Le vicende ucraine e le loro ripercussioni sull’economia europea avevano creato grande attesa per la riunione della Banca centrale europea. Il mercato era interessato a scoprire quale strada avrebbero deciso di intraprendere a Francoforte di fronte al bivio tra tenere sotto controllo l’inflazione, evitando una deriva pericolosa ma rischiando di nuocere all’economia, oppure sostenere ulteriormente quest’ultima, a costo di lasciare correre ulteriormente i prezzi. Di fatto, entrambe le scelte hanno un rovescio della medaglia. Controllare l’inflazione significa dare meno supporto all’economia, con il conseguente costo rappresentato da una crescita inferiore. Sostenere l’economia, invece, avrebbe come costo un’inflazione molto elevata e duratura, che peserebbe sul potere d’acquisto delle famiglie – e quindi anche sui consumi e conseguentemente sul Pil. Alla fine, la Bce ha scelto di guardare maggiormente alla stabilità dei prezzi, tenendo conto che al momento l’attività economica beneficia ancora di una ripresa determinata dalle progressive riduzioni delle restrizioni legate al controllo dei contagi. Non ha, però, inasprito i toni o lasciato per ora prevedere una stretta più veloce di quella annunciata nei mesi scorsi.
Nel dettaglio, la Bce ha confermato la volontà di concludere i suoi acquisti di titoli durante il terzo trimestre di quest’anno. L’inflazione è, in effetti, aumentata in misura significativa e rimarrà elevata nei prossimi mesi, soprattutto a causa del forte incremento dei costi dell’energia. Le pressioni inflazionistiche si sono, così, intensificate in molti settori e dunque la Bce ha confermato la sua decisione, già annunciata nelle passate riunioni, secondo cui è tempo di ridurre gli stimoli economici.
Per quanto riguarda i tassi, la Bce conferma che li alzerà “qualche tempo dopo la conclusione degli acquisti di titoli”. Per cui, tenendo conto di questa indicazione, almeno un aumento del costo del denaro potrebbe arrivare già in questo 2022. E dopo? Nel 2023 i tassi potranno essere almeno tre: molto dipende da quanti saranno i ritocchi in questo 2022, ma in generale è possibile ipotizzare un costo del denaro all’1,25% a fine 2023 – oggi è allo 0%, quindi in totale gli aumenti potranno essere anche 5 in poco più di un anno e mezzo. Una volta alzati i tassi, poi, la Bce continuerà a reinvestire i titoli che andranno in scadenza per un periodo di tempo indeterminato.Quanto ai titoli acquistati nel piano contro la pandemia, invece, il reinvestimento andrà avanti fino almeno alla fine del 2024.
Per quanto riguarda i bond della zona euro, la loro presenza e il loro peso sono dunque confermati, così come i prodotti da acquistare, che rimangono Xtrackers II iBoxx Eurzn Gv Bd YP 1-3 e Amundi high yield liquid per i bond ad alto rendimento.
L’attuale tendenza ad alzare i tassi d’interesse colpisce tutti e adesso si inizia ad aumentare non più del “classico” 0,25%, ma dello 0,5%. In Canada, infatti, la Banca centrale ha alzato i tassi dallo 0,5% all’1% e non è la sola. La Banca centrale della Nuova Zelanda ha alzato anch’essa i tassi d’interesse dello 0,5% (ora il costo del denaro è all’1,5%). Si tratta delle prime due Banche centrali, tra le grandi economie, ad alzare di uno 0,5% il costo del denaro. Presto potrebbero essere seguite dalla Fed. Il dollaro neozelandese e quello canadese non sono da acquistare. La Borsa canadese, invece, è presente nei portafogli equilibrato e dinamico.
INFLAZIONE PROBLEMA PER TUTTI
L’inflazione tiene banco dappertutto. Negli Usa a marzo ha raggiunto l’8,5%, ai massimi da 40 anni, e ora si dibatte se il carovita statunitense abbia raggiunto o meno il suo picco. Anche se fosse, il problema vero è che il declino dell’inflazione sarà estremamente lento. Con la guerra in Ucraina, le tensioni sui prezzi di energia, cibo e materie prime sono destinate a durare. Inoltre, con la nuova ondata di contagi e le conseguenti chiusure su larga scala in Cina, i problemi di approvvigionamento non saranno risolti quest’anno come precedentemente previsto. Infine, il ritorno della piena occupazione nel mercato del lavoro Usa e l’aumento dei salari stanno ancora stimolando la domanda da parte delle famiglie statunitensi, nonostante l’impennata dei prezzi. Le aziende hanno, quindi, la possibilità di trasferire ai propri clienti l’aumento dei costi di produzione, impattando così sui prezzi al consumo. Tutti motivi che rendono scontato l’aumento dei tassi nella riunione di maggio, il rialzo sarà dello 0,5%, e l’avvio della riduzione del bilancio della Fed – vedi n° 1458. L’inasprimento della politica monetaria finirà per indebolire l’attività economica negli Stati Uniti, ma tra una minore crescita oggi e una grave crisi domani con un’inflazione incontrollabile, la Fed ha scelto, correttamente, la prima opzione.
Siccome i dati di questa settimana confermano ulteriormente le prospettive sulle future mosse della Fed, ribadiamo i consigli sull’obbligazionario Usa: punta sui titoli di Stato Usa con scadenze brevi, con l’Etf iShares $ treasury 1-3y acc B, o sui bond ad alto rendimento, con un prodotto tra AXA WF US Dynamic HY bonds A e iShares $ High Yield Corp Bond.
I problemi cinesi con il coronavirus hanno ovviamente un effetto anche sui prezzi del colosso asiatico. A marzo l’inflazione è salita all’1,5%, dopo che per due mesi il carovita era rimasto stabile allo 0,9%. A pesare sono stati ovviamente i prezzi di alimentari ed energia, ma le chiusure e le restrizioni in atto potranno generare ulteriori pressioni sui prezzi, perché si genereranno ritardi nella produzione, negli approvvigionamenti…
Al momento l’inflazione di base, calcolata cioè escludendo i prezzi più volatili di cibo ed energia, rimane contenuta, per cui la Banca cinese dovrebbe ancora avere spazio per una politica monetaria espansiva per sostenere l’economia cinese colpita ancora dal virus. I bond in yuan rimangono all’acquisto, ma per un 5% e solo nel portafoglio difensivo, con l’Etf iShares China CNY Bond ucits.
L’inflazione continua a salire anche in Svezia e Norvegia. Per quanto riguarda quest’ultima, a marzo è salita al 4,5% dal 3,7%, ma l’accelerazione è stata minore delle attese (+5%). La Banca centrale norvegese ha iniziato il suo percorso di rialzo dei tassi dei mesi scorsi e ha anche già annunciato la possibilità di un altro rialzo nella prossima riunione.
Un carovita in accelerazione si è riscontrato anche in Svezia (+6% rispetto al +4,3% precedente) e il dato è stato anche superiore alle attese (+5,6%). Aumentano, così, sempre di più le pressioni sulla Banca centrale svedese per rivedere i suoi piani in fatto di politica monetaria – al momento non prevede rialzi nei tassi (vedi n° 1458). La corona norvegese e quella svedese rimangono, per un 5%, nei portafogli difensivo e equilibrato e i prodotti da scegliere sono, rispettivamente, Nordea 1 norwegian bond BP e Nordea 1 swedish short term bond.
La Banca centrale della Corea del Sud ha invece deciso di alzare i tassi del consueto 0,25%, portandoli all’1,5%. I bond in won coreani non sono da acquistare, mentre le azioni sono presenti nei portafogli equilibrato e dinamico.