Il Regno Unito volta pagina?

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Se negli anni '80 Honda, Nissan e molti altri gruppi si riversano nelle isole britanniche, era perché vi trovavano tasse più basse, maggiore flessibilità di salari e di condizioni di lavoro, il tutto associato alla facilità della lingua inglese e a un accesso diretto ai mercati dell'Unione Europea. Il settore finanziario era altrettanto entusiasta della City di Londra, il cui facile accesso ai mercati europei, combinato con una regolamentazione semplice e una giustizia efficace in caso di problemi, aveva contribuito a rendere Londra capace di attrarre capitali e talenti da tutto il mondo, rendendola indiscutibilmente la capitale finanziaria dell’Europa.
Gli investimenti stentano a decollare
Per decenni una produttività relativamente bassa è stata uno dei punti deboli dell’economia britannica. Su questo fronte il Paese è in ritardo rispetto a Stati Uniti, Germania, Francia e molte altre economie dell’Europa centrale e settentrionale. Il Paese avrebbe bisogno di investimenti importanti per dotarsi di nuovi strumenti di produzione o utilizzare meglio quelli esistenti. Negli Stati Uniti, gli investimenti sono decollati grazie al forte aumento della spesa pubblica, attraverso in particolare l’Inflation Reduction Act, che favorisce lo sviluppo nel Paese dei settori del futuro, come le rinnovabili, batterie, semiconduttori, …. Ma Londra non ha ora i mezzi per tenere il passo con le nuove tecnologie. Nel decennio chiuso nel 2023, il deficit pubblico (le spese statali che superano le entrate) è stato in media il 5% del PIL (tutta la ricchezza prodotta nel Paese). E le finanze pubbliche deteriorate vanno di pari passo con servizi pubblici in gravi difficoltà, tanto che sia il servizio sanitario nazionale, sia l’istruzione sono carenti di fondi. Nel frattempo, la City, che un tempo attirava capitali da tutto il mondo e aiutava a finanziare il debito britannico a bassi costi, ha perso parte della sua verve, con gli investitori che sono diventati meno entusiasti dell’idea di finanziare il Regno Unito, tanto che, nell’autunno del 2022, quando Liz Truss - per poco tempo Primo Ministro britannico - ha deciso di lasciar correre il deficit pubblico, i mercati del debito le si sono rivoltati contro: i tassi dei titoli britannici a 10 anni superarono il 4,5%. E da allora il nervosismo persiste, tanto che questo tasso oscilla intorno al 4,3%, rispetto al 2,6% dell’equivalente tedesco. Per il momento i titoli del debito pubblico britannico non hanno subito sbalzi dopo i risultati elettorali, ma non c’è dubbio che questo mercato seguirà da vicino le politiche del nuovo governo.
Brexit, ancora e per sempre
Il Regno Unito fatica a attrarre investimenti anche perché, con la Brexit, ha perso il libero accesso al mercato unico europeo. Ciò rende difficile attrarre capitali esteri. Anche se il nuovo Premier Keir Starmer ha affermato che non ha nessuna intenzione di fare tornare il Paese nell'UE, il nuovo governo potrebbe ammorbidire un po’ la linea antieuropeista dei suoi predecessori: questo consentirebbe di allentare un po’ le tensioni con Bruxelles, con la possibilità di ottenere qualche concessione che potrebbe facilitare gli scambi tra i due blocchi, a tutto vantaggio dell’economia britannica.
Borsa inglese sì o no?
Da tempo in difficoltà, il mercato azionario londinese ha registrato un miglioramento dall’inizio dell’anno. Anche se, secondo noi, non è caro, sta pagando non solo le prospettive incerte del Paese, ma anche la sua composizione, segnata dall'assenza di settori oggi alla moda. In un momento in cui i titoli tecnologici e dell’intelligenza artificiale guidano i mercati, le tre principali capitalizzazioni (numero di azioni moltiplicate per il loro prezzo) della Borsa di Londra sono AstraZeneca (farmacia), Shell (energia) e HSBC (settore bancario): società sì solide, ma appartenenti a settori difensivi. Per questo ti consigliamo di investire nella Borsa inglese solo se segui la nostra strategia dinamica, per il 5% del tuo portafoglio: per farlo puoi acquistare l’Etf iShares CoreFtse100 Ucits (9,46 euro, IE0005042456) oppure l’’Amundi Ftse 100 Ucits Etf (16,62 euro, LU1650492173).
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