La settimana delle obbligazioni: i rialzi dei tassi stanno per finire?

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
La Bce ha deciso di alzare ancora i tassi, è la decima volta consecutiva, e di portare così il costo del denaro al 4,5% dal 4,25%. La possibilità di un altro rialzo in questo 2023 c’era – vedi per esempio n° 1424 – e a Francoforte hanno voluto continuare ad agire senza prendersi alcuna pausa. Il motivo è semplice: le stime sull’inflazione sono state riviste al rialzo per il 2023 e per il 2024, mentre sono state riviste leggermente al ribasso quelle del 2025. Se l’aumento della scorsa settimana era possibile, seppur non dato come certo, quel che poi risultava veramente rilevante erano le indicazioni per il futuro. Sul punto la Bce ha detto che ritiene che i tassi abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo. Questa frase lascia spazio a una possibile interpretazione: quello della scorsa settimana potrebbe essere l’ultimo rialzo. Ovviamente la Bce non ha voluto legarsi le mani promettendo che non ci saranno più rialzi, dicendo che il suo approccio è legato ai dati –d’altronde ci si muove in un contesto di elevata incertezza. Se – ed è, come si dice in questi casi, un grande “se” - il calo dell’inflazione continuerà senza intoppi, i rialzi potranno essere conclusi.
LE ALTRE BANCHE CENTRALI AL LAVORO
Archiviata la Bce, questa settimana vedrà impegnate altre Banche centrali dei Paesi di cui ti consigliamo i bond. Se fino a qualche mese fa c’era una e una sola decisione per tutti gli Istituti di politica monetaria, cioè alzare i tassi, ora il panorama è variegato. C’è infatti da aspettarsi tagli, rialzi e anche un nulla di fatto.
Partiamo dalla più importante, la Fed. I dati sull’inflazione di agosto mettono la Banca centrale Usa nella posizione di aspettare e vedere come procederà il carovita negli Usa. Questa settimana, dunque, la Fed lascerà i tassi fermi (tra il 5,25% e il 5,5%). I dati di agosto sull’inflazione, però, non permettono ancora di affermare definitivamente che il ciclo di rialzi sia finito: un ultimo ritocco, di uno 0,25%, è ancora possibile nel 2023, nella riunione di novembre o in quella di dicembre. Perché? Sebbene più della metà del rialzo dell’inflazione mensile di agosto (+0,6%) sia dovuta ai prezzi della benzina, l’inflazione di fondo è aumentata dello 0,3% anziché dello 0,2% atteso. Sembra un elemento poco significativo, in realtà è una spia che non può essere ignorata. Infatti, prezzi più alti del cibo e dell'energia possono nel tempo influenzare anche l’indice generale dei prezzi. Ovviamente, un dato mensile isolato ha poco significato: c’è bisogno di una serie di dati per poter trarre delle conclusioni. Rimane il fatto che il rialzo dello 0,6% mensile dell’indice generale dei prezzi è il più alto da giugno 2022 e il +0,3% dell’inflazione di fondo è il più ampio degli ultimi sei mesi. Per questo, la Fed rimane vigile e lascia la porta aperta a un altro rialzo.
I dati di agosto mostrano un’inflazione in calo oltre le attese per la Norvegia. I prezzi sono saliti del 4,8% in un anno, mostrando così un netto rallentamento dal 5,4% di luglio (attese a +5,3%). Anche l’inflazione di fondo ha rallentato, attestandosi al 6,3%, dal 6,4% di luglio, mentre le attese erano per un incremento al 6,6%. Questi dati aumentano le voci secondo cui la Norges Bank, la Banca centrale norvegese, dopo il rialzo già preannunciato nella riunione di questa settimana, potrebbe mettere fine al rialzo dei tassi. Più che il rialzo dei tassi al 4,25%, dunque, l’aspetto più interessante saranno le indicazioni che potranno arrivare da Oslo.
Un’altra banca che alzerà i tassi in settimana è la Riksbank. In Svezia l’inflazione ad agosto è scesa e lo ha fatto anche più delle attese: la misura a cui guarda la Banca centrale, che esclude i prezzi dell’energia e l’effetto del rialzo dei tassi, parla di un 7,2% annuo, contro l’8% di luglio e il 7,4% delle attese. Le cose vanno dunque nel verso giusto, ma, come detto, nulla cambia per la riunione di questa settimana: i tassi saranno portati dal 3,75% al 4%. E dopo? Non c’è ancora una visione unica: c’è chi ritiene che possa esserel’ultimo rialzo, ma c’è anche chi ritiene che a novembre possa arrivare un altro ritocco, quello finale, visto il livello ancora elevato del carovita.
La Banca centrale giapponese lascerà i tassi fermi a -0,1%, ma anche nel Sol Levante le cose stanno un po’ cambiando. Cambiano, come è prassi per le Banche centrali, con modifiche a livello di comunicazione. La Banca centrale giapponese per fine anno dovrebbe infatti avere tutti i dati disponibili e certi per poter pensare, da gennaio 2024, ad alzare i tassi, abbandonando così i tassi negativi.
L’inflazione in Brasile ad agosto è aumentata meno delle attese, dal 3,99% al 4,61% annuo – attese a 4,66%. Questo significa che al momento il carovita brasiliano è ancora all’interno dell’obiettivo per il 2023, pari al 3,25% con un intervallo di tolleranza di ±1,5%. Sebbene l’inflazione sia in crescita per il secondo mese consecutivo, bisogna tenere presente che l’economia brasiliana ha conosciuto una crescita sorprendente nel secondo trimestre. Il dato agostano, comunque, consente alla Banca centrale brasiliana di procedere con il preannunciato taglio di un altro 0,5% nella riunione di questa settimana, portando così il costo del denaro al 12,75%.
I PRODOTTI
Sono confermati i prodotti per replicare le nostre strategie. Ecco come sono andati in settimana:
Ubs Japan Treasury 1-3y (+0,2%)
Nordea 1 norwegian bond BP (+0,8); Wisdomtree Long Nok Short Eur (-0,4%)
iShares $ treasury 1-3y acc B (+0,3%); iShares $ High Yield Corp Bond (+0,2%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (+3,7%)
Nordea 1 swedish short term bond (+0,4%); Wisdomtree Long Sek Short Eur (-0,1%)
Xtrackers II iBoxx Eurzone Gov. Bond YP 1-3 (-0,2%); Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (+0,4%)
iShares China CNY Bond (+1,6%)
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