Niente più taglio dei tassi a giugno?

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La scorsa settimana la riunione della Fed e i dati su Pil e inflazione della zona euro hanno permesso di aggiungere nuove informazioni per delineare cosa succederà con i tassi d’interesse. In generale, sono due le principali conclusioni che si possono ricavare dalla Fed e dai dati di eurolandia. Il primo è quello che le economie, sia quella americana sia quella europea, alla fine, hanno resistito all’impatto di tassi elevati per un periodo prolungato. L’economia Usa lo ha fatto marciando a passo più che spedito, quella europea arrancando per qualche trimestre, senza però mai finire nella recessione tanto paventata all’inizio del ciclo di rialzo dei tassi. Ed è proprio legata al costo del denaro la seconda indicazione di quanto successo la scorsa settimana. Il taglio dei tassi ci sarà, ma di ampiezza inferiore rispetto a quanto si prevedeva a inizio anno e arriverà prima in Europa.
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USA: SI SLITTA A NOVEMBRE?
I tassi fermi tra il 5,25% e il 5,5% erano scontati, ma la Fed ha letteralmente spazzato via le speranze di un taglio dei tassi a giugno e a luglio, lasciando incerta la decisione per la riunione di settembre. La certezza di un taglio ora c’è solo per novembre. Questo perché l’inflazione è scesa nell’ultimo anno, ma rimane elevata e soprattutto dopo un calo molto veloce e pronunciato, negli ultimi mesi il processo disinflattivo ha rallentato. L’attività economica ha poi continuato a espandersi a un ritmo solido, la crescita dei posti di lavoro è rimasta forte e il tasso di disoccupazione è rimasto basso.
Questi ultimi due punti dipingono un’economia forte, che non potrà che sostenere i prezzi: in prospettiva, dunque, le pressioni sui prezzi permarranno. Lo scenario economico Usa è forte e non permette un taglio dei tassi nel breve periodo. La Fed, quindi, manterrà i tassi su questi livelli ancora per diverso tempo e finché non sarà sicura che il carovita potrà raggiungere il 2% obiettivo.
EUROZONA: SI RISOLLEVA L’ECONOMIA?
I dati che provengono dalla zona euro mostrano un miglioramento dal punto di vista dell’economia e una dinamica dell’inflazione che prosegue sulla via dei cali, benché sia necessario tenere alta l’attenzione. L’indice generale dei prezzi è, infatti, rimasto fermo ad aprile al 2,4%, come da attese, e dunque sullo stesso livello di marzo. Se si guarda però all’inflazione di fondo, senza contare energia e alimentari, le pressioni inflazionistiche si sono ridotte, visto che si passa dal 2,9% di marzo al 2,7% di aprile – comunque leggermente sopra le attese a +2,6%. Anche l’inflazione dei servizi va rallentando – è passata da +4% a +3,7%, dimostrando effettivamente che le pressioni sui prezzi vanno smorzandosi. Per quanto riguarda la crescita economica, nel primo trimestre è stata superiore alle attese. Il Pil è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, il ritmo migliore dell’ultimo anno e mezzo (le attese erano per un +0,1%). Altro aspetto positivo è quello che in Italia, Francia, Spagna e Germania la crescita è stata superiore alle attese e la Germania sembra stia risolvendo i suoi problemi. Questo dimostra che l’economia di eurolandia sta comunque reggendo a tassi elevati e dunque la Bce, dopo aver tagliato i tassi a giugno, si prenderà tutto il tempo per valutare al meglio quando provvedere a un secondo taglio. In una situazione come quella attuale non c’è urgenza di procedere con ripetuti e ravvicinati tagli nei tassi d’interesse. Tradotto, le possibilità che il secondo taglio arrivi a luglio sono remote.
Fitch ha confermato il rating dell’Italia a BBB con outlook stabile: significa che per il futuro non sono previsti cambiamenti nel giudizio, né in meglio, né in peggio.
BRASILE: ULTIMO TAGLIO DA 0,5%?
In Brasile questa settimana si riunirà la Banca centrale. Due settimane fa lo stesso Istituto monetario aveva rivisto al rialzo le sue attese per il costo del denaro a fine 2024 (dal 9% al 9,5%), ma era già stato annunciato nella riunione precedente che ci sarebbe stato un altro taglio dei tassi dello 0,5%. Dunque, questa settimana i tassi passeranno dal 10,75% al 10,25%. Stando alla revisione della Banca centrale, però, e in attesa delle indicazioni che arriveranno questa settimana, si può avanzare l'ipotesi che quello di questa settimana possa essere l'ultimo taglio dell'ammontare di mezzo punto percentuale. Dopo la riunione di questa settimana sono, infatti, ancora cinque gli appuntamenti della Banca centrale brasiliana nella restante parte del 2024, durante i quali in totale i tassi dovrebbero essere tagliati dello 0,75%. Lo scenario quindi più logico sembra essere quello di tagli nei tassi da 0,25% e non in tutte le riunioni.
COME SONO ANDATI I PRODOTTI IN SETTIMANA?
Ubs Japan Treasury 1-3y (+2,1%)
Nordea 1 norwegian bond BP (+1,4%) Wisdomtree Long Nok Short Eur (+1,1%)
iShares $ High Yield Corp Bond (+0,3%)
Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (+0,2%)
iShares China CNY Bond (+0,1%)
Vanguard USD Treasury Bond Ucits Etf Dis (+0,2%)
Xtrackers II US Treasuries Ucits Etf 1D (+0,1%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (+0,4%)
NORVEGIA: BISOGNA SEMPRE ASPETTARE DICEMBRE
Oltre alla Fed, la scorsa settimana si è riunita anche la Banca centrale norvegese