Questa settimana sarà teatro delle riunioni di alcune delle più importanti Banche centrali mondiali. Sarà l'ultimo appuntamento per questo 2022 che è stato caratterizzato dal rialzo dei tassi da parte di tutte le istituzioni monetarie mondiali, con l'eccezione del Giappone. Le attese per queste ultime riunioni dell'anno sono, ancora una volta, per degli ulteriori rialzi del costo del denaro.
La Fed alzerà i tassi di uno 0,5%. Questa è l'eventualità più probabile secondo i mercati, che si aspettano la fine dell’era degli aumenti da 0,75% - i cosiddetti “rialzi-jumbo” come sono stati soprannominati dal mercato per sottolineare l'entità rilevante di questa mossa. I tassi, quindi, arriveranno negli Stati Uniti ad essere compresi tra il 4,25% e il 4,5%. Cosa aspettarsi dopo questa mossa di dicembre? Guardando alla traiettoria stimata dal mercato, possiamo dire che entro marzo i tassi saranno sicuramente al 5%, quindi significa che nei primi tre mesi del 2023, che corrispondono a due riunioni della Banca centrale Usa, avremo un ulteriore rialzo dei tassi per un totale dello 0,5%, risultato di due aumenti da 0,25% nelle riunioni di febbraio e marzo. Successivamente, secondo i mercati le strette dovrebbero essere pressoché finite. Entro l'estate c'è, infatti, solo un 50% di possibilità che la Fed porti i tassi al 5,25%, cioè che opti per un terzo rialzo dello 0,25% nel 2023. Da lì in poi non ci sono più previsioni di rialzi, anzi la probabilità rimane a favore per un costo del denaro fisso al 5%. Significa che i mercati si attendono sicuramente dei rialzi nelle prime due riunioni del 2023 e poi una terza mossa da parte della Fed dipenderà molto da come evolverà l'inflazione nella prima metà dell'anno: se questa non crescerà più, non ci saranno più aumenti. Se invece il carovita dovesse ancora aumentare, i mercati stimano al massimo un terzo rialzo dei tassi, che però sarà l'ultimo. In sintesi, si può dire che le attese sono per tassi tra il 5% e il 5,25%.
ALTRE BANCHE CHE SI RIUNIRANNO QUESTA SETTIMANA
Banca centrale messicana: tassi in rialzo dal 10% al 10,5%
Banca centrale inglese: tassi in rialzo da 3% a 3,5%.
Banca centrale svizzera: tassi in rialzo da 0,5% a 1%.
In tutti e tre i casi, a differenza della Borsa, i bond di questi Paesi non sono da acquistare.
ALTRE BANCHE CHE SI SONO GIÀ RIUNITE
Banca centrale australiana: tassi alzati da 2,85% a 3,1%.
Banca centrale canadese: tassi alzati da 3,75% a 4,25%.
In entrambi i casi le decisioni sono state in linea con le attese. A differenza delle loro Borse, i bond di questi Paesi non sono da acquistare.
Sul fronte dei prodotti, rimangono consigliati, per i titoli di Stato Usa, l’Etf iShares $ treasury 1-3y acc B (-0,4%) e, per i titoli ad alto rendimento, un prodotto a scelta tra AXA WF US Dynamic HY bonds A (-0,8%) oppure iShares $ High Yield Corp Bond (-0,6%).
BCE: +0,5% atteso
Un'altra Banca centrale che si riunirà questa settimana è quella europea. Le aspettative, anche in questo caso, sono per un ulteriore rialzo dello 0,5%, portando quindi il costo del denaro di eurolandia al 2,5%. Successivamente i tassi dovrebbero conoscere un andamento nei primi mesi del 2023 simile a quello della Fed: quindi altri due rialzi dello 0,25% per poi fermarsi; questa, almeno, è la dinamica ad oggi attesa dal mercato, che però potrà essere rivista in base a come andrà l'inflazione, perché molto, se non tutto, dipenderà dal carovita. I primi segnali di un rallentamento dell'inflazione in Europa ci sono, ma si tratta di dati ancora isolati: non c'è una chiara e definita tendenza e quindi c’è bisogno di più rilevazioni che possano confermare che l'inflazione sta veramente rallentando. Se la dinamica inflattiva dovesse essere quella attesa dalla Bce e quindi dovesse proseguire questo rallentamento già evidenziato, allora è probabile che i tassi si fermino al 3%. Anche in questo caso confermiamo il posizionamento sull’Etf Xtrackers II iBoxx Eurzn Gv Bd YP 1-3 (invariato) o sul portafoglio di titoli di Stato.
