La settimana delle obbligazioni: e se non fosse finita?

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
I mercati obbligazionari continuano a essere convinti che la fine dei rialzi dei tassi d’interesse sia arrivata e iniziano a formulare ipotesi su quando arriverà il primo taglio del costo del denaro. Tuttavia, analizzando le parole di due delle principali Banche centrali mondiali, Federal Reserve e Banca centrale europea, sembra che le cose non stiano effettivamente così. Il governatore Powell ha, infatti, detto che pur continuando a muoversi in maniera prudente in fatto di tassi d’interesse, la Fed non esiterà ad aumentarli se ce ne sarà bisogno. Powell ha confermato la risolutezza a mantenere i tassi d’interesse su un livello tale che sia assicurato il ritorno al 2% di inflazione, ma non è sicuro che l’attuale livello del costo del denaro sia quello appropriato per raggiungere questo obiettivo. E così, i mercati hanno spostato le loro previsioni per il primo taglio dei tassi d’interesse Usa da giugno a luglio 2024.
In casa Bce le opinioni sono invece contrastanti, come vuole la tradizione di una Banca centrale europea divisa tra chi vorrebbe alzare il più possibile i tassi d’interesse (i falchi) e chi invece è più accomodante (le colombe). La scorsa settimana c’è stato chi ha detto che il ciclo di rialzi è finito, salvo sorprese, ma sono molte di più le dichiarazioni che vanno nella direzione di non voler decretare ufficialmente la fine del ciclo di aumenti del costo del denaro. La sintesi delle dichiarazioni dei diversi esponenti della Bce è infatti quella che è troppo presto per dichiarare vinta la lotta al carovita e che parlare di un taglio dei tassi, oggi, è assolutamente prematuro. Detto questo, saranno i dati che usciranno nelle prossime settimane a tracciare la via, visto che l’incertezza è ancora alta. Buona parte del rialzo dei tassi, infatti, deve ancora mostrare i suoi effetti sull’economia. Il governatore della Bce ha, poi, chiarito cosa si intende temporalmente per tassi alti a lungo: più di due trimestri.
Non bisogna poi pensare che, se le Banche centrali non alzano i tassi per una, due o più riunioni, questo sia il segnale che abbiano finito con l’aumento del costo del denaro. Ne è un esempio la Banca centrale australiana, che, dopo quattro riunioni consecutive in cui si è presa una pausa, ha aumentato i tassi al 4,35% dal 4,1%, perché l’inflazione si sta rivelando più persistente di quanto precedentemente stimato.
FITCH CONFERMA IL RATING
Fitch ha confermato il rating dell’Italia, lasciandolo a BBB e confermando l’outlook a stabile – per il futuro non sono dunque previsti tagli.
Questo giudizio è determinato da una sorta di bilanciamento tra punti di forza e punti di debolezza dell’economia italiana. Tra i punti di forza ci sono l’essere un’economia ampia, diversificata, appartenente all’eurozona. Per quanto riguarda i punti di debolezza, invece: fondamentali macroeconomici e fiscali deboli, un debito pubblico molto elevato, un potenziale di crescita economica ridotto e il maggior costo del debito pubblico.
LA SVEZIA ABBANDONA I PORTAFOGLI
La Svezia esce da tutti i nostri portafogli e i prodotti con cui puntarci, su azioni e obbligazioni, passano a vendere – la lista completa dei prodotti che passano a vendere la trovi qui a lato. Il posto lasciato vuoto dalla vendita dei prodotti svedesi viene riempito dai bond in dollari Usa. I prodotti da comprare sono l’Etf iShares $ treasury 1-3y acc B (104,89 euro) oppure singoli bond, che puoi scegliere tra quelli presenti sul nostro sito.
CAMBIAMENTI NEI CONSIGLI: PASSANO DA NON ACQUISTARE A VENDERE
A PROPOSITO D INFLAZIONE
Se la Banca centrale australiana è un esempio del fatto che le pause non significano necessariamente fine dei rialzi, la Norvegia è un esempio che non bisogna cantare troppo presto vittoria. A ottobre il carovita ha fatto segnare un dato più alto delle attese, dopo che nell’ultima riunione la Norges Bank aveva deciso di lasciare i tassi invariati, non chiudendo però la porta a un rialzo a dicembre. Il dato di settembre sul carovita era infatti stato più basso delle attese e la decisione della Banca centrale di non toccare i tassi aveva portato i mercati a scommettere sulla fine del ciclo di rialzi. Ora torna più probabile un aumento a dicembre.
In Brasile, invece, l’inflazione va nella direzione auspicata, con il carovita che scende al 4,82% dal 5,19% - le attese erano per un 4,87%. Con questo dato la Banca centrale può quindi continuare con il taglio dei tassi, di cui ha già preannunciato l’eventualità per la prossima riunione. A dicembre, dunque, i tassi saranno tagliati ancora una volta dello 0,5%.
La Cina ha problemi opposti in termini di inflazione rispetto al resto del mondo. Per quanto riguarda il carovita, infatti, a ottobre ha fatto segnare un -0,2% annuo, peggiorando rispetto a settembre quando il dato mostrava una stazionarietà. I prezzi alla produzione sono invece scesi del 2,6%, dal -2,5% di settembre. Questi dati hanno riportato in auge la richiesta di ulteriori stimoli monetari e fiscali per aiutare l’economia, visto che un’inflazione bassa, anzi, una deflazione, è un sintomo che l’economia cinese gira al di sotto del suo potenziale. Certo, il calo dell’inflazione è stato fortemente influenzato dalla dinamica dei prezzi della carne di maiale – vedi a lato – e questo ridimensiona un po’ il calo. C’è, poi, da segnalare che le prospettive per la Cina sono anche migliorate di recente. Lo testimonia la scelta del Fondo monetario internazionale, che ha alzato di uno 0,4% le stime di crescita sia per il 2023, sia per il 2024, proprio grazie al recente piano di stimoli messo in campo da Pechino.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (-0,8%)
Nordea 1 norwegian bond BP (-0,8%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (-0,3%)
iShares $ treasury 1-3y acc B (+0,4%); iShares $ High Yield Corp Bond (+0,2%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (+0,2%)
Xtrackers II iBoxx Eurzone Gov. Bond YP 1-3 (-0,1%); Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (-0,1%)
iShares China CNY Bond (+0,4%)
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