La settimana obbligazioni: pause, tagli e rialzi

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Come da attese, la Banca centrale europea ha lasciato invariati i tassi ufficiali al 4,5% e quelli sui depositi al 4%. Rispetto al comunicato della precedente riunione ci sono poche novità, con l’Istituto di Francoforte che ha ribadito di ritenere che il costo del denaro si collochi su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a raggiungere il 2% di inflazione. Le decisioni future assicureranno poi che i tassi siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario. Non si è parlato per nulla di tagli dei tassi e una discussione su questo argomento è stata definita come del tutto prematura dal governatore Bce. Il messaggio è stato chiaro: si mantengono i tassi invariati e si prosegue su questa strada.
LE RIUNIONI CHE VERRANNO
Dopo la Bce, questa settimana vedrà ancora diverse Banche centrali riunirsi. Partendo dalla più importante, la Fed, le attese sono per un nulla di fatto, anche alla luce dei dati sul Pil – vedi a lato. La Banca centrale americana lascerà i tassi fermi tra il 5,25% e il 5,5%. Questa sosta non deve essere per forza interpretata come la fine dei rialzi da parte della Fed. Anche la scorsa settimana la Banca a stelle e strisce, tramite uno dei suoi esponenti, ha ribadito come possa esserci ancora la necessità di alzare i tassi di interesse. Sono frasi che fanno seguito a quelle di due settimane fa di Powell – vedi n° 1530 – secondo il quale l’inflazione è ancora troppo alta. Il mercato al momento non ha eliminato del tutto le possibilità di un rialzo dei tassi di interesse. Per le prossime riunioni, quella di dicembre e le prime del 2024, le attese scontano infatti ancora un ultimo rialzo con una probabilità attorno al 30%-35%. Sono delle probabilità relativamente basse, ma non tali da poterle definire come marginali, tenendo conto anche che sono previsioni per riunioni ancora nel tempo. Con il passare delle settimane e il flusso di dati che uscirà da qui ai prossimi mesi, il quadro sarà più chiaro anche per i mercati, che potranno quindi stimare una probabilità differente (sia superiore, sia inferiore).
PIL USA
Nel terzo trimestre, il Pil degli Usa è cresciuto del 4,9%, in netta accelerazione rispetto al 2,1% del secondo trimestre e nettamente superiore al 4,3% delle attese. In netta accelerazione i consumi - colonna portante dell’economia Usa - passati dal +0,8% del secondo trimestre al +4% del terzo trimestre. Bene anche gli investimenti, +8,4% dal +5,2%, e importante anche il contributo della spesa pubblica (+4,6% da +3,3%).
Anche la Banca centrale giapponese, la Bank of Japan, terrà fermi i tassi (a -0,1%). Quel che dovrebbe in verità cambiare sono le stime sull’inflazione, che dovrebbero essere riviste al rialzo. Se così fosse, questo sarebbe il primo passo per una revisione più generale della politica monetaria. Secondo i mercati, infatti, la Bank of Japan sta attendendo di avere dati non solo sui prezzi, ma anche sull'evoluzione dei salari – data la loro influenza sul carovita - per avere il quadro completo della situazione inflattiva giapponese e a quel punto poter decidere se, e in quale modo, modificare la sua politica monetaria.
Mentre a livello politico il Brasile è impegnato con le votazioni per far passare una legge per tassare fondi offshore e fondi delle classi più ricche, in modo da aumentare le entrate fiscali, questa settimana sarà la volta anche della Banca centrale brasiliana. La decisione sembra scontata: i tassi saranno abbassati ancora una volta di uno 0,5%, portandoli quindi al 12,25%. L'economia brasiliana cresce in modo robusto e l'inflazione si muove all'interno di quelli che sono gli obiettivi della Banca centrale. Non ci sono, quindi, al momento motivi per non allentare ulteriormente la politica monetaria.
Anche la Banca centrale norvegese dovrà riunirsi per decidere cosa fare con la sua politica monetaria. L'ultimo dato sull'inflazione ha visto il carovita rallentare, confermando così la sua traiettoria in discesa, ma lo ha fatto più delle attese. C'è chi allora punta sul fatto che questo possa convincere l'istituto di Oslo a fermarsi con i rialzi dei tassi di interesse. L'idea di fondo è però che la Norges Bank proceda con un ulteriore rialzo dello 0,25%, come fatto intendere e quasi preannunciato nella riunione precedente dalla stessa Banca centrale. Questo farebbe sì che il ciclo di rialzi possa poi concludersi e evitare che una pausa oggi possa in qualche modo rallentare il calo dell'inflazione e costringere poi la Banca centrale norvegese a dover alzare i tassi di interesse più volte in un futuro. Insomma, un rialzo questa settimana potrebbe essere una mossa per giocare d'anticipo e non trovarsi poi a rincorrere l'inflazione nei mesi futuri.
Ancora preoccupata per la mancanza di dinamismo del suo mercato interno, la Cina ha scelto di lasciar correre il deficit di bilancio, che potrebbe raggiungere il 3,8% (rispetto al 3% precedente). Ciò aumenterà la spesa pubblica e gli investimenti di 1.000 miliardi di yuan di stimoli aggiuntivi (circa 129 miliardi di euro). Questa nuova ondata sarà finanziata dall'emissione di debito da parte del governo centrale, ma il capitale preso in prestito sarà poi destinato ai governi locali, al fine di sostenere le infrastrutture e gli aiuti alle aree più colpite. Questa nuova ondata di stimoli arriva in un momento in cui l'economia mostra segni di stabilizzazione e il tasso di crescita annunciato per il 3° trimestre (+4,9% su base annua) è finalmente abbastanza vicino all'obiettivo del 5% per l'intero anno.
DBRS: RATING ITALIANO CONFERMATO
Anche il secondo esame è stato superato. La società di rating Dbrs ha, infatti, confermato il giudizio sull’Italia a BBB (high) con trend stabile, quindi per il futuro non sono previsti tagli al nostro rating. In sintesi, i rischi che influenzano il giudizio sull’Italia possono dirsi “bilanciati”, con la nostra economia che si presenta resiliente. È comunque previsto un rallentamento economico per i prossimi anni, che però sarà mitigato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Per il futuro andamento del nostro indebitamento, Dbrs ha una visione simile a quella che già aveva espresso S&P: il calo sarà più lento. Questo, secondo Dbrs, a causa della maggior spesa per gli interessi che l’Italia deve pagare sul suo debito pubblico e dell’impatto negativo dei crediti d’imposta dovuti al Superbonus edilizio. I prossimi appuntamenti sono per il 10 novembre, con Fitch, e per il 17 novembre con Moody’s. Per Fitch il giudizio è BBB con outlook stabile, dunque non sono previsti declassamenti. Il vero appuntamento da monitorare è quello con Moody’s, per il quale il nostro rating è all’ultimo gradino dell’investment grade e l’outlook è negativo - cioè c’è la possibilità di un taglio che ci porterebbe tra i titoli spazzatura.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (+0,1%)
Nordea 1 norwegian bond BP (-1,4%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (-1,5%)
iShares $ treasury 1-3y acc B (+0,1%); iShares $ High Yield Corp Bond (+0,9%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (+3,3%)
Nordea 1 swedish short term bond (-0,8%); Wisdomtree Long Sek Short Eur (-0,4%)
Xtrackers II iBoxx Eurzone Gov. Bond YP 1-3 (+0,3%); Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (+0,5%)
iShares China CNY Bond (-0,1%)
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