La settimana delle obbligazioni: il mondo si divide sui tassi
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La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
CHI ALZERÀ
La Banca centrale europea alzerà i tassi nella riunione che si terrà tra due settimane. Lo ha ampiamente anticipato e annunciato, ribadendo più e più volte che il lavoro non è finito e che serve andare avanti con l’aumento del costo del denaro. L’inflazione di fondo continua a rimanere alta e a non mostrare segni di vero cedimento e così il fronte interno alla Bce di chi vuole alzare ancora i tassi è predominante. Stando al mercato, però, l’aumento di luglio non sarà l’ultimo: c’è ancora spazio dopo l’estate per un altro rialzo del costo del denaro.
Sulla stessa lunghezza d’onda è la Banca centrale Usa. La Fed continua a ribadire che quella di giugno è stata solo una pausa e che i tassi necessitano ancora di essere aumentati. I membri della Fed vedono due rialzi da qui a fine anno e i mercati sembrano essersi tutto sommato allineati con le loro attese a questo scenario, dopo che per molti mesi, pur con una Banca centrale che andava ripetendo che non ci sarebbero assolutamente stati tagli nel costo del denaro in questo 2023, continuavano a prevedere un’inversione nella politica monetaria.
Un quarto mese di inflazione superiore alle previsioni ha lasciato i mercati convinti che la stretta monetaria più aggressiva degli ultimi tre decenni debba ancora continuare nel Regno Unito. La Banca centrale inglese non fa mistero di voler continuare ad inasprire la sua politica monetaria nella restante parte dell’anno; ci sono molte possibilità che la Bank of England sia la Banca centrale che più di tutte alzerà i tassi nei prossimi mesi.
Anche in Svezia la Banca centrale continuerà ad alzare i tassi. La situazione svedese è la seguente: inflazione poco sotto il 10%, inflazione di fondo superiore al 6%, con un obiettivo al 2%, e corona svedese ai minimi storici da quando esiste l’euro, il che comporta ulteriori pressioni inflazionistiche perché rende sempre più care le merci importate.
I dati che arrivano dalla Norvegia parlano di un’economia che non mostra problemi, addirittura si può dire in salute. Le famiglie e le aziende rimangono relativamente resilienti ai costi più elevati poiché la disoccupazione rimane vicina ai minimi di lungo periodo, i prezzi delle case vicino a nuovi picchi e l'attività economica migliora. Questa però non è una buona notizia per l’inflazione, perché sono tutti fattori che creano pressioni al rialzo sui prezzi. In più, anche la corona norvegese si è fortemente indebolita ed è vicina ai minimi storici. Con questa situazione, i tassi saranno ancora alzati.
La Banca centrale svizzera ha rallentato il ritmo dei suoi rialzi nei tassi d’interesse, nell’ultima riunione l’incremento è stato solo dello 0,25%, ma questo non è preludio alla fine del ciclo di rialzi. Il governatore dell’Istituto svizzero ha, infatti, detto che un’altra mossa sui tassi è molto probabile.
In Canada la Banca centrale è tornata ad alzare i tassi d’interesse a giugno a causa di una spesa delle famiglie più forte del previsto. Inoltre, la crescita economica rimane robusta e la disoccupazione rimane a livelli storicamente bassi. Sono tutti fattori che rappresentano pressioni sui prezzi e per questo la Banca centrale canadese è tra quelle che in questa seconda parte dell’anno alzerà ancora i tassi.
La Banca centrala australiana la scorsa settimana si è presa una pausa, lasciando i tassi invariati al 4,1%, quando il mercato si attendeva un ritocco al 4,35%. Un po’ come avvenuto con la Fed a giugno, si tratta di una pausa temporanea per avere il tempo di valutare i nuovi dati sul carovita. Con tutta probabilità, visto il mercato del lavoro molto forte, i tassi saranno alzati ulteriormente.
