La Reserve Bank of Australia, la Banca centrale australiana, ha come da attese alzato ancora una volta i tassi, con un ritocco dello 0,25% dal 2,60% al 2,85%.
Esattamente come avviene per gli altri Paesi, l’aumento del costo del denaro è dovuto all’inflazione in Australia troppo alta. Nel corso dell'anno fino a settembre, infatti, il tasso di inflazione è stato del 7,3%, il più alto degli ultimi tre decenni. I fattori globali spiegano gran parte di questa elevata inflazione, ma anche la forte domanda interna rispetto alla capacità dell'economia di soddisfare tale domanda gioca un ruolo. Nei prossimi mesi è previsto un ulteriore aumento dell'inflazione, con un picco di circa l'8% entro la fine dell'anno. L'inflazione dovrebbe quindi diminuire il prossimo anno grazie alla soluzione dei problemi dal lato dell'offerta globale, ai recenti cali dei prezzi di alcune materie prime e alla crescita più lenta della domanda. La previsione della Banca centrale è così di un’inflazione di circa il 4,75% nel 2023 e di poco superiore al 3%.
Per quanto riguarda l'economia, l’Australia continua a crescere in modo solido. La crescita economica dovrebbe però moderarsi nel prossimo anno a causa del rallentamento dell'economia globale, del rimbalzo della spesa per servizi e del rallentamento della crescita dei consumi delle famiglie a causa delle condizioni finanziarie più restrittive. La previsione della Banca centrale per la crescita del PIL è stata così leggermente rivista al ribasso, con una crescita prevista di circa il 3% quest'anno e dell'1,5% nel 2023 e nel 2024.
La Banca centrale australiana prevede di aumentare ulteriormente i tassi di interesse nel prossimo futuro. L'entità e la tempistica dei futuri rialzi dei tassi di interesse continueranno ad essere determinate dai dati in arrivo su inflazione e mercato del lavoro.
Le obbligazioni in dollari australiani non sono all'acquisto, mentre la Borsa di Sidney può entrare, a tiolo di diversificazione, nel portafoglio dinamico.