Indonesia, fine (apparente) di un’era?

Analisi
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I risultati raggiunti durante la presidenza di Widodo sono stati positivi: ha sviluppato le infrastrutture e adottato una politica economica proattiva per favorire la crescita del PIL (tutta la ricchezza prodotta nel Paese). La sua azione più spettacolare è stata quella di vietare le esportazioni di minerali metallici allo stato grezzo in modo che il Paese potesse sfruttare meglio le sue risorse naturali. Di conseguenza, per continuare a beneficiare delle risorse indonesiane, gli acquirenti di questi minerali sono stati costretti a sviluppare un'industria di trasformazione in Indonesia. Negli ultimi anni gli investimenti esteri nel Paese hanno così raggiunto dei picchi, con 44 miliardi di dollari nel 2022 e 47 miliardi di dollari nel 2023. Il presidente aveva già gettato le basi per la fase successiva, ossia quella di sviluppare un’industria, che partendo dalle batterie prodotte con le materie prime indonesiane, arrivasse fino all’assemblaggio dei veicoli elettrici.
Durante i due mandati del Presidente uscente Widodo sono stati realizzati 16 aeroporti, 18 porti e 2000 km di autostrade.
Dei tre candidati in corsa per la presidenza l’ha spuntata Subianto, che era stato avversario di Widodo nelle elezioni precedenti e che questa volta era sostenuto dal presidente uscente in cambio della promessa della carica di vicepresidente per suo figlio. Questo sostegno ha permesso a Subianto di vincere le elezioni con un ampio margine al primo turno.
Perciò non la fine, ma il continuo di un’era
Il nuovo presidente Subianto eredita una situazione economica e finanziaria favorevole. Escludendo il periodo del Covid, da dieci anni il PIL del Paese ha una crescita annua di circa il 5%. Contrariamente a quanto accade di solito, in Indonesia la costruzione di nuove infrastrutture non ha fatto lievitare il debito pubblico (la somma dei deficit passati) e a spingere la sua attrattività c’è la politica prudente della sua Banca centrale, che mira alla stabilità della rupia indonesiana sul mercato dei cambi. Tuttavia, la provincia più ricca, Giakarta, ha oggi un Pil pro capite 13 volte superiore a quello della più povera: è perciò importante che il progresso economico raggiunga una parte maggiore del Paese. Anche se diverse aziende cinesi, sudcoreane, europee e americane stanno pensando di produrre in Indonesia, si tratta ancora solo di progetti e per attrarre anche le imprese attente alle emissioni nocive sarebbe necessaria una rivoluzione energetica in modo da dipendere meno dai combustibili fossili, in particolare dal carbone che copre ancora oltre il 40% del fabbisogno. Sarà inoltre necessario investire sull’istruzione per fornire ai produttori la forza lavoro qualificata di cui hanno bisogno.
Il debito del Paese (la somma dei deficit pubblici del passato), al 38% del PIL, è il più basso della regione. L’indebitamento delle imprese è al 23% e quello delle famiglie al 16% del PIL.
La lavorazione delle materie prime sul territorio nazionale ha tuttavia ancora un limitato impatto sull’occupazione perché è un’attività che richiede poca manodopera: solo l'1% della popolazione lavora in questo settore.
Un avvenire promettente
L'Indonesia ha tutte le risorse per rafforzare la sua posizione sui mercati internazionali, e per farlo, deve intensificare i propri sforzi di sviluppo in modo da diventare una meta attrattiva per gli investitori internazionali anche al di fuori del settore delle materie prime. Crediamo perciò che al momento solo l’investitore che segue la nostra strategia dinamica debba avere in portafoglio il 5% di azioni della Borsa indonesiana, per beneficiare dell’atteso sviluppo economico del Paese. Per far ciò consigliamo di acquistare l’Etf Lyxor Msci Indonesia (142,91 euro, LU1900065811).
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