I tassi non vengono mai alzati a caso da parte delle Banche centrali: serve a frenare l’inflazione. Quest’ultima è un fenomeno che tutti conosciamo: è la crescita dei prezzi che, come la ruggine, erode la nostra ricchezza. Quando è bassa (non molto sopra il 2%) è come la temperatura corporea a 36°, un fenomeno assolutamente normale, indice di buona salute. Significa che l’economia è viva e non conviene rimandare a domani gli acquisti che puoi fare oggi, perché domani costeranno di più. Quando è sottozero è come un corpo umano in ipotermia, significa che l’economia va male e fatica a riprendersi. Quando sale oltre il 2%, è un sintomo di febbre che va abbassata col rialzo dei tassi. Il rialzo dei tassi agisce, infatti, come regolatore della febbre. Facciamo un esempio. In un’economia circolano 100 euro e si producono 50 pizze e 50 birre a 1 euro l’una. Aumentano i soldi in circolazione e da 100 euro diventano 110, ma le pizze e le birre prodotte sono sempre 50+50=100: il loro prezzo salirà a 110/100= 1,1 euro. Se i 110 euro salgono a 120, il prezzo salirà a 1,2 e così via. Il rialzo dei tassi frena i prestiti e anche la circolazione della moneta, che viene spinta da quante volte uno stesso euro viene prestato a più persone, quindi fa sì che la quantità di moneta, anziché aumentare di botto da 100 a 110 euro a 120 euro come nell’esempio, aumenti meno o più piano, così i prezzi di pizza e birra cresceranno meno in fretta. Ma perché è necessario rialzare i tassi?
Il rialzo dei tassi non influisce nell’immediato (lo fa solo con calma), sui rendimenti delle gestioni separate dei prodotti assicurativi. Il motivo è di tipo contabile: le gestioni separate generalmente si portano dietro i vecchi bond fino a scadenza e se mantieni un’obbligazione fino a scadenza puoi ignorare gli alti e bassi del suo prezzo di mercato.
GLI EFFETTI DISTRUTTIVI DELL’INFLAZIONE
Abbiamo accennato al fatto che l’inflazione erode il valore di patrimoni, ma in realtà questo è solo uno dei tanti problemi. Se corre troppo, distrugge l’economia, toglie soldi ai creditori e li regala ai debitori. Se io ho 100 euro di debito a tasso fisso (la maggior parte dei casi) e un reddito di 100 euro, con l’inflazione il mio debito resta sempre di 100 euro, ma il mio reddito probabilmente salirà, vuoi per gli adeguamenti salariali se sono dipendente, vuoi perché, se sono imprenditore o autonomo, anche i prezzi dei beni o servizi che offro saliranno. Se i prezzi salgono del 50% e il mio reddito si adegua anche solo per i 4/5 dei prezzi, mi sarà andata lo stesso bene. Alla fine, guadagnerò 140 euro, ma i miei debiti saranno sempre 100, per cui invece di pesare per il 100% dei miei redditi peseranno per il 100/140=71%. Per ogni vincente (io debitore) c’è un perdente, chi mi ha prestato i 100 euro: ora che glieli restituisco, varranno 100/150=66 euro.
Nel lungo periodo un investimento in azioni è più resistente all’inflazione rispetto a un investimento in bond a tasso fisso, perché tendono a recuperare il carovita. Per un investimento diversificato su più mercati azionari scegli un Etf come Xtrackers Msci world ESG (27,02 euro; Isin IE00BZ02LR44), Hsbc Msci world (24,545 euro; Isin IE00B4X9L533), e Ubs Msci ACWI SF (124,52 euro; Isin IE00BYM11H29).
Un esempio di trasferimento di ricchezza
Negli ultimi 5 anni abbiamo un esempio chiaro di trasferimento di ricchezza dai creditori (risparmiatori che hanno investito in titoli di Stato) ai debitori (gli Stati). L’inflazione dell’eurozona (linea in grassetto), pur bassa fino al 2021, è sempre stata superiore ai rendimenti (lordi, tra l’altro) dei titoli di Stato dell’eurozona con scadenza tra 7 e 10 anni (linea sottile). L’effetto è che in termini di potere d’acquisto i risparmiatori hanno avuto ogni anno sempre meno e gli Stati hanno sempre preso più soldi di quanti ne restituiscono a parità di potere d’acquisto.
Questo meccanismo è peraltro quello tipico con cui gli stati abbattono in certi momenti particolari il loro debito pubblico a danno dei cittadini. Già da qui si può immaginare che questo enorme spostamento di ricchezza dai creditori ai debitori renda molto più insicuro il sistema economico e molto più difficile investire e quindi finanziare nuove attività. Storicamente, quando l’inflazione è stata lasciata correre, le cose non sono mai andate bene. Pensa alla Repubblica di Weimar, o a casi meno eclatanti come la situazione italiana negli anni ’70 in cui i prezzi crescevano e l’economia rallentava. Oggi è un problema che si vede in Turchia, dove i prezzi sono fuori controllo (+15,48% nel 2019, +12,27% nel 2020, +19,42% nel 2021, +72% previsto nel 2022, notare la progressione in aumento) a fronte di una crescita economica che, anche depurata dall’inflazione, per un Paese Emergente è asfittica (-3% nel 2019, -6% nel 2020, +5% nel 2021, atteso +1,5% nel 2022, per confronto in un Paese di recente capitalismo come la Polonia abbiamo avuto negli stessi anni +3%, -4%, +5%, +2%). In questo contesto la lira turca è in caduta libera: in 10 anni ha perso quasi il 90% del valore rispetto all’euro. Morale: l’inflazione alta sta rovinando il Paese.
Al momento i rendimenti dei titoli di Stato in euro sono ancora inferiori al tasso d’inflazione europea. Alla lunga questa situazione dovrebbe normalizzarsi e i tassi salire. Noi ti stiamo consigliando di restare su titoli di breve durata perché sono i meno sensibili a un rialzo dei tassi. A pagina 13 trovi due prodotti per investire a breve termine sia in euro (Xtrackers II iBoxx eurozone government bond YP 1-3, 140,51 euro; Isin LU0925589839) sia in dollari Usa (iShares $ treasury 1-3y acc B, 106,41 euro; Isin IE00B3VWN179).
Tradizionalmente, una soluzione per difendersi dall’inflazione è l’acquisto di oro e noi da tempo ti consigliamo una piccola puntata sull’oro attraverso Invesco physical Gold ETC (167,62 euro; Isin IE00B579F325). Ovviamente il prezzo dell’oro non è fisso, ma tende a salire e scendere, non pensare, pertanto, che si tratti di un investimento privo di rischio.