (Milano +0,1%). Una scommessa sulle Flex LNG ci sta ancora (è solo per speculatori, leggi i termini sul n° 1474), mentre al più mantieni le Eni.
Alla chiusura del 2/9 il prezzo del gas europeo era di 190,48 euro al metro cubo: nelle prime ore del 5/9 si era impennato fino a 275 euro.
… e quella tecnologica
Male il settore tecnologico: le azioni delle società di microchip, per esempio, hanno perso in media il 7,7%. Da un lato ha pesato la prospettiva di ulteriori rialzi dei tassi d’interesse – risentono più di altre azioni di tale prospettiva (vedi n° 1447) – dall’altro hanno pesato le previsioni poco confortanti di alcuni attori del settore. A dare la mazzata, la decisone delle autorità Usa di imporre al produttore Nvidia (136,47 Usd, Isin US67066G1040; -16,1% in settimana, non acquistare) limitazioni alle sue esportazioni in Cina. Peccato che la Cina sia un mercato fondamentale, sia per l’assemblaggio dei prodotti sia, poi, per le vendite. Anche se c’è stata comunque una piccola marcia indietro sul finire della settimana, un vincolo alle vendite da settembre 2023 resta in piedi e questo ha provocato il panico in diverse compagnie americane di microchip. Come ti abbiamo detto in passato (vedi n° 1420) anche Qualcomm (128,48 Usd; Isin US7475251036) dipende molto dai legami con la Cina e non per nulla le sue azioni hanno perso in settimana il 7,2%. Il rischio che l’amministrazione americana, soprattutto in caso di escalation a Taiwan, possa estendere e rafforzare i vincoli alle esportazioni/vendite di semiconduttori in Cina rende, al momento, la scommessa sulle Qualcomm troppo rischiosa. Già a novembre 2021 (vedi n° 1438) ti avevamo fatto vendere metà delle azioni: allora il guadagno era di circa il 130% in euro e dividendi inclusi dal primo consiglio del novembre 2019 (vedi n° 1339). Oggi ti consigliamo di vendere anche l’altra metà su cui, dal primo consiglio, guadagni comunque circa l’83% in euro e dividendi inclusi (il bilancio è positivo anche per chi le ha acquistate dopo).
La Russia ha annunciato il blocco totale delle forniture di gas alla francese Engie (12,17 euro; Isin FR0010208488), le cui azioni hanno chiuso a -4,5%. Va detto, però, che il gas russo era ormai meno del 4% delle forniture totali di Engie: la sospensione rientra, quindi, nella consueta fascia di volatilità delle forniture che il gruppo è già abituato a gestire. Confermiamo le nostre previsioni sui conti del gruppo; anche il nostro consiglio non cambia. Acquista.
In una settimana difficile, spicca il +12,1% delle azioni Agfa-Gevaert (3,62 euro; Isin BE0003755692): la società ha colto il momento giusto per vendere le sue attività offset (nel 2° trimestre le vendite sono salite del 4,3% ed erano tornate redditizie a livello industriale). L’accordo di cessione è stato chiuso a un prezzo allineato alle nostre aspettative. L’operazione permetterà una riduzione dei costi di ristrutturazione, ma solo dal 2023. A breve permangono problemi di approvvigionamento che rischiano di portare il 2022 in perdita. Limitati a mantenere.
Cambiamenti nei consigli |
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ATLANTIA 22,83euro Isin IT0003506190 |
M ➜ V |
M: mantieni; V: vendi |
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