Cosa ha mosso i mercati
Sono stati due gli eventi che hanno condizionato l’andamento dei listini azionari. Primo: la riunione della Banca centrale americana. Se il rialzo dei tassi d’interesse dello 0,75% era scontato, lo erano meno le dichiarazioni dei vertici che hanno detto che è prematuro parlare di uno stop alla manovra restrittiva e che i rialzi andranno avanti per più tempo del previsto. Questo rischia di frenare la crescita economica – l’attività manifatturiera nel Paese resta in crescita, ma sui valori più bassi da maggio 2020. Secondo: sebbene non confermate, sono circolate indiscrezioni sul fatto che la Cina possa allentare le misure restrittive per il contenimento della pandemia dal 2023, fatto che potrebbe ridar fiato all’economia del Dragone, particolarmente affannata in questo periodo – vedi anche alle pagine 11-12. A questo si aggiunge il fatto che le prime indagini delle autorità americane sui bilanci delle società cinesi parrebbero essere state chiuse prima del previsto, facendo ben sperare per un esito positivo e allontanando i timori di un blocco delle contrattazioni di tali società sui listini americani. I risultati finali della settimana non potevano che riflettere questa speranza arrivata da Est e la delusione da Ovest. Non modifichiamo le strategie d’investimento (vedi pagine 14-15).
la crisi della tecnologia americana
Le notizie su un’azione restrittiva più prolungata del previsto da parte della Banca centrale americana non potevano che pesare sulle azioni del settore tecnologico: il listino Nasdaq, che ne racchiude tante, ha chiuso la settimana in calo del 5,6%, cancellando in un colpo solo la ripresa di ottobre e portando il ribasso dall’inizio dell’anno a circa il 33%. A pesare sul settore anche annunci poco rassicuranti da parte di alcuni colossi internazionali come Qualcomm (106,69 Usd; Isin US7475251036), che ha ridotto le stime sui risultati del trimestre in corso prevedendo un forte rallentamento delle vendite di telefonini. Le azioni hanno chiuso la settimana in calo del 10,5%, portando il calo da quando ti abbiamo detto di vendere definitivamente queste azioni (vedi n° 1475) a circa il 17%. Ciò nonostante, secondo noi non è il caso di tornare a puntare su queste azioni. Se le hai ancora, vendile.
Regge la farmacia
Tra i titoli che hanno pagato meno le scivolate americane, ci sono quelli del settore farmaceutico, che hanno contenuto il calo allo 0,4% grazie alle buone notizie che sono arrivate da alcune importanti società. In particolare, Novo Nordisk (841,7 corone danesi; Isin DK0060534915) non solo ha annunciato risultati trimestrali superiori alle attese, con vendite in crescita del 15% anche al netto degli effetti valutari, ma ha anche rialzato le stime su fatturato e profitti per tutto il 2022. Le azioni del gruppo hanno chiuso la settimana in rialzo del 3,7% e, secondo noi, restano da mantenere. Buone notizie sono arrivate anche da parte della britannica GSK (1.445,6 pence; Isin GB00BN7SWP63), che ha mostrato ricavi trimestrali superiori alle attese, in crescita del 9% grazie alla spinta del vaccino contro il fuoco di Sant’Antonio. Il titolo ha chiuso la settimana in rialzo del 2% e anche in questo caso, se hai già queste azioni in portafoglio, consigliamo di mantenerle. Se non le hai in portafoglio, invece, non comprarle ora.
Tra le azioni migliori della settimana ci sono quelle del lusso e della moda, galvanizzate dalla possibilità di una ripartenza economica in Cina. Sarebbe una manna per società come H&M (116,02 corone svedesi; Isin SE0000106270) che stanno cercando di recuperare terreno in Cina. Le azioni hanno guadagnato in settimana il 4,8%, ma, secondo noi, valgono ancora un acquisto.
Settimana di alti e bassi per il settore automobilistico (-2,4%) condizionato dall’allarme lanciato in settimana da BMW (79,5 euro; Isin DE0005190003) sul rallentamento delle vendite in Europa per effetto del peggioramento della congiuntura economica. Il gruppo, però, riesce a compensare con i prezzi delle auto di alta gamma. Le azioni, che hanno chiuso la settimana in calo dello 0,6%, restano da mantenere.
Le novità dal settore bancario
Le azioni che si comportate meglio sono state quelle del settore bancario europeo, che hanno chiuso con un rialzo medio del 3,1%. I dati sull’inflazione hanno alimentato la convinzione che anche la Banca centrale europea possa procedere con un rialzo dei tassi d’interesse più prolungato del previsto: uno scenario che gioca, sulla carta, a favore dei ricavi bancari. Non è detto, però, che le banche riescano pienamente ad approfittarne: per esempio, in Portogallo è stata varata una legge che obbliga gli istituti di credito a rinegoziare le condizioni del mutuo quando queste diventano troppo onerose per le famiglie. Questo ha fatto traballare nell’ultima seduta le azioni BCP (0,15 euro; Isin PTBCP0AM0015) che, comunque, hanno chiuso la settimana in rialzo del 4,1%. Al più, limitati a mantenere. Tracollo, invece, nel corso dell’ultima seduta di Borsa per le azioni del Monte Paschi (1,62 euro; Isin IT0005508921), che hanno finito per chiudere la settimana con un calo complessivo del 16,1%. L’aumento di capitale è, sì, andato a buon fine – e la banca ha dunque incassato i 2,5 miliardi previsti – ma la risposta da parte del mercato è sembrata in genere più fredda del previsto e, non per nulla, appena l’aumento è terminato sulle azioni sono piovute le vendite. Il prezzo è del 19% inferiore a quello di sottoscrizione delle azioni in aumento di capitale, il che la dice lunga su quanto il mercato sia scettico nei confronti delle prospettive reddituali del gruppo. Anche noi restiamo scettici. Per ora, resta ancora alla larga da queste azioni.