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La Cina scende dal piedistallo
un mese fa - venerdì 1 aprile 2022
Cina e Usa
Una politica sanitaria obsoleta
Dall'inizio dell'epidemia, le autorità cinesi hanno adottato la strategia zero Covid. Una politica che prevede di reagire al primo caso rilevato, testare massicciamente la popolazione e chiudere intere città pur di prevenire la diffusione dell'epidemia; un approccio molto rigoroso che ha permesso di limitare la contaminazione nel 2020 e nel 2021.
Certo la politica zero Covid ha bloccato l'attività delle città messe in quarantena, ma, evitando il confinamento prolungato e generalizzato di tutto il Paese, ha consentito all'economia cinese di resistere meglio alla pandemia. E ciò spiega perché la Cina è uno dei pochi Paesi ad aver registrato un aumento del PIL (Prodotto interno lordo, tutta la ricchezza prodotta nel Paese) nel 2020.
Oggi, però, con la variante Omicron, meno grave ma più contagiosa, la strategia zero Covid non è più adeguata. Da diverse settimane il numero dei nuovi casi di infezione giornalieri non fa che lievitare in Cina, raggiungendo livelli mai registrati prima e i vaccini cinesi sembrano poco efficaci contro questa variante. Senza contare che solo il 51% degli ultraottantenni ha ricevuto due dosi e appena il 20% ha ricevuto una terza dose di richiamo. Paradossalmente, la Cina è oggi vittima del suo stesso successo di 2 anni fa: la politica zero Covid, pur limitando inizialmente la contaminazione, ha creato un falso senso di sicurezza che, in qualche modo, ha spinto i cinesi a “snobbare” la vaccinazione.
Un'economia malconcia
Con focolai di contaminazione in 28 province su 31, ora è praticamente tutta la Cina a essere minacciata dal Covid. Le restrizioni sono ora in vigore in tutto il territorio, tanto che, per la prima volta, è stato decretato il confinamento anche a Shenzhen, la terza città del Paese, e anche le due parti di Shanghai sono state messe in quarantena - una dopo l’altra per evitare la completa chiusura del più popoloso agglomerato urbano, che ospita anche la Borsa e il maggior porto cinese.
Consapevole dell'impatto economico dei lockdown, il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto ora ai leader locali di non badare solo all’aspetto sanitario, ma anche dell'economia. Per paura di essere sanzionati dal potere centrale in caso di disastro sanitario, gli enti locali restano, però, inclini a reagire con misure drastiche contro il Covid.
E così, l'attività economica sta soffrendo, con Toyota, Volkswagen e Tesla che hanno dovuto interrompere la produzione nei loro stabilimenti in Cina. È vero che queste multinazionali possono riuscire a recuperare questi stop, ma per molte piccole e medie imprese (PMI) quella attuale rischia di essere una crisi più difficile. Nel 2021, 4,3 milioni di PMI hanno chiuso i battenti, contro appena 1,3 milioni di nuove aperture. Ed è la prima volta che in Cina le chiusure hanno superato le aperture; una carneficina che rischia di continuare anche nel 2022.
Mercati finanziari in caduta libera
Dopo la forte ripresa degli ultimi nove mesi del 2020, il dinamismo economico della Cina ha subìto un marcato rallentamento, tanto che per quest’anno Pechino ha stabilito l’obiettivo di crescita più debole degli ultimi 30 anni.
Moltiplicando le sanzioni e con le nuove normative restrittive, le autorità cinesi hanno messo a dura prova i colossi digitali nazionali. Ciò ha fortemente influenzato le loro quotazioni in Borsa.
La lotta contro la speculazione immobiliare ha, inoltre, scosso i colossi del settore edile e preoccupato gli investitori, mentre il fatto che la Borsa americana abbia messo al bando alcune società cinesi ne ha indebolito le azioni.
Nelle ultime settimane i mercati azionari cinesi hanno subìto due nuovi attacchi. Il primo, come detto sopra, è la ripresa dell’epidemia di Covid e il secondo è la guerra in Ucraina. Alleato storico di Mosca, Pechino non ha condannato la guerra e ha mantenuto relazioni commerciali con la Russia; un atteggiamento che fa temere che anche la Cina possa venir colpita da sanzioni economiche e finanziarie. Gli investitori stranieri, preoccupati, sono quindi fuggiti in massa da questo mercato, tanto che da inizio anno si sono disfatti di azioni cinesi per 10 miliardi di Usd. La Borsa cinese è scesa, perdendo a metà marzo quasi la metà del suo valore rispetto al picco di inizio 2021.
Una Borsa ancora interessante
È chiaro che in Cina il boom economico degli ultimi decenni è finito e che oggi le autorità mettono l’accento soprattutto sulla gestione del sovraindebitamento, dei sovrainvestimenti e della bolla immobiliare, mentre il declino della forza lavoro è un'altra sfida che dovranno prima o poi affrontare. Tuttavia, l’economia cinese continuerà a realizzare una crescita sostenuta e a svilupparsi.
Certo le relazioni tra Cina e Usa sono sempre più tese, anche perché Pechino continua a mantenere i suoi legami con Mosca. In ogni caso, contro la Cina sono impensabili sanzioni simili a quelle attualmente in vigore contro la Russia. L'economia cinese è, semplicemente, troppo grande e troppo influente per poter essere ignorata dall'economia globale.
Certo, a breve termine, è probabile che i mercati finanziari cinesi vengano ancora “snobbati” dagli investitori. Tuttavia, a medio termine, le azioni cinesi mantengono, secondo noi, un potenziale interessante e meritano ancora di far parte dei nostri portafogli, sono infatti presenti per il 5% nel portafoglio equilibrato e dinamico. Mentre le obbligazioni in yuan offrono una piccola diversificazione utile in un portafoglio difensivo dove occupano il 5%.