Quella strategia che punta ad escludere...

La strategia delle esclusioni
La strategia delle esclusioni
Questo particolare tipo di approccio, che spesso è anche chiamato “screening negativo”, si riferisce alla decisione di chi deve scegliere su cosa investire di escludere settori, attività commerciali o prodotti da un portafoglio di investimenti in base a valori, aspetti o principi etici e morali. Di norma, chi deve investire definisce una serie di criteri di esclusione e una volta fatto ciò supervisiona i possibili investimenti, applicando loro i criteri definiti in precedenza, sia dal punto di vista delle loro attività esistenti, sia come parte di singole decisioni di investimento. Tutte quelle attività che si dimostrano essere allineate ai criteri sopramenzionati vengono escluse dagli investimenti – da qui il nome screening negativo. Gli approcci a questa strategia sono essenzialmente due. Uno è rappresentato delle esclusioni incondizionate, attraverso le quali le attività o più in generale le società che svolgono quelle determinate attività vengono escluse perché risultato essere incompatibili con i valori e/o principi dell'investitore (e in questo caso si parla allora di screening/esclusioni basate sui valori). Il secondo è invece rappresentato dalle esclusioni determinate dal fatto che le società violano degli specifici standard ESG riconosciuto a livello mondiale, come il Global Compact delle Nazioni Unite (si tratta di un'iniziativa delle Nazioni Unite nata per incoraggiare le aziende di tutto il mondo ad adottare politiche sostenibili) o le convenzioni dell'ILO, l’agenzia, sempre delle Nazioni Unite, che si occupa di promuovere il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne. In questo caso si parla invece di screening/esclusioni basati su norme. Le strategie di esclusione, di qualunque si trattino, sono il punto di partenza, e la forma anche più semplice, nella realizzazione di investimenti sostenibili. Optare per implementare la strategia delle esclusioni può portare a confrontarsi con la scelta di bilanciare in modo equo la ricerca di investimenti redditizi, ma anche la necessità di rispettare determinati principi e/o valori e soprattutto cogliere la sempre maggiore attenzione da parte dei mercati finanziari e degli investitori sugli aspetti ambientali e/o sociali. Inoltre, le attività che sono soggette al “bando” dagli investimenti, possono cambiare nel corso del tempo o aumentare, così come possono variare da paese a paese.
Negli anni sono cresciuti i settori banditi dagli investimenti o rientranti nella schiera dei cosiddetti “controversi”, cioè tutte quelle situazioni in cui non c’era una vera e propria posizione anche a livello etico negativo, ma dipendeva molto dalle posizioni personali dei singoli e peri quali coesistevano motivi per bandirli, ma anche per non farlo. L‘aggiornamento della lista di questi settori dipende molto anche dall’evoluzione tecnologica, basti pensare all’utilizzo degli organismi geneticamente modificati, oppure della presa di coscienza sempre maggiore della rilevanza di certe tematiche. In quest’ultimo caso l’esempio più importante sono le tematiche ambientali, soprattutto quelle legate alle emissioni. Le compagnie carbonifere e più in generale le attività che usano i combustibili fossili sono oggi oggetto di una politica di disinvestimento – si veda il paragrafo dedicato a questo fenomeno – non solo a livello di gruppi organizzati, ma anche di grandi investitori come banche e fondi di investimento. L'elenco completo delle attività e dei settori che rientrano nella lista delle esclusioni comprende poi quelli che spesso sono definiti "vizi", come alcol, intrattenimento per adulti, gioco d'azzardo, e poi settori specifici come quello delle armi, l'energia nucleare, la sperimentazione animale, le cellule staminali o i prodotti agrochimici. Ovviamente questa lista è indicativa e soprattutto può non essere uguale per tutti. Infatti, i principi etici e morali possono variare da paese a paese e da cultura a cultura, per cui può accadere che in alcune zone geografiche alcuni settori e/o attività abbiano un peso maggiori di altre oppure non siano neppure inserite nelle liste delle esclusioni. Tematiche come, per esempio, l'energia nucleare e gli organismi geneticamente modificati sono molto più problematici in Europa che negli Stati Uniti, mentre la pornografia e il gioco d'azzardo sono meno evitati dagli investitori europei.
In conclusione, perché un investitore dovrebbe applicare questa strategia? La prima è stata appena vista: quella, storicamente più rilevante e anche più ovvia, è il dichiarato intento di eliminare dai propri investimenti specifiche attività indipendentemente dalla loro capacità di generare rendimenti positivi. Questa presa di posizione può avere come motivazioni:
Il secondo motivo per cui escludere un’attività o settori può avere una connotazione puramente finanziaria. Il ragionamento di base può essere il seguente: per quel determinato settore oppure attività si prevede che perderà valore in futuro a causa di controversie in corso, normative più severe o boicottaggi dei consumatori e quindi una corretta gestione di questi potenziali rischi rende corretto evitare di escludere questi settori.
Dato che si sta parlando di investimenti, una domanda che è naturale porsi è: qual è l’effetto che le esclusioni possono avere sull’andamento degli investimenti stessi? Molto dipende da quanto restrittivi sono i parametri su cui vengono definite le esclusioni. Per esempio, se i criteri colpiscono società che hanno una forte esposizione ai settori cosiddetti controversi includendo così società di grandi dimensioni, si riduce il numero potenziale di società u cui si può investire e si può anche ridurre il potenziale rendimento dell’investimento. Se invece ad essere escluse sono società che rappresentano una piccola parte del mercato, allora non ci sono evidenze che questo comporti una perdita in termini di rendimento. Per esempio, se si confronta l’indice delle azioni mondiali con quello che investe sempre in azioni di tutto il mondo, ma escludendo i settori controversi, il risultato è invece nullo: non si hanno rendimenti inferiori. Infine, se le esclusioni si limitano a non considerare settori basandosi sulle normative vigenti, allora l’effetto sui rendimenti è nullo, se non addirittura positivo: questo perché i settori vietati a livello legge rappresentano una quota residuale del mercato.
Anche dal punto di vista dell'impatto di questa strategia sul comportamento aziendale è limitato e in effetti le ricerche e le evidenze empiriche hanno iniziato ad avanzare l’ipotesi che escludere le società da un portafoglio o disinvestire non sia efficace come leva per generare un impatto. I ricercatori hanno scoperto che solo una manciata di aziende e industrie hanno cambiato le loro pratiche aziendali come risposta alle azioni di disinvestimento. Altri studi non hanno trovato una relazione tra questa strategia e i rating ESG delle società (che possono essere visti come un’approssimazione del miglioramento delle pratiche aziendali). Gli argomenti a sostegno di questa mancanza di relazione tra esclusioni e creazione di un impatto positivo sono che il legame tra disinvestimento e processo decisionale aziendale è troppo distante e che è improbabile che il disinvestimento non coordinato sul mercato influenzi i prezzi delle azioni di una società, dunque, non funge da leva per il management della società a modificare il loro modo di operare.
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