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In Usa e nella zona euro l’economia resiste e anche l’inflazione

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Data di pubblicazione 06 luglio 2023
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Negli Usa il tasso di disoccupazione è ritornato ai livelli degli anni '60, mentre nella zona euro è al livello il più basso dalla creazione della moneta unica.

La bassa disoccupazione ha sostenuto i consumi delle famiglie e di conseguenza l'inflazione è scesa meno del previsto; una situazione che costringe le Banche centrali a continuare con la stretta monetaria. Dal canto loro, gli investitori che speravano che i tassi ufficiali avessero già raggiunto i loro massimi, o almeno vi fossero molto vicini, hanno visto le loro speranze deluse: il Presidente della Fed (la Banca centrale americana) non perde occasione per ribadire che i tassi ufficiali saranno ancora aumentati.

Certo in pochi mesi l’inflazione è scesa dal 9,1% al 4% negli Usa e dal 10,6% al 5,5% nell'eurozona, ma resta al di sopra dell'obiettivo del 2% annuo.

A spiegare l’allentarsi delle tensioni inflazionistiche è soprattutto il calo dei prezzi dell'energia. Escludendo l'energia e altri prezzi sempre molto ballerini come quelli alimentari, l'inflazione non si ste riducendo in fretta, e è proprio questo che preoccupa le Banche centrali.

Evitare ogni rialzo di troppo

Oggi le banche centrali navigano a vista o, per usare la metafora automobilistica del Presidente della Fed, hanno lasciato l'autostrada dove la velocità della guida era costante per prendere una stradina dove bisogna essere pronti ad adattare la propria guida in qualsiasi momento. Ma l'auto dei banchieri centrali ha una destinazione finale, ossia il tasso di interesse da raggiungere, sconosciuta, mentre la “strada”, situazione economica, può peggiorare all’improvviso. Infatti, il livello massimo che i tassi ufficiali raggiungeranno dipenderà dall'andamento dell'inflazione. Alimentata inizialmente dall’aumento dei prezzi delle materie prime, in particolare dell'energia, domani l’inflazione potrebbe impennarsi a causa della crescita dei salari. Con la piena occupazione, in effetti, i lavoratori sono in una posizione di forza per richiedere aumenti salariali. Ma se le aziende trasferissero questi aumenti sui loro prezzi di vendita, secondo la BCE, potrebbe innescarsi una pericolosa spirale prezzi-salari. Una situazione che costringerebbe le Banche centrali a ulteriori aumenti del costo del denaro, che finirebbero per aumentare il rischio di recessione, anche se finora l'attività economica ha retto bene.

Una trasmissione più lenta, ma più drastica?

L'aumento dei tassi ufficiali frena l'inflazione perché, facendo salire il costo del credito, fa rallentare la domanda di beni e servizi. Tuttavia, ci vuole del tempo prima che le decisioni dei Banche centrali abbiano ripercussioni sull’economia. Oggi questo periodo di trasmissione è più lungo che in passato. Negli ultimi anni gli operatori economici, in particolare le famiglie, hanno approfittato dei tassi di interesse bassi per indebitarsi a tasso fisso. Sebbene i rialzi dei tassi abbiano già colpito i nuovi prestiti e quelli già esistenti a tasso variabile, l'inasprimento monetario interesserà i debiti a tasso fisso solo alla scadenza. Lo shock sarà piuttosto forte per le famiglie quando i vecchi tassi di interesse si adegueranno dall'oggi al domani all'aumento dei tassi. Tutti i banchieri centrali concordano sul fatto che , anche se un atterraggio morbido dell’economia è ancora possibile, il forte aumento dei tassi ufficiali può rischiare di farla deragliare.

Economie e mercati sul filo del rasoio

La situazione nei prossimi mesi è molto incerta su entrambe le sponde dell'Atlantico. Avendo già effettuato un aggiustamento monetario d’una ampiezza che non si vedeva dagli anni '80, ogni ulteriore aumento dei tassi rischia di appesantire troppo il peso del debito degli agenti economici o di spaventare gli investitori e causare una crisi finanziaria.

In ogni caso, anche senza arrivare a una crisi finanziaria, gli aumenti dei tassi fatti finora hanno aumentato il costo del denaro, e potremmo avere un'economia fiacca nella seconda metà dell'anno; questo peserebbe in particolare sull'Eurozona, dove l'economia è già indebolita e, per di più, l'inflazione resta elevata. Ecco perché in tutte le nostre strategie di portafoglio ti sconsigliamo di investire nelle azioni della zona euro. Certo anche l'economia americana rischia di subire una brusca battuta d'arresto nella seconda metà dell’anno, ma ha basi più solide per superare la congiuntura difficile, con il dollaro che resta un bene rifugio. Le obbligazioni in dollari e le azioni statunitensi sono, quindi, essenziali in un portafoglio ben diversificato, indipendentemente dal tuo profilo di rischio. Per conoscere quanto investirci consulta le nostre strategie di investimento.