Nell’area euro il Pil del terzo trimestre è stato rivisto al rialzo: ora la crescita è del 2,3% annuo, contro il 2,1% della stima preliminare. Si tratta, comunque, di un dato in rallentamento, e non di poco, rispetto a quello del secondo trimestre (+4,2%). Inoltre, bisogna prestare attenzione al fatto che si tratta di dati relativi al trimestre chiuso a settembre. I dati che arrivano da ottobre e novembre, invece, cioè relativi al quarto trimestre, mostrano segnali di rallentamento: l’attività di servizi e manifattura è in contrazione e le vendite al dettaglio di ottobre, indicatore dei consumi, sono in calo del 2,7% rispetto a un anno prima.
BANCA CENTRALE NORVGESE: +0,25% ATTESO
Inflazione in rallentamento si segnala in Norvegia, dove il carovita si è attestato a novembre al 6,5%, in forte calo dal +7,5% di novembre (attese a +7%). Anche l’inflazione di fondo mostra segnali di rallentamento, visto che a novembre è scesa al 5,7% dal 5,9% di ottobre, quando le attese erano per un rialzo al 6%. Si tratta, comunque, di un dato ancora isolato, troppo poco per dire che in Norvegia il calo dell’inflazione è iniziato. Per questo, la Banca centrale questa settimana terrà fede a quanto detto nella precedente riunione e alzerà i tassi dello 0,25% - portandoli al 2,75%. Corona norvegese confermata in acquisto con Nordea 1 norwegian bond BP (-0,7%).
BRASILE: ANCORA FERMI I TASSI
La Banca centrale di un Paese di cui consigliamo la valuta si è invece già riunita: si tratta di quella brasiliana. I tassi sono stati lasciati al 13,75%, come da attese, ed è la quarta volta consecutiva che l’Istituto centrale brasiliano non ritocca più al rialzo i tassi di interesse. Va però detto che la Banca centrale brasiliana è stata la prima a muoversi rispetto alle altre nel rialzo dei tassi e li ha portati a un livello decisamente elevato che lei stessa ha confermato essere necessario per continuare a mantenere sotto controllo l'inflazione, che rimane alta (+5,9% a novembre). Secondo la Banca centrale, infatti, il livello attuale del carovita e le aspettative su di esso, che parlano di 6% medio per il 2022, di un +5% nel 2023 e di un ritorno al 3% solo nel 2024, giustificano il mantenimento di un tasso di interesse elevato. Non c'è bisogno di alzarlo ulteriormente, ma non è neanche il tempo di tagliarlo. I bond in real rimangono in portafoglio con HSBC GIF Brazil Bond AC USD (-0,2%).
GIAPPONE: RALLENTA l’ECONOMIA
Anche la Banca centrale giapponese sarà impegnata nell'ultima riunione dell'anno, seppur non questa settimana ma la prossima. Non ci sarà nessuna sorpresa: l'Istituto di Tokyo confermerà quanto fatto in questo 2022, non alzando i tassi di interesse. Nel frattempo, però, arrivano i dati dall'economia e il Giappone si presenta con un Pil nel terzo trimestre che su base annua è in calo dello 0,8%. Seppur inferiore rispetto alla contrazione mostrata nella stima preliminare (-1,2%), il dato del terzo trimestre conferma il rallentamento dell'economia giapponese (nel secondo trimestre la crescita era stata addirittura del 3,5%). Pesano, inevitabilmente, i prezzi: i consumi delle famiglie sono rallentati rispetto a un anno fa a +1,2% contro il +2,3% del mese precedente. Come detto, nonostante ciò, la Banca centrale giapponese non interverrà alzando i tassi. Confermiamo il consiglio di acquisto su Ubs Japan Treasury 1-3y (-1,3%).
Le esportazioni cinesi sono andate profondamente in rosso a novembre (-8,7%) e questo forte calo delle vendite all'estero può essere spiegato da diversi fattori. A livello domestico, il Covid e le drastiche regole attuate per contenere l'epidemia hanno sconvolto la produzione e le spedizioni. A livello internazionale, l'impennata dei prezzi e la contrazione monetaria stanno mettendo a dura prova la domanda. Anche le importazioni hanno mostrato un crollo a novembre (-10,6%) rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Come per le esportazioni, ciò è in parte dovuto alle restrizioni legate al Covid e alla debolezza della domanda interna. Questo si riflette anche sull’inflazione, che a novembre è scesa all’1,6% dal 2,1% di ottobre. Nel complesso, gli ultimi dati cinesi confermano le difficoltà economiche. La crescita del Pil si aggirerà intorno al 4% quest'anno e sarà ancora più debole nel 2023 con la crisi globale incombente. Le obbligazioni in yuan sono ancora una piccola diversificazione interessante in un portafoglio difensivo, con l’Etf iShares China CNY Bond (+0,5%).