La Francia alla prova del voto

Bandiera francese
Bandiera francese
Anche se il Paese conta alcuni grandi gruppi che hanno beneficiato del commercio globale, Parigi non ha mai smesso di essere protezionista in difesa di alcuni suoi settori di punta. Al tempo stesso, però, la Francia vede ridursi i settori in cui resta competitiva e l’economia sta soffrendo per un decennio di crescita debole e di salari stagnanti (in termini reali).
Una Francia un po’ sprecona
Nel quadriennio 2020-2023 la crescita media della Francia è stata dello 0,6%, quella della Germania dello 0,2%. Tuttavia, nello stesso periodo, il deficit pubblico francese si è attestato in media al 6,5% del Pil (tutta la ricchezza prodotta nel Paese), il doppio di quello della Germania (al 3,2% del Pil). La Francia ha quindi speso molto, ma il divario di crescita tra i due Paese è contenuto, quando invece, in condizioni normali, la spesa pubblica dovrebbe avere un effetto moltiplicatore sull’economia. Una spesa pubblica maggiore dovrebbe, insomma, tradursi in un maggiore impulso alla crescita, ma questo non è avvenuto.
La crescita tedesca è stata più colpita dagli aumenti dei prezzi del gas in seguito alla guerra in Ucraina, nonché dalle normative europee che hanno penalizzato settori come quello automobilistico o quelli più “energivori”.
Il debito pubblico francese (la somma dei deficit pubblici passati) è pari al 110% del Pil nel 2023, quello dell’Italia è il 137,3%, contro appena il 63,6% della Germania. In questo momento, il livello di rendimenti offerti dai titoli francesi un po’ su tutte le scadenze si avvicina o supera il 3%. Una parte del debito è già stata finanziata qualche anno fa, quando i tassi di interesse erano pari a zero, o negativi; perciò, questi tassi più elevati non si applicano per ora alla totalità del debito, che un po’ alla volta però dovrà essere tutto rifinanziato. Perciò, anche la Francia, in futuro, così come avviene da noi, avrà un margine di manovra sui suoi conti più limitato rispetto a un Paese come la Germania.
Avendo un debito elevato, la Francia, come del resto l’Italia, è molto più esposta alle condizioni di finanziamento sui mercati obbligazionari, e in particolare all’aumento del costo del credito.
Il mercato del debito indebolito
È per questi motivi che Parigi è più entusiasta di Berlino all’idea di una riduzione dei tassi ufficiali da parte della Bce. Tuttavia, se i mercati obbligazionari seguono i tassi ufficiali sulle scadenze più brevi, possono divergere su quelle più lunghe, come già avviene per alcuni mercati emergenti (e anche per l’Italia, che ha risentito di qualche scossone dopo le vicende francesi). Il taglio dei tassi da parte della Bce potrebbe, quindi, non avere tutto l'effetto sperato, anche se i mercati stanno già incorporando queste notizie. L'agenzia Standard &Poor’s - che ha rivisto al ribasso il rating del debito francese all'inizio del mese – stima un deficit pubblico al 5,2% del Pil nel 2024, al 4,3% in media nel periodo 2025/2026, e ancora oltre il 3% nel 2027. Ma sia gli aumenti della spesa sociale auspicati dalla sinistra, sia la riduzione del carico fiscale auspicata dalla destra, associati all'abbassamento dell'età pensionabile, che entrambi difendono, graverebbero sui conti pubblici e ciò spingerebbe all’insù il deficit pubblico.
Prospettive poco incoraggianti
La Francia appare oggi divisa al suo interno e più propensa a mantenere le sue conquiste di un tempo che a cimentarsi in cambiamenti e riforme. Per questo continuiamo a consigliarti di evitare di investire sulla Borsa di Parigi nel suo insieme, che resta fuori da tutte le nostre strategie di portafoglio. Puoi tuttavia acquistare le azioni di alcuni singoli gruppi francesi, che operano scala globale e che hanno quotazioni interessanti, come per esempio Air Liquide (111,67 euro) o Sanofi (86,82 euro).
BNP Paribas (58,71 euro) ha perso l’11,5%, Société Générale (22,07 euro) il 15% dopo l'annuncio di nuove elezioni. La penalizzazione che stanno subendo questi due titoli sul mercato riflette la paura degli investitori. Nello scenario più negativo, BNP Paribas (che produce il 25% del fatturato in Francia) e Société Générale (il 35%) vedrebbero rallentare la crescita dei ricavi e aumentare i costi. Queste due banche hanno comunque spalle forti per affrontare questo momento di turbolenza, perciò confermiamo il nostro consiglio su entrambe: mantieni.
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