Cosa fare con il mercato cinese?

Analisi
Analisi
A causa del boom edilizio incontrollato, c’è ora un eccesso di offerta che il mercato non riesce a assorbire. Una crisi immobiliare dovrebbe provocare un calo dei prezzi per adeguare l’offerta alla domanda, ma Pechino vuole salvaguardare i risparmi investiti nel mattone dalle famiglie e, anziché accettare una correzione dei prezzi, si ostina a sostenere la domanda con incentivi fiscali e agevolazioni creditizie. Questa scelta da un lato salvaguardia il settore edile, ma dall’altra ne prolunga la crisi. E così l’economia cinese per crescere dipende dalla domanda estera.
Tensioni internazionali ancora non sopite
I produttori cinesi, con il sostegno finanziario delle autorità, riescono ad essere competitivi sui mercati esteri, ad esempio nel settore auto. Da meno di 100.000 nella prima metà del 2021, le esportazioni di auto cinesi superano oggi le 370.000 unità al mese, a scapito di quelle giapponesi. Gli Stati Uniti denunciano da diversi anni i sussidi cinesi alle esportazioni e ne stanno tassando le importazioni. I produttori cinesi hanno trovato nuovi mercati di approdo che a loro volta, come l’Unione europea e il Canada, stanno mettendo una barriera al made in China.
Parola d’ordine: pazientare
Pechino ha fissato un obiettivo di crescita per il suo PIL (la ricchezza prodotta nel Paese), al 5% nel 2024. La preoccupazione principale delle autorità è ora di mantenere a galla migliaia di aziende industriali non redditizie, aiutandole a vendere i loro prodotti all’estero adattandosi alle nuove regole, ossia esternalizzando l’assemblaggio finale dei beni per eludere le sanzioni: ecco allora aumentare gli investimenti cinesi in Messico per rifornire gli Stati Uniti. Guardando al lungo termine, gli aiuti delle autorità cinesi vanno alle aziende attive nel settore delle energie rinnovabili, i veicoli elettrici e i semiconduttori. La Cina sta modernizzando la sua industria, investendo molto nella ricerca e nello sviluppo con l’obiettivo di diventare indispensabile e evitare così sanzioni commerciali. Negli Stati Uniti, ad esempio, le batterie cinesi non sono (ancora) tassate molto proprio perché essenziali. Allo stesso tempo, Pechino sta riformando e chiudendo sempre più il suo mercato interno così che la domanda interna venga assorbita soprattutto dalle aziende nazionali. Grazie al suo ampio mercato domestico, all’assenza di vincoli di bilancio che consente tutti gli aiuti e a un forte potere centrale, questo Paese è in grado di fronteggiare questa guerra commerciale. Perciò le azioni cinesi meritano di stare nel portafoglio di chi investe guardando al lungo termine, e infatti fanno parte di tutte e tre le nostre strategie (www.altroconsumo.it/investi/la-nostra-strategia), con una quota del 10% in quella equilibrata e dinamica e del 5% nella difensiva; in quest’ultima trovano spazio, per il 5%, anche le obbligazioni in yuan. Per la parte azionaria acquista l’Etf Hsbc Msci China Ucits (5,04 euro, Isin IE00B44T3H88), mentre per quella obbligazionaria del difensivo l’Etf iShares China CNY bond (4,84 euro, IE00BYPC1H27).Attendi, stiamo caricando il contenuto