Negli Usa le fazioni anti-ESG sono forti, con addirittura gruppi che chiedono che siano definiti illegali gli investimenti ESG. Tuttavia, a controbilanciare quelle che sono richieste che al momento non sono state raccolte, ci sono poi normative che vanno nella direzione di tenere conto, almeno a livello di trasparenza, dei rischi ESG.
Ne è una prova l’approvazione da parte della SEC, la Consob a stelle e strisce, delle norme sulla divulgazione relativa al clima. Questi requisiti includono:
- Divulgare i rischi legati al clima con un impatto materiale sulla strategia aziendale, sulle operazioni o sui dati finanziari
- Descrizioni quantitative e qualitative delle spese materiali o dell’impatto finanziario di eventuali piani di mitigazione o adattamento al rischio legato al clima
- Supervisione del consiglio di amministrazione dei rischi legati al clima e il ruolo del management nella valutazione e gestione dei rischi, nonché eventuali processi adottati dall’azienda per identificare, valutare e gestire i rischi materiali legati al clima
- Comunicare spese e perdite derivanti da eventi meteorologici estremi e altre condizioni naturali e sui costi relativi alle compensazioni di carbonio e ai crediti di energia rinnovabile
Questa approvazione è sicuramente un passo in avanti molto importante per il mercato Usa – l’Europa è nettamente più avanti, anche se c’è da dire che mancano alcune cose fondamentali, fra tutte, l’assenza dell’obbligo per le aziende di rendicontare le emissioni Scope 3, cioè quelle prodotte nelle loro catene del valore – vedi riquadro.
EMISSIONI: SCOPE 1,2 e 3
Scope 1: comprende le emissioni derivanti da fonti di proprietà o controllate dalle imprese in oggetto (es: i combustibili fossili usati per riscaldare gli edifici);
Scope 2: include le emissioni connesse con l’energia acquistata dall’impresa, anzitutto ai fini dei consumi elettrici (si tratta dunque di combustibili bruciati da terzi);
Scope 3: comprende tutte le emissioni connesse all’attività dell’azienda che non rientrano nello Scope 1 e nello Scope 2 (es: le emissioni relative alla mobilità dei dipendenti, alla catena di fornitura, all’utilizzo dei beni prodotti, ecc.). Le emissioni riconducibili all’industria finanziaria rientrano soprattutto nella categoria degli Scope 3: a seconda della direzione verso cui orientano gli investimenti, gli operatori finanziari possono infatti aumentare o ridurre la propria esposizione al settore dei combustibili fossili.