Le criptovalute oggi valgono più o meno 1.700 miliardi di euro, un po’ meno (ma non troppo meno) del Pil della Corea del Sud. Di questi 1.700 miliardi circa 700 sono fatti di BitCoin (più o meno il 40% del mercato) e circa 330 di Ethereum (quasi il 20% del mercato). Negli ultimi anni di strada se ne è fatta un bel po’. Negli ultimi mesi del 2016 le criptovalute valevano “solo” 13 miliardi di dollari e il BitCoin pesava per l’85% del mercato, l’Ethereum era ancora solo il 6%. Nell’autunno del 2018 le criptovalute erano quasi a quota 163 miliardi e il BitCoin era passato al 55% del mercato, con l’Ethereum salito al 18%. Che cosa dicono questi dati? Primo, che le criptovalute leader sono sempre le stesse da diversi anni; secondo, che la loro leadership è stata azzoppata nel tempo. Le prime due da oltre il 90% del mercato sono passate all’attuale 60%, pur crescendo di valore. Perché la leadership è rimasta? Perché il BitCoin è noto al grande pubblico e giudicato molto affidabile da chi lo scambia. Perché la leadership non è incontrastata, ma è calata negli anni? Perché il BitCoin è lento nel fare le transazioni (non funziona bene, quindi, come mezzo di pagamento), consuma un sacco di energia elettrica, e perché alcune delle nuove criptovalute hanno funzionalità più ricche. Non a caso l’Ethereum, la criptovaluta che è seconda al BitCoin, è legata alla tecnologia degli smart contract (i cosiddetti contratti intelligenti) che sembrano uno degli elementi più promettenti di questo mondo.
L’Ethereum vuole crescere, ma è in ritardo
In questo contesto l’Ethereum secondo molti ha lanciato il guanto di sfida a BitCoin, perché è alle prese con un cambiamento di tecnologia (da quella attualmente usata anche da BitCoin a un’altra) che consentirebbe di rendere l’Ethereum molto meno energivoro del BitCoin e quindi più premiato in un mondo che si vota al green.
Due gemellini siamesi
Bitcoin (in dollari, scala sinistra, in grassetto) e Ethereum (in dollari, scala destra, linea sottile) sono le due principali criptovalute e tendono a muoversi in discreta sintonia l’una con l’altra.
Con l’impennata dei costi dell’energia dovuti alla guerra questa è una caratteristica più che benvenuta. Tuttavia questo salto tecnologico che doveva avvenire da qui a giugno è stato al momento rimandato. Da qui la delusione di molti. In realtà se guardi al grafico Due gemellini siamesi puoi vedere in modo chiaro che l’Ethereum finora si è mosso come il BitCoin e che grosso modo le dinamiche che influenzano le due valute restano simili. Incluso il periodo di mancata crescita nei primi mesi di quest’anno. Nonostante la guerra facesse pensare che gli oligarchi russi per sfuggire alle sanzioni occidentali avrebbero riversato soldi sulle criptovalute il mercato è, infatti, ancora abbondantemente sotto i massimi dello scorso anno. Non lo ha neppure aiutato il rialzo dei tassi Usa. Le criptovalute non producono interessi, ma i bond in dollari sì, e come bene rifugio in questi tempi di guerra sono preferiti agli altri. Anche l’oro, in effetti, non ha iniziato l’anno in maniera così brillante come ci si sarebbe aspettati.
Cosa aspettarsi per il futuro?
Visto che a inizio anno era uscita la notizia per cui le attività illegali in criptovalute da 7,8 miliardi nel 2020 erano salite a 21 miliardi nel 2021 c’è da attendersi che le autorità di mezzo mondo puntino a regolamentazioni più strette. Per esempio in Brasile si sta parlando di una proposta di legge. Ma non solo, anche l’Ue ci sta mettendo mano e pensa a un regolamento che imponga la raccolta di dati degli utenti e una sostanziale emersione di queste attività per evitare fenomeni di riciclaggio. Ora siamo ancora a una fase preliminare nella stesura delle norme, anche perché molte cose, semplicemente, sono più facili a dirsi che a farsi, ma quanto sta accadendo è indicativo del fatto che presto finiremo ad avere regole più stringenti.
Il problema è capire se le regole più stringenti saranno più efficaci o no. Uno dei grossi rischi di una regolamentazione di successo di quello che al momento è un far west, è che si ponga anche un freno al suo sviluppo e alla sua creatività, con consistenti impatti economici. Le criptovalute continuano a non sembrarci un investimento per il piccolo risparmiatore. Meglio evitarlo. A chi volesse, comunque, tentare la sorte, ricordiamo che nel dubbio su quale criptovaluta crescerà di più è sempre possibile scegliere un prodotto che diversifichi su più criptovalute come WisdomTree Crypto Market (5,1 euro; Isin GB00BMTP1626), quotato allo Xetra.
In ordine le altre principali valute per importanza sono: (si inizia col terzo posto): Theter (80 miliardi di euro), BNB (62 miliardi), Usd Coin (47 miliardi), Solana (31 miliardi), Terra (29 miliardi), Ripple (29 miliardi) e Cardano (26 miliardi).
Nell’autunno 2018 al terzo posto si partiva da Ripple, seguita da Bitcoin Cash (oggi ventiseiesima), Litecoin (oggi ventunesimo), e Dash (oggi settantanovesima). Insomma, come vedi, c’è molta mobilità in questa parte della classifica.
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Anche in Italia si è recentemente parlato di regolamentazione delle criptovalute. Te ne abbiamo parlato nel n° 1450.
Bisogna sempre ricordarsi che dietro le criptovalute spesso non c’è nulla: né uno Stato che le emette, né una società, tuttavia allo stesso tempo ci sta sotto una tecnologia di punta, e questo non è poco, se si pensa che è stato in grado di far volare questo mercato su dimensioni pari a 1.700 miliardi di euro.