RIASSUMENDO GLI INVESTIMENTI
I bond inglesi, svizzeri, australiani, coreani, indonesiani, messicani e canadesi non sono da acquistare – a differenza delle Borse. Sono invece confermati i bond in corone svedesi e norvegesi, in yen giapponesi, in yuan cinesi, in real brasiliani e ovviamente in euro e in dollari Usa.
CHI RIMARRÀ FERMO
Per quanto riguarda la Banca centrale giapponese, le attese sono per tassi fermi a -0,1% per tutto il 2023: il nuovo governatore sembra, infatti, non voler mettere mano al costo del denaro. Tuttavia, i tassi d’interesse giapponesi non sono l’argomento di cui dibatte il mercato: quello di cui si discute da mesi è se la Banca centrale nipponica manterrà il controllo sui rendimenti dei titoli di Stato. Su questo il mercato sembra convinto che già nella riunione di luglio il controllo sarà rimosso.
Anche la Banca centrale della Corea del Sud dovrebbe lasciare i tassi fermi per tutto il 2023. Il motivo è presto detto: l’inflazione di fondo continua ad essere elevata – è al 3,5% contro il 2% obiettivo – e gli ultimi dati hanno mostrato un mercato del lavoro ancora forte. Tutti motivi per non tagliare il costo del denaro, anche se l’economia sta frenando a causa del calo delle esportazioni di beni tecnologici e del rallentamento cinese, uno dei maggiori partner commerciali della Corea.
CHI POTREBBE TAGLIARE
La Banca centrale del Messico ha lasciato i tassi fermi all’11,25% a giugno, dichiarando che manterrà il costo del denaro su questi livelli elevati – sono i più alti dal 2001 – per qualche altro mese per poi iniziare a ridurli una volta che l’inflazione sarà rientrata stabilmente nei valori coerenti con gli obiettivi. La decisione di giugno segnala che il ciclo di rialzi è terminato e il mercato si aspetta che nel quarto trimestre dell’anno possa arrivare un taglio.
L’Indonesia si trova in un contesto in cui l’inflazione va rallentando e con un’economia in ripresa. È una situazione che in molti vorrebbero, ma che per l’Indonesia non segna ancora il momento di allentare la politica monetaria. Uno dei maggiori obiettivi in questi mesi della Banca centrale è stato quello di stabilizzare la rupia nei confronti del dollaro e con una Fed che alzerà i tassi, una riduzione del costo del denaro ora rappresenterebbe una minaccia per la valuta asiatica. Per cui, i tassi rimarranno fermi nel terzo trimestre all’attuale livello del 5,75%. Un taglio al costo del denaro è possibile nell’ultima parte dell’anno.
Chi si appresta a tagliare i tassi già nel terzo trimestre è la Banca centrale brasiliana, dopo il cambio di linguaggio operato nell’ultima riunione di giugno e dopo che i tassi, portati al 13,75%, sono rimasti su quel livello per un prolungato periodo di tempo. La riduzione nel costo del denaro non dovrebbe, però, arrivare nella riunione di agosto, ma in quella di settembre.
Dopo aver messo mano ai propri tassi a giugno, la Banca centrale cinese dovrebbe, nel corso dell’anno, effettuare ancora un’altra riduzione, seppur di lieve entità, ai suoi tassi. L’economia cinese rallenta, ma al momento le autorità cinesi stanno monitorando la situazione e pacchetti di stimoli in aiuto dell’economia potranno arrivare nella restante parte dell’anno.
COME SONO ANDATI I PRODOTTI
Ubs Japan Treasury 1-3y (+1,3%).
Nordea 1 norwegian bond BP (-0,3%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (+0,6%).
iShares $ treasury 1-3y acc B (-0,3%); iShares $ High Yield Corp Bond (-0,9%).
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (-0,7%).
Nordea 1 swedish short term bond (-0,8%) o Wisdomtree Long Sek Short Eur (-0,7%).
Xtrackers II iBoxx Eurzone Gov. Bond YP 1-3 (invariato); Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (-0,7%).
iShares China CNY Bond (+1,3%).
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