La settimana delle obbligazioni: le Banche centrali non si scompongono

Il punto sulle obbligazioni
Il punto sulle obbligazioni
Dopo le vicissitudini bancarie delle scorse settimane, si guardava alla Fed e alle sue decisioni sui tassi. Come previsto, vedi n° 1503, la Banca centrale Usa ha alzato i tassi dello 0,25%, portandoli tra il 4,75% e il 5%, il livello più alto dal 2007. Non poteva mancare un commento sullo stato di salute delle banche americane, ma per la Fed il sistema bancario statunitense è forte e resiliente e può sopportare un ulteriore aumento dei tassi di interesse. La priorità, dunque, è sempre quella di contenere l’inflazione, che si sta allentando solo molto lentamente e rimane alta.
E per quanto riguarda il futuro dei tassi? Il livello medio atteso per fine anno dalla stessa Fed è del 5,1%: sono, infatti, 10 su 18 i membri che decidono sui tassi che prevedono un costo del denaro al 5,25% - gli altri 8 prevedono un 5%. C’è, quindi, ancora una possibilità per un altro rialzo in questo 2023. Nel 2024, se l'inflazione scenderà come previsto, la Federal Reserve inizierà a tagliare i tassi, visto che il livello medio atteso è del 4,3% (potenzialmente si tratterebbe di tre tagli). Data, però, l’incertezza in cui ci si muove, sono poco più che semplici riflessioni. Per questo, al momento confermiamo gli investimenti negli Usa.
ANCHE LA NORVEGIA ALZA
La Norges Bank, la Banca centrale norvegese, tiene fede alle sue promesse e come da attese ha alzato i tassi dal 2,75% al 3%. È, infatti, necessario un altro rialzo dei tassi per frenare l'inflazione, che viaggia nettamente al di sopra dell’obiettivo del 2%. Inoltre, la crescita dell'economia norvegese rimane forte, seppur con tassi in rallentamento, e altrettanto in salute è il mercato del lavoro, con la crescita dei salari in aumento. Tutte cose che mantengono alta l’inflazione e che, quindi, costringono ad alzare i tassi, tanto che la Banca centrale norvegese ha rivisto le sue attese sul costo del denaro al rialzo: entro l’estate si attende tassi al 3,5%. La corona norvegese può, così, rimanere in portafoglio.
CHI INVECE STA FERMO: IL BRASILE…
I problemi con le banche negli Usa e in Europa sono stati oggetto di discussione anche per la Banca centrale brasiliana, secondo la quale le vicissitudini bancarie a stelle e strisce e di eurolandia hanno aumentato l'incertezza, già di per sé elevata, sul mercato. Questo potrebbe generare un rallentamento maggiore del previsto per quanto riguarda l’economia mondiale, pesando anche su quella brasiliana – e in un’economia che va meno veloce anche l’inflazione potrebbe farlo. Tuttavia, se ci sono degli eventi che potrebbero far rallentare di più il carovita brasiliano, al momento la Banca centrale brasiliana non vede motivi per allentare la sua politica monetaria, prevedendo un’inflazione al 5,8% per il 2023 e al 3,6% per il 2024. Per questo, i tassi sono stati confermati al 13,75%, come avviene da diverse riunioni e come da attese: non è ancora il momento di tagliare il costo del denaro. Per il futuro, la Banca centrale brasiliana segue un po’, a livello di comunicazione, quanto detto dalla Bce: le mosse future saranno dettate dai dati che verranno fuori di volta in volta.
BCE INTRANSIGENTE
Il messaggio trasmesso dalla Bce la scorsa settimana è molto chiaro: l’obiettivo è quello di raggiungere la stabilità dei prezzi e sarà intransigente nel riportarla al 2% nel medio termine. Per cui, la lotta all’inflazione è un obiettivo primario e che non sarà mai messo da parte. È stato, poi, spiegato che questo non significa che per forza i tassi saranno ancora alzati, così come non significa che i rialzi sono finiti. A priori, niente può essere detto con certezza. L’unica certezza è che l’inflazione deve essere riportata al 2% e per il momento le indicazioni sono che, se le previsioni sui prezzi comunicate durante l’ultima riunione dovessero essere confermate, allora significa che c’è ancora molta strada da fare per assicurare che le pressioni inflazionistiche siano sotto controllo. Insomma, altri rialzi saranno necessari.
…E POI LA CINA CHISSÀ…
Infine, la Banca centrale cinese ha anch’essa mantenuto invariati i tassi di riferimento per la sua politica monetaria. Il tasso a 1 anno è stato, infatti, confermato al 3,65%, mentre quello a cinque anni è stato mantenuto al 4,30%. Per entrambi i tassi si tratta del livello più basso degli ultimi vent’anni. Contrariamente a quanto si prevede per altre Banche centrali, per quella cinese c’è chi avanza la possibilità di un ulteriore taglio dei tassi in questo 2023, visto che in Cina l’inflazione non è un problema e che potrebbero essere necessari stimoli se l’economia dovesse rallentare.
Bond ad alto rendimento euro: Xtrackers II eur High Yield Corporate Bond 1D (+1,1%)
Titoli di Stato euro: Xtrackers II iBoxx Eurzn Gv Bd YP 1-3 (+0,3%)
Bond ad alto rendimento Usa: iShares $ High Yield Corp (-0,8%)
AXA WF US Dyn HY bonds A (-0,9%)
Titoli di Stato Usa: iShares $ treasury 1-3y acc B (-0,3%)
Bond in corone norvegesi: Nordea 1 sw. st bond (+0,3%)
Bond in real brasiliani: HSBC GIF Bra. Bo. AC USD (-0,1%)
Bond in corone norvegesi: Nordea 1 norw. bond BP (+0,3%)
Bond in yen giapponesi: Ubs Japan Treasury 1-3y (+0,5%)
Bond in yuan cinesi: iShares China CNY Bond (-0,6%)
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