La settimana delle obbligazioni. Tassi: troppo ottimismo sui tagli?

La settimana delle obbligazioni
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EUROZONA: MARZO? TROPPO PRESTO
I messaggi arrivati la scorsa settimana da diversi esponenti della Bce sono stati molti e hanno coperto diversi argomenti, tutti rilevanti ai fini delle sorti dei tassi di interesse di eurolandia. C'è chi ha confermato che “ad un certo punto del 2024” i tassi saranno tagliati. È un'ulteriore conferma di qualcosa che già si sapeva e cioè che il 2024 vedrà scendere il costo del denaro nella zona euro. Il vero dibattito, e ciò che interessa i mercati, è su quando arriverà questo taglio e quindi cercare di definire e tradurre in un mese preciso dell'anno quello che è stato definito “un certo punto del 2024”. Dalla Bce sono arrivate conferme sul fatto che ciò avverrà nel secondo semestre del 2024. Ci sono state, però, anche informazioni provenienti dal fronte dell'economia. La disoccupazione ha toccato il minimo storico e questo farebbe propendere per una Bce che non ha nessuna fretta di tagliare i tassi prima della seconda metà del 2024. Un mercato del lavoro resiliente è un potenziale aiuto per l’economia e questo può sostenere anche i prezzi. La stessa Bce ha ammesso che il processo di disinflazione, cioè di rallentamento dei prezzi, nel 2024 sarà molto più lento rispetto a quello visto nel 2023. C'è la possibilità di una recessione tecnica all'inizio del 2024, visto i dati deboli dell’attività di dicembre, ma non si parla di una recessione profonda e duratura. Dunque, una recessione tecnica e con una contrazione anche lieve non porterebbe a un'accelerazione della disinflazione. In sintesi, anche se claudicante, l'economia potrebbe non andare così male da velocizzare il rientro dell'inflazione al 2% annuo; di conseguenza, ipotizzare tagli dei tassi già da marzo, ad oggi, sembra ottimistico.
E L’ECUADOR?
Quelli geo-politici sono i rischi più importanti e rilevanti per il 2024. È un fatto di cui ti avevamo parlato sul n° 1540 e i recenti avvenimenti che stanno interessando l’Ecuador ne sono una dimostrazione. Nel caso specifico, non ci sono stati riflessi sui mercati mondiali. Per questo quanto sta avvenendo in Ecuador non inficia la nostra speculazione sui bond dei Paesi emergenti, ma è un esempio di come la scelta di un prodotto che diversifica ampiamente è sempre la soluzione migliore.
NORVEGIA: TAGLI SÌ, MA A FINE ANNO
L’inflazione in Norvegia a dicembre ha mostrato un calo. Se l’indice generale è rimasto fermo al 4,8% annuo, come da attese, l’inflazione di fondo ha rallentato al 5,5% annuo dal 5,8%, anche più delle attese (5,6%). Nelle intenzioni della Banca centrale norvegese c’è la possibilità di un taglio nel 2024, ma avverrà verso fine anno. Il dato di oggi conferma l’idea che i tassi non saranno più alzati dalla Norges Bank, ma è ancora troppo presto per affermare che il taglio avverrà prima di quanto lasciato intendere dalla Banca centrale: serviranno più dati in rallentamento per far anticipare la data della prima sforbiciata al costo del denaro.
USA: SERVE PAZIENZA CON I TASSI
Negli Usa, il dato sull’inflazione di dicembre ha fatto segnare un rialzo superiore alle attese. L’indice generale è, infatti, salito dal 3,1% al 3,4% (3,2% le attese). L’inflazione di fondo, cioè quella calcolata senza energia e alimentari, è invece scesa dal 4% al 3,9%, mentre le attese erano per un 3,8%. Gran parte dell’aumento del carovita di dicembre è stato causato dai costi legati alla casa, tanto che i prezzi dei servizi ripulito da alimentari, energia e costi per la casa, un indicatore che descrive quelle che sono le possibili pressioni inflazionistiche, è rimasto stabile. Cosa farà allora la Fed? Il dato odierno non pregiudica la prospettiva dei membri della Banca centrale Usa di tre tagli nei tassi d’interesse nel corso del 2024. La maggior spinta ai prezzi è appunto arrivata dai costi per la casa, ma anche questi ultimi sono comunque su un percorso di rallentamento; tutto ciò conferma, come va ripetendo la stessa Banca centrale da diverso tempo, che ci vuole pazienza e che il primo taglio nei tassi non arriverà a breve. Il mercato sconta ancora con due terzi di possibilità una riduzione del costo del denaro nella riunione di marzo. I dati di questa settimana ci portano a ribadire che i mercati sono troppo ottimisti con le loro attese.
CINA: RISCHI DEFLAZIONE
Per il terzo mese di fila, l’inflazione annuale cinese è risultata negativa (-0,3% a dicembre). È dal 2009 che non si registrava una striscia così lunga di dati annuali negativi. La Cina rischia, dunque, di entrare in una spirale deflazionistica se i prezzi continueranno a seguire questo andamento e così da più parti si inizia a rilanciare le scommesse sul fatto che la Banca centrale cinese intervenga per cercare di arginare questa situazione, iniziando a tagliare i tassi.
BRASILE: SI PUÒ PROCEDERE
A dicembre l'inflazione in Brasile ha conosciuto un altro calo, seppur leggermente inferiore a quanto atteso dal mercato. Dal 4,68% di novembre, il carovita è sceso al 4,62% annuale (le attese erano per un 4,54%). Per il 2024 la Banca centrale brasiliana ha un obiettivo in termini di inflazione pari al 3,25%, con un margine di tolleranza pari all’1,5%, per cui il calo dell’inflazione, benché inferiore alle attese di mercato, è comunque tale da posizionare i prezzi all’interno dell’intervallo obiettivo. Di conseguenza, non ci sono al momento ragioni per la Banca centrale di evitare di tagliare ancora i tassi d’interesse nelle prossime riunioni.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (-0,3%)
Nordea 1 norwegian bond BP (+0,2%) Wisdomtree Long Nok Short Eur (invariato)
iShares $ High Yield Corp Bond (+0,9%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (+0,4%)
Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (+0,8%)
iShares China CNY Bond (-0,5%)
Vanguard USD Treasury Bond UCITS ETF Dis (+0,3%)
Xtrackers II US Treasuries UCITS ETF 1D (+0,3%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (-0,9%)
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