È la storia di una truffatrice, Anna Delvey e di una giornalista, Vivian Kent, che indaga su di lei, nel tentativo di rilanciare una carriera compromessa. Anna Delvey si spaccia per una ereditiera tedesca, attrae su di sé le attenzioni di mezza New York e truffa molte persone facendosi finanziare una vita dorata.
L’abito non fa il monaco, ma in finanza conta
Non anticipiamo nulla della trama di chi non l’avesse ancora visto, né si fosse fatto catturare alcuni anni fa dalle cronache giudiziarie legate ad Anna Sorokin (il nome reale della protagonista della fiction), ma ci basta il trailer per andare al nocciolo della questione. Nel trailer Vivian chiede un colloquio con Anna per poterla intervistare. Nel breve spazio di questa anticipazione della miniserie non sappiamo ancora nulla di Anna, ma immaginiamo già che sia dietro le sbarre e che quello sia il loro primo incontro. “Avrei delle domande da farti” dice la giornalista. “Ho io una domanda” risponde Anna con uno sguardo sornione “che cosa indossi? Sembri povera.” Ecco, il tema toccato dalla miniserie è questo: le apparenze. I soldi vanno dove ci sono le apparenze. Poi, certo, se sotto le apparenze non c’è nulla, dopo un po’ vanno altrove, come succede ad Anna, ma senza le giuste apparenze non arrivano. E questo è… la finanza!
Ti pare tutto lontano e remoto? Pensaci bene, magari hai appena investito dei soldi in un qualche titolo (azione, fondo, obbligazione), ebbene, chi ti dice che non sei incappato in Anna Delwey?
Si fida bene chi si fida ultimo…
Scherziamo? No, affatto: la finanza si regge sul fatto che qualcuno ha un’idea per guadagnare, ma non ha i soldi per metterla in pratica, e qualcun altro ha i soldi, ma non ha le idee. Chi ha i soldi si fida di chi ha le idee e glieli presta. Speriamo che tu non sia uno degli italiani che sono incappati quasi vent’anni fa nel crack Parmalat, ma lì è successa la stessa cosa. C’era un signore che vendeva latte. Aveva pure una squadra di calcio, la sua società era quotata in Borsa e il suo latte era sulle tavole di un sacco di gente. Aveva una gran bella idea di impresa. Da lì a fidarsi il salto è stato breve. Chi mai può pensare che far avere la bottiglia di latte fresco nel frigo sia una professione rischiosa? Chi pensa che un lattaio non abbia abbastanza “liquidità” da parte per ripagare i suoi debiti? Parmalat non diceva forse di avere in cassa una marea di denaro. Ora qualcuno un po’ diffidente avrebbe potuto dire: ma com’è che se hai un sacco di soldi ti indebiti? Eppure il signore che vendeva latte sembrava uno che sapeva il fatto suo. Quindi la risposta al nostro omino diffidente era: “non fare domande stupide, se lo fanno avranno i loro buoni motivi”. D’altronde lo diceva in tempi non sospetti anche Osama Bin Laden: “quando la gente vede un cavallo forte e uno debole, ovviamente sceglie quello forte”, non serve altro per decidere, e Pamalat sembrava un cavallo forte. Sappiamo come è finita: è entrata in gioco una regola importante: puoi ingannarne pochi a lungo, o tanti per poco, ma tanti a lungo non si riesce. Prima o poi la realtà presenta il conto. Come con Anna, come con Parmalat.
I rimedi per non fare la fine degli amici di Anna
Come evitare di farsi ingannare da un pifferaio magico con belle vesti di seta? Gli strumenti sono tre, e alla portata di tutti. Primo, una sana diffidenza di base (se non capisco un prodotto non lo compro e buona notte). Secondo, tanta informazione di qualità (vado a cercare qualcuno che non si è fermato all’apparenza). Terzo: tanta diversificazione degli investimenti, cioè evitare di puntare i soldi su titoli (azioni, obbligazioni) di una sola società, ma dare per scontato che qualche Anna è sempre in giro e la incontreremo e che immancabilmente, nonostante la nostra diffidenza e la nostra prudenza, ci fregherà. Nel dubbio meglio non consegnarsi mani e piedi a lei, ma darle solo un dito senza che si prenda il braccio.
Ma Anna è un’eroina perché rubava ai ricchi…
Non sei convinto di quello che diciamo perché in fondo Anna ti è simpatica per quel che ha fatto? La “rivincita del piccolo” contro il mondo della finanza ti sembra una buona cosa? Attenzione a rincorrere i miti, perché anche qui c’è il rischio di farsi male. Ne san qualcosa gli americani che hanno scommesso su GameStop solo per fregare la finanza “cattiva”. È successo tutto un anno fa: GameStop è una catena di negozi che vende videogiochi. Il boom dell’acquisto di giochi online le ha creato qualche gatta da pelare e i suoi conti ne hanno risentito. I grandi signori della finanza hanno iniziato, allora, a scommettere che per questi motivi il titolo GameStop potesse calare in Borsa e hanno iniziato a scommettere su un suo progressivo calo. Alcuni piccoli risparmiatori che si confrontavano sui social (Reddit) si sono accorti che la mole di scommesse al ribasso era spropositata e quindi si sono organizzati per comprare le azioni GameStop e, quindi, forzare una salita del prezzo di quelle azioni. Avevano motivi diversi, qualcuno credeva sul serio in GameStop, ma qualcun altro voleva farla in barba ai signoroni del mercato che hanno a disposizione strumenti finanziari preclusi ai piccoli. L’operazione lì per lì cominciò a funzionare e il prezzo di GameStop a salire e alcuni fondi d’investimento che avevano scommesso sul ribasso del titolo furono costretti a capitolare e a chiudere le scommesse. Ora, per chiudere queste scommesse, in molti casi dovettero ricomprare azioni GameStop e, comprando, alimentarono ancora di più la corsa del titolo portando a una esplosione dei prezzi. Nel giro di 4 giorni il titolo schizzò da poco più di 40 dollari a poco meno di 350! Una follia! A questo punto diverse piattaforme di trading americane decisero di imporre uno stop alla negoziazione, prevedendo in molti casi solo la possibilità di vendita e non di acquisto (la scusa era evitare che i piccoli risparmiatori acquistassero a prezzi troppo alti). E lì si scatenò il putiferio: gli utenti di Reddit accusarono le piattaforme di trading di voler punire i piccoli risparmiatori e di proteggere dalle perdite i grandi signori della finanza che avevano scommesso sul fallimento di GameStop e a loro sostegno si schierano diversi parlamentari americani, da destra a sinistra. Le piattaforme capitolarono e consentirono nuovamente la piena negoziazione del titolo. Inutile dire che venti giorni dopo il titolo valeva di nuovo “solo 40 dollari”, un vero bagno di sangue. A onor della cronaca GameStop successivamente è nuovamente risalita, poi ridiscesa, poi risalita e oggi siamo sui 120 dollari, ma è comunque chiaro il meccanismo. Giocare contro il mondo della finanza può essere molto rischioso. Anche qui pensiamo che una morale ci sia: Robin Hood è un grandissimo eroe del nostro immaginario, ma pensare che si possa ribaltare la giustizia tra ricchi e poveri facendo investimenti vuol dire soprattutto correre grandi rischi. Le regole sono quelle che sono.