Per la prima volta, il presidente turco Erdogan non è sicuro di vincere ancora le elezioni. Il mandato che arriva a termine non è stato facile per l'economia turca e per i suoi cittadini, che hanno dovuto far fronte a un'inflazione alle stelle che, dopo aver superato l'85% in ottobre, è poi scesa gradualmente al 43,7% in aprile. In condizioni normali, l'inflazione a tali livelli è percepita come una minaccia per l'economia e spinge quindi la Banca centrale ad alzare i tassi ufficiali per frenare la domanda e sostenere la valuta il cui valore viene rapidamente eroso. Ma Erdogan ha le sue teorie economiche: è convinto che proprio gli alti tassi di interesse siano la causa dell'inflazione. Sfrutta, quindi, tutta la sua influenza per indurre la Banca centrale turca a non inasprire la sua politica monetaria o, addirittura, ad abbassare i tassi per sostenere l'attività economica. Nonostante l'inflazione si sia avvicinata in media al 60% negli ultimi sei mesi, i tassi ufficiali turchi sono stati quindi più volte rivisti al ribasso, passando dal 12% di fine estate all'8,5% di oggi. Non sorprende, quindi, che la valuta turca abbia perso più di un quarto del suo valore in un anno... e addirittura quasi il 90% in un decennio. Questo crollo distrugge il potere d'acquisto delle famiglie turche i cui salari e redditi di altro genere non tengono il passo con l'aumento dei prezzi. In Turchia regna quindi il malcontento, tanto più che la corruzione resta una piaga e la reazione delle autorità al terremoto che ha colpito il Paese a febbraio è stata inadeguata.
Rapporti delicati
Indubbiamente il crollo della lira turca è preoccupante, ma il fatto è che avrebbe dovuto essere ancora più pronunciata in condizioni normali visto che i rendimenti offerti - in gran parte insufficienti a compensare l'inflazione - difficilmente attirano gli investitori... ma con qualche eccezione. E lì entrano in gioco dai rapporti privilegiati che il Presidente Erdogan ha con alcuni leader mondiali. Il Qatar, ad esempio, è venuto più volte in soccorso del Paese, consentendogli di ricostituire le proprie riserve valutarie, più volte sprofondate per vani tentativi di sostenere la moneta. Poi ci sono i russi che, di fronte all'ostracismo dell'Occidente, portano fuori dalla Russia i loro capitali tramite la rotta turca sfruttando il fatto che la Turchia non impone loro sanzioni finanziarie. Per farlo, investono in questo Paese, principalmente nel settore immobiliare. E per una buona ragione: qualsiasi acquisto superiore a 400.000 Usd (circa 364.000 €) dà all'acquirente il diritto di ottenere la nazionalità turca. Un passaporto che offre una serie di indubbi vantaggi agli occhi dei clienti russi. Risultato, i loro acquisti di immobili residenziali in Turchia sono triplicati nel 2022. La Borsa di Istanbul è un altro modo in cui questi ricchi russi salvaguardano il proprio potere d'acquisto. E non sono affatto gli unici. Gli immobili e le azioni sono molto apprezzati dai turchi che possono permettersi di avere accesso al credito. Beneficiando di tassi di interesse ben al di sotto dell'inflazione, hanno, infatti, tutto l'interesse a prendere a prestito il massimo possibile, ben sapendo che il rimborso sarà effettuato in una valuta che probabilmente in futuro varrà molto meno di oggi. Gli investimenti, i consumi e l'economia nel suo complesso restano quindi a galla.
Nel loro insieme, tutti questi fenomeni spiegano non solo l'impennata dei prezzi nel settore immobiliare (+141,5% su un anno a febbraio secondo l'indice della Banca centrale turca) ma anche la corsa della Borsa turca, che nell'ultimo anno ha guadagnato il 36% (dividendi inclusi, in euro), una performance di prim'ordine, ma che potrà continuare solo se Erdogan riuscirà a escogitare anche in futuro dei nuovi giochi di prestigio.
Uno scenario complicato
I prossimi mesi si annunciano difficili per la Turchia. Una vittoria di Erdogan, rafforzando la sua presa sul Paese, renderà la Turchia ancora più dipendente dai suoi umori e dalle sue relazioni personali e la manterrà su un percorso insostenibile, che prima o poi sfocerà in una grave crisi.
Ma anche una vittoria dell'opposizione non sarebbe una panacea. Far uscire il Paese dalla particolarissima realtà in cui si trova non sarà affatto facile. L'opposizione è d'accordo su poche cose, eccetto sulla volontà di sconfiggere Erdogan e quella di rimettere in riga la Turchia, sia economicamente che finanziariamente e politicamente, con un riavvicinamento all'Europa, alla Nato e agli Stati Uniti. Tuttavia, una normalizzazione della politica finanziaria in questa fase comporterebbe inevitabilmente un forte aumento dei tassi ufficiali, che metterebbe fine ad una dinamica di crescita radicata nel credito a buon mercato. Le turbolenze sarebbero allora inevitabili, tanto che il Paese per stabilizzare il proprio sistema finanziario e monetario potrebbe dover ricorrere a capitali di provenienza incerta. Un'eventuale sconfitta elettorale di Erdogan porterebbe quindi a un periodo di alta volatilità. E non c'è dubbio che, se anche dovesse lasciare il potere, Erdogan resterebbe molto presente nella vita politica, mettendo sotto pressione i nuovi decisori e pronto a riprendere le redini del Paese al minimo passo falso di questi ultimi.
Che futuro?
Indubbiamente, grazie alla sua popolazione giovane e sempre più istruita, alla sua vicinanza ai mercati europei e al suo know-how in un certo numero di campi, la Turchia ha un potenziale invidiabile e potrebbe diventare in futuro un partner privilegiato dell'Europa.
Finora, però, tutto ciò non ha realmente contribuito a migliorare il tenore di vita della popolazione. La colpa è di un sistema di governo molto particolare, che favorisce chi è vicino al potere e che continuerà se queste elezioni non porteranno cambiamenti.
Certo un possibile allontanamento di Erdogan, con un ritorno agli ideali di Atatürk e un approccio più occidentale, potrebbe cambiare radicalmente la situazione. Ma non ci si deve fare illusioni: l'eredità di Erdogan sarebbe molto pesante da sopportare e il Paese avrebbe bisogno di molto sostegno per realizzare una transizione di successo. Indubbiamente a lungo termine l'Unione europea beneficerebbe di una vicinanza con la Turchia, ma non è detto che l’Europa saprebbe cogliere l’attimo se l'opposizione dovesse vincere. Per l'investitore, in questa fase è difficile prendere decisioni. Ma una cosa è certa: nei prossimi mesi la Turchia dovrà affrontare molte sfide e il loro esito non è affatto scontato. Stai quindi alla larga dalla Borsa di Istanbul e non investire nel Paese.