Speranza sui mercati

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Cosa ha mosso le Borse in settimana
Due i motivi che hanno permesso alle Borse di mantenere un andamento moderatamente positivo nel corso della settimana scorsa. Primo: i prezzi alla produzione negli Usa hanno mostrato un sorprendente rallentamento, fatto che ha alimentato la speranza che la Banca centrale americana possa ammorbidire il piano di rialzo dei tassi d’interesse. Secondo: alcuni dati macroeconomici hanno mostrato una sorprendente resilienza dell’economia, nonostante il contesto difficile – per esempio, i dati sulle esportazioni cinesi hanno superato tutte le più rosee previsioni, crescendo a doppia cifra, mentre il calo delle importazioni nel Dragone è stato molto più contenuto di quanto non si era visto nei primi due mesi dell’anno. Insomma, il mercato ha iniziato a sperare che lo scenario di recessione possa essere evitato e che ora, con un raffreddamento della “stretta monetaria” l’economia mondiale possa avere un po’ la strada spianata. Certo, si tratta di speranze ancora fragili e i mercati saranno particolarmente attenti nei prossimi giorni alle indicazioni che arriveranno dai conti societari relativi ai primi tre mesi del 2023. È un test importante: progressivamente, le attese del mercato si sono raffreddate e, per esempio, per le azioni americane si attendono risultati mediamente inferiori rispetto a quelli dei primi tre mesi del 2022. Se i risultati andranno meglio delle attese e se le indicazioni per il futuro saranno confortanti, allora la salita potrebbe continuare. Non cambiamo per ora le strategie d’investimento che puoi consultare su www.altroconsumo.it/investi/la-nostra-strategia.
Il Fondo monetario internazionale ha previsto che la crescita mondiale si attesti su un 3% medio annuo nei prossimi cinque anni. Non è una recessione, ma è la proiezione meno ottimistica dal 1990 e al di sotto del 3,8% medio degli ultimi due decenni.
Bene il settore bancario
A dare l’avvio alla stagione dei conti trimestrali sono state alcune importanti banche d’affari americane. I dati erano molto attesi soprattutto per verificare l’eventuale deflusso di clienti durante il mese di marzo, quello dei fallimenti bancari: i dati sono ancora pochi per esprimere un giudizio, ma i primi segnali sono stati relativamente rassicuranti e questo ha permesso alle azioni delle banche americane di chiudere in rialzo del 5%. Bene anche le azioni delle banche europee, salite a traino in media del 4,4% nonostante le indiscrezioni secondo cui la Commissione europea starebbe valutando una regolamentazione che renderebbe più semplice liquidare le banche in difficoltà, evitando interventi pubblici tipo quelli effettuati in passato, per esempio, su Monte Paschi (2,11 euro, Isin IT0005508921; +9,3% in settimana, vendi). Rialzo del 3,9% per UBS (19,47 franchi svizzeri; Isin CH0244767585) sulla scia di indiscrezioni secondo cui il gruppo potrebbe nuovamente quotare in Borsa alcune attività rilevate dal Credit Suisse. Verosimilmente, potrebbero essere attività non troppo promettenti, quindi potrebbe essere una buona notizia per UBS, ma al momento non ci sono conferme e lo scenario è incerto. Limitati a mantenere le azioni UBS.
Volano le azioni del lusso…
A conferma delle speranze sulla ripresa dell’economia cinese ci sono stati i risultati trimestrali del gigante francese del lusso LVMH (892,80 euro; Isin FR0000121014): il gruppo ha chiuso il primo trimestre del 2023 con una crescita dei ricavi del 17% (a parità di società incluse nel gruppo e tassi di cambio costanti) rispetto allo stesso periodo del 2022 grazie proprio alle maggiori vendite in Cina, con punte di crescita del 18% per la sua divisione più importante, moda e pelletteria (marchi Louis Vuitton, Dior). Attenzione: negli Usa la sua crescita è un po’ rallentata in seguito agli aumenti dei prezzi e ai timori dei suoi clienti agiati per la fragilità del settore bancario. Le azioni hanno chiuso la settimana con un balzo del 7,7%, ma la reazione del mercato ci sembra esagerata: consigliamo di vendere le azioni LVMH.
… e delle materie prime
Le notizie dalla Cina sostengono il comparto delle materie prime (la tenuta dell’economia favorisce la domanda di queste ultime), aiutato anche dalle notizie di varie fusioni all’interno del settore minerario e dall’indebolimento del dollaro Usa per le attese di una politica monetaria più “morbida”. Nel complesso, il settore minerario ha chiuso la settimana con un rialzo del 4%, trainato dal +7,5% di Schnitzer Steel (31,54 Usd; Isin US8068821060) – è un colosso dell’acciaio per cui le vendite in Asia sono rilevanti. Se hai le azioni Schnitzer Steel, mantienile. Meno brillante l’andamento dei titoli petroliferi, saliti in media dell’1,7%. Si sono fermate a +1,3% le azioni Shell (28,08 euro; Isin GB00BP6MXD84), nonostante il gruppo abbia anticipato di aver beneficiato nel 1° trimestre dell’aumento dei volumi di produzione di gas naturale liquefatto. La società, però, dovrà mettere a bilancio degli oneri fiscali non ricorrenti che impatteranno sugli utili (ma non sulla liquidità). Se hai queste azioni, puoi mantenerle.
Il punto sul settore farmaceutico
Il settore farmaceutico ha chiuso la settimana con un progresso dello 0,8%. Due le notizie rilevanti. La prima riguarda le azioni Moderna (157,1 Usd; Isin US60770K1079). Nonostante l’annuncio di possibili vaccini contro il cancro nel 2030 – sfruttando la tecnologia alla base del suo vaccino per il Covid-19 – le azioni hanno chiuso la settimana in calo dello 0,7%. Del resto, la prospettiva del 2030 è lontana e nel frattempo il gruppo ha dovuto ammettere ritardi nel vaccino contro l’influenza. Sono azioni rischiose e ballerine su cui ti sconsigliamo di investire. La seconda riguarda le azioni Merck (115,31 Usd; Isin US58933Y1055). Il gruppo ha deciso di acquisire Prometheus Biosciences per mettere le mani su PRA023, una molecola in fase di sviluppo moderatamente avanzato, contro la colite ulcerosa, il morbo di Chron e altre malattie autoimmuni. Anche questo prodotto, però, dovrebbe dare frutti, sempre che venga effettivamente commercializzato, solo verso la fine dell’attuale decennio quando, però, il prodotto di punta di Merck, il Keytruda, comincerà a perdere i suoi brevetti. Il prezzo pagato, a nostro parere, è un po’ elevato, il che rende l’operazione rischiosa. Le azioni hanno chiuso a +2,7% e restano da mantenere.
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