La settimana delle Borse: la Fed rasserena, Fedex no

settimana delle borse 1599
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Seppure con il segno positivo, anche questa settimana le Borse statunitensi non hanno particolarmente brillato: l’indice S&P500 si limita a un +0,5%, l’indice Nasdaq è ancora più fiacco con un +0,2% settimanale. Le notizie arrivate dalla Fed erano molto attese e hanno, nel complesso, rassicurato. I tassi ufficiali Usa non sono stati tagliati, come da previsioni. Le stime della Banca centrale Usa sulla crescita del Pil sono state ridimensionate, mentre sono state alzate quelle sull’inflazione, ma a più che controbilanciare questi dati ci sono le dichiarazioni dei vertici della Fed sull’attuale incertezza. Anche se quest’ultima è stata definita “insolitamente elevata”, le Borse hanno apprezzato il fatto che la Banca centrale sembri ritenere temporanei, e non strutturali, gli effetti negativi legati alla guerra commerciale. Queste rassicurazioni, comunque, non spazzano via tutti i timori sugli impatti della battaglia sui dazi, il che spiega perché la reazione di Wall Street resti, tutto sommato, modesta. Un copione con molte analogie anche per le Borse dell’eurozona, dove l’indice delle 50 società principali chiude con un +0,4%: anche nel nostro continente le preoccupazioni sui dazi tengono banco, in parte compensate questa settimana dai dati confortanti sull’inflazione. Di tutt’altro tenore, invece, il bilancio settimanale della Borsa turca, affossata dall’arresto del sindaco di Istanbul, che si stava affermando come principale avversario di Erdogan nelle ormai imminenti elezioni presidenziali, e dalle proteste di piazza seguite all’arresto. La Borsa turca è presente nei nostri portafogli, ma solo nella strategia dinamica, e solo per il 5% del totale: episodi come quanto accaduto questa settimana dimostrano che l’alea legata a notizie impreviste può sempre penalizzare in maniera inattesa un mercato, motivo per cui è importante accertarsi sempre di aver diversificato correttamente la composizione dei tuoi investimenti.
Come se già non fossero sufficienti i segnali di incertezza sulla Borsa Usa, questa settimana un campanello, se non di allarme, perlomeno di attenzione è arrivato anche dalla società statunitense di consegna di pacchi FedEx (230,33 Usd, Isin US31428X1063), che ha rivisto al ribasso per la terza volta consecutiva le sue previsioni per l’esercizio in corso che terminerà a maggio. Perché è un segnale per la Borsa Usa? Perché Fedex, visto il tipo di attività svolta, è una di quelle società che fungono da “barometro” dell’economia in generale. L’equazione, in estrema sintesi, è semplice: se l’economia cresce, crescono i consumi delle famiglie. Se crescono i consumi, crescono gli acquisti, compresi quelli online. Più acquisti online, uguale più pacchi. Ecco perché il fatto che Fedex preveda più o meno utili per i prossimi mesi dà un’idea, per quanto approssimativa e da integrare con altre informazioni, sulle aspettative per l’economia. Che fare con il titolo? Certo il calo seguito a questo avvertimento sui risultati potrebbe attrarre investitori in cerca di opportunità di acquisto, e alcuni elementi sono senz’altro incoraggianti: FedEx sta attuando un ambizioso piano di riduzione dei costi e lo scorporo della sua divisione merci potrebbe creare valore aggiuntivo per gli azionisti. Tuttavia, proprio le incertezze sulla crescita economica ci invitano alla prudenza. Nel contesto attuale, il titolo è, secondo noi, troppo rischioso. In questo settore ti consigliamo piuttosto di acquistare la tedesca Deutsche Post (40,95 euro; Isin DE0005552004) che proprio in questi giorni ha pubblicato dati e previsioni rassicuranti. Nel 4° trimestre 2024 il gruppo teutonico ha aumentato il fatturato del 6,4% e l'utile industriale del 13%. Per il 2025, il colosso tedesco della logistica e delle consegne rapide (DHL) prevede un utile industriale di oltre 6 miliardi di euro (rispetto ai 5,9 del 2024 e ai 6,2 del 2023). Come previsto, il dividendo a valere sui conti 2024 è stato mantenuto a 1,85 euro per azione. Altra buona notizia per gli azionisti, il programma di riacquisto di azioni proprie passerà da 4 a 6 miliardi di euro. Infine, il gruppo dovrebbe ridurre i costi di 1 miliardo di euro entro la fine del 2027.
L’oro nero è salito in modo sensibile, questa settimana, con la varietà brent passata da 70,99 a 72,16 dollari al barile (+1,7%). Tra i principali motivi del rialzo c’è la stretta degli Usa nei confronti dell’Iran, con nuove sanzioni che hanno colpito non solo direttamente il Paese mediorientale ma anche parte di una “flotta ombra” iraniana di petroliere cinesi, chiamate Teapot, che riforniscono alcune raffinerie. Sulla scia di questo rialzo del petrolio le società del settore segnano, in media, un +1,3%, ma c’è un terzetto di società che riesce a mettere a segno rialzi tra il 4,8% e il 4,9%: Chevron (164,75 Udsd, Isin US1667641005), Repsol (12,11 euro, Isin ES0173516115) e Eni (14,38 euro, Isin IT0003132476). Puoi mantenere tutti e tre i titoli.
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