Prezzo al momento dell'analisi (30/11/2022): 0,2062 euro
Ormai da diversi mesi si lavorava a un accordo per unire la rete di Telecom Italia con quella di Open Fiber, con la Cassa Depositi e Prestiti nel doppio ruolo di azionista sia della prima (con quasi il 10% del capitale) sia della seconda (con il 60% del capitale). La scadenza per la formalizzazione dell’offerta era ieri, 30 novembre, ma alla fine non se n’è fatto nulla. E ora?
Il Governo ha comunicato di voler aprire un “tavolo di lavoro che entro il 31 dicembre definisca le migliori soluzioni di mercato percorribili” per massimizzare gli interessi delle parti coinvolte. Un’affermazione, come si vede, un po’ vaga, che lascia aperta la porta a più scenari.
Un primo scenario avrebbe potuto essere un’offerta pubblica di acquisto sull’intera Tim, un po’ come nel piano Minerva circolato la scorsa estate, ma da più fonti governative è già stata smentita e sembra ormai un’ipotesi tramontata.
Un secondo scenario è quello che tecnicamente si chiama spinoff, cioè la separazione in due della società (gli azionisti si troverebbero in mano le azioni di entrambe le entità nate dalla scissione). Ma anche questa strada non è esente da difficoltà, per esempio occorre il consenso degli azionisti di risparmio e c’è il problema (tutt’altro che irrilevante, vista la mole) di come ripartire il debito di Telecom sulle due società.
Un terzo scenario vede la separazione della rete – che era poi un pezzo dell’accordo saltato con Cdp – tenendo però conto che, nel frattempo, sono sorti dubbi sul fatto che l’Europa accetti un’unificazione dell’intera rete con quella di Open Fiber. Più probabile, invece, che l’Europa accetti un sistema misto, cioè una rete unica nelle aree meno concorrenziali (quelle che l’antitrust definisce “bianche” e parte di quelle “grigie”) mantenendo invece una pluralità di infrastrutture per la parte restante (le altre aree “grigie” e quelle “nere”, le più concorrenziali).
Qualunque sia la piega che prenderanno gli eventi, il nulla di fatto nell’accordo con Cdp non è una notizia positiva, perché in ogni caso significa un rinvio dei tempi che non fa certo bene al gruppo. La concorrenza nel settore mette, infatti, sotto pressione i ricavi, mentre sul fronte opposto il costo dell’indebitamento, in un contesto di rialzo dei tassi di mercato, rende sempre più oneroso il pesante debito del gruppo (25 miliardi lordi, di cui circa un terzo a tasso variabile) e le soluzioni come la vendita della rete che permettono di “far cassa” avrebbero sensibilmente alleggerito la situazione – tanto più che i conti trimestrali si sono di nuovo chiusi in rosso, aumentando ulteriormente il “drenaggio” di liquidità. Oltre a questo, c’è da considerare che Telecom opera in un settore che necessita un alto tasso di investimenti, e unire il prima possibile le reti avrebbe potuto portare delle sinergie, cioè evitare duplicazioni degli stessi investimenti: più si aspetta, più i risparmi derivanti da queste sinergie (si parla anche di 4-5 miliardi) andranno sfumando, perché nel frattempo gli investimenti non possono aspettare e devono essere fatti.
Che fare, quindi? Se investi in ottica di lungo termine, ti ribadiamo la nostra posizione prudenziale: limitati a mantenere il titolo se già l’hai, ma anche a questi prezzi non è il caso di acquistare. E se sei uno speculatore? Finora ti abbiamo più volte consigliato l’acquisto in ottica speculativa, e ancora oggi un certo appeal in questo senso rimane, ma vista la situazione sempre più incerta e il sostanziale stop all’ipotesi di Opa, anche in questo caso limitati a mantenere.