La settimana delle Borse: mercati travolti dalla tempesta sui dazi

settimana delle Borse 1601
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L’appuntamento clou della settimana era fissato per il 2 aprile, giorno in cui erano attesi gli annunci di Trump sull’applicazione dei dazi ai Paesi a suo dire “colpevoli” di applicare misure analoghe nei confronti degli Usa. A far scalpore, quindi, non è stato l’annuncio in sé quanto l’entità dei dazi, con percentuali ben più elevate del previsto. Per alcuni Paesi le reazioni non si sono fatte attendere, per esempio la Cina ha già applicato contro-dazi del 34%, in altri casi (come in Europa) ancora si discute su come rispondere alle mosse statunitensi. In ogni caso, è solo l’inizio di quella che potrebbe degenerare in una vera e propria guerra commerciale, con pesanti conseguenze sia sull’inflazione sia sulla crescita economica dei diversi Paesi. Ancora non è escluso che la strada dei negoziati possa scongiurare gli scenari peggiori, ma intanto l’incertezza è alta ed è proprio l’incertezza la peggior nemica dei mercati finanziari, tanto da innescare un’ondata di vendite quasi senza distinzione. Dal dopoguerra a oggi, solo in pochissimi casi (il crollo del 1987, la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia di COVID-19) la Borsa Usa aveva subito un tracollo di queste dimensioni in così pochi giorni (-9,1% il bilancio settimanale per lo S&P500). E i mercati del resto del mondo non se la cavano meglio, compresa l’eurozona a -8,5%.
Come dicevamo, è ancora difficile comprendere appieno l’impatto che la guerra commerciale potrà avere sui vari settori di attività. Molto dipende anche dalle contromosse dei vari Paesi coinvolti, ma di certo ci sono società e settori particolarmente esposti alle importazioni negli Usa, e tra questi ci sono i produttori di articoli sportivi come Adidas (196,15 euro, Isin DE000A1EWWW0, -11,6% questa settimana), ma anche Nike e Puma. I Paesi asiatici, dove queste aziende producono le scarpe per il mercato americano, sono infatti tra i più colpiti dai dazi americani, a partire dal Vietnam (dazi al 46%). Ma per Adidas, come per i suoi concorrenti, non sarà facile trovare soluzioni alternative a breve termine. Abbassiamo le stime sull’utile per azione del gruppo tedesco da 7,7 a 6 euro per il 2025 e da 10 a 8 euro per il 2026. Anche se il titolo ha già perso parecchio terreno rispetto al momento in cui te ne abbiamo suggerito la vendita, anche ai prezzi attuali il consiglio non cambia: vendi.
Tra le Borse europee, quella di Milano segna uno dei bilanci settimanali più pesanti, con un -10,6%. Tra i motivi principali per questa maglia nera c’è il fatto che a Piazza Affari il settore finanziario è presente in modo consistente, e l’attuale situazione penalizza le banche per tre motivi. Primo, c’è il rischio che la Banca centrale europea decida un taglio dei tassi più ampio per sostenere l’economia, e questo pesa su una parte dei guadagni delle banche (quelli derivanti dalla differenza tra gli interessi incassati sui prestiti e quelli pagati sui depositi). Secondo, se i mercati rallentano e ci sono meno compravendite, ci sono anche meno guadagni da commissioni. Terzo, se l’economia rallenta le aziende chiedono meno prestiti e questo per le banche si traduce in un minor volume di attività, e quindi di utili. Al momento, comunque, confermiamo i nostri consigli sui titoli del settore bancario ed assicurativo italiano.
Anche al di fuori di Piazza Affari, e al di fuori dell’Europa, il settore finanziario è travolto dalla bufera dei dazi. Ne è un esempio Bank of America (34,39 Usd, Isin US0605051046, -16,6% questa settimana), penalizzata dalle prospettive incerte sull'economia americana. Specializzata nella banca al dettaglio, Bank of America è, in effetti, molto esposta ai prestiti alle famiglie e alle piccole imprese negli Usa. Per tenerne conto riduciamo, quindi, le stime sull’utile per azione della banca per il 2025. Nonostante ciò, ai prezzi attuali il titolo resta, secondo noi, sopravvalutato. Se dovessi ancora detenerlo, vendilo. A breve il titolo uscirà anche dalla selezione di titoli che monitoriamo costantemente e non lo seguiremo più.
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