La settimana delle obbligazioni: primi dati dell’anno, primi dubbi

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Il mese di gennaio vedrà le Banche centrali mondiali impegnate con le consuete riunioni per decidere cosa fare con i tassi di interesse, ma soprattutto per rendere note le dichiarazioni d’intenti su cosa vorranno fare nel corso 2024. Nel frattempo, la prima settimana dell’anno è stata avara di dati macroeconomici nel mondo, con l’eccezione di due che sono molto importanti per le sorti della politica monetaria: l’inflazione della zona euro e la disoccupazione negli Usa.
LA ZONA EURO
Per quanto riguarda il carovita di eurolandia, in Francia e Germania è tornato a salire, ma non in Italia – vedi a lato. Il fatto che l’inflazione di due delle maggiori economie dell’eurozona sia tornata ad accelerare non è un segnale rassicurante. Anche nella zona euro presa nel suo complesso l’inflazione ha conosciuto un rialzo, il primo dopo mesi e mesi di cali, passando dal 2,4% al 2,9%, mentre l’inflazione di fondo risulta in leggero rallentamento, da +3,6% a +3,4%. Dal lato dell’economia, invece, anche dicembre è stato un mese di contrazione per l'attività della zona euro. L'indice Pmi composito, che tiene conto dell'attività manifatturiera e di quella del terziario, si è attestato a 47,6 punti – stabile rispetto a novembre. Si tratta del sesto mese consecutivo in cui il valore di questo indice è sotto il territorio di 50 punti che segna lo spartiacque tra contrazione ed espansione dell'attività. Con questi dati, il quarto trimestre 2023 della zona euro si preannuncia stagnante se non addirittura in calo. Dunque, tirando le fila, pur con un’attività economica in contrazione, i prezzi della zona euro sono saliti e senza contare energia ed alimentare il calo è contenuto. Questo corrobora la posizione della Bce secondo cui raggiungere l'obiettivo di inflazione al 2%rimane una vera e propria sfida e che anche se gran parte del calo è stato messo a segno, l’ultima parte di lavoro che resta da fare sarà la più ardua e il percorso sarà molto accidentato.
Tutti questi dati confermano la sensazione, vedi n° 1540, che la possibilità che i tassi possano già essere tagliati a marzo, come vorrebbero le attese del mercato, sia troppo ottimistica, così come ottimistico sembra un taglio complessivo al costo del denaro dell’1,5% nel corso dell’anno. Il calo dei prezzi dei bond della zona euro può, quindi, spiegarsi con un mercato che sta rivedendo (o come si dice in questi casi, “ri-prezzando”) le sue attese.
USA: MERCATO DEL LAVORO SEMPRE VIVACE
Negli Stati Uniti, alla fine di dicembre, la creazione di posti di lavoro è andata avanti spedita, con 216.000 nuovi posti di lavoro. Nel 2023, l'economia statunitense ha creato 2,7 milioni di posti di lavoro, con una media di 225.000 al mese. Il Paese rimane, quindi, in una situazione di piena occupazione, con un tasso di disoccupazione del 3,7% a dicembre: un livello paragonabile a quello in essere dodici mesi prima (3,5%). Questa situazione di piena occupazione sta contribuendo ad aumentare i salari, che a dicembre sono aumentati dello 0,4% rispetto al mese precedente e del 4,1% in un anno. Dato che l'inflazione è ora al 3,1%, i lavoratori americani stanno recuperando parte del potere d'acquisto perso durante l'aumento dei prezzi. Questo rappresenta un sostegno ai consumi, colonna portante dell’economia Usa. Ci sono poi stati i verbali dell’ultima riunione della Fed, che confermano l’idea che il ciclo di rialzi dei tassi sia oramai finito. Come detto molto spesso, la fine degli aumenti del costo del denaro non si traduce automaticamente in tagli dei tassi d’interesse. La Fed, infatti, ha confermato che è appropriato mantenere una politica restrittiva ancora per un po’ di tempo per continuare a combattere l’inflazione e riportarla con certezza ed in maniera stabile al 2%. Dai verbali si legge comunque che il taglio nei tassi è probabile nel 2024 e che ci sono stati dei chiari progressi nella lotta contro l’inflazione, sebbene il percorso sia ancora pieno di incertezze.
In sintesi, l’economia non mostra segnali di cedimento, ma l’inflazione è comunque su livelli più bassi: la politica monetaria restrittiva sta funzionando contro il carovita, senza pregiudicare in maniera eccessiva l’economia. Di conseguenza, niente più rialzi e dopo un po’ di mesi con tassi fermi a questo livello, se non ci saranno intoppi e sorprese negative dai prezzi, si inizierà a tagliare il costo del denaro.
IL GIAPPONE E IL SISMA
Per un insieme di ragioni di cui ti abbiamo parlato nel n° 1540, la Banca centrale giapponese (BoJ) dovrebbe decidere di alzare i tassi ad aprile. Il terremoto che ha colpito il Paese rende ancora più probabile questa previsione o, perlomeno, rende di fatto impossibile un aumento dei tassi nella riunione di questo gennaio, evento per il quale le probabilità erano già basse prima del sisma. La BoJ avrà bisogno delle informazioni complete sull’entità dei danni prima di muoversi, perché un aumento dei tassi proprio in concomitanza con il terremoto sarebbe una mossa che danneggerebbe un’economia già colpita.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (-1,4%)
Nordea 1 norwegian bond BP (-1,2%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (-0,6%)
iShares $ High Yield Corp Bond (-0,4%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (+0,4%)
Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (-0,9%)
iShares China CNY Bond (+0,5%)
Vanguard USD Treasury Bond UCITS ETF Dis (+0,1%)
Xtrackers II US Treasuries UCITS ETF 1D (+0,1%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (-0,9%)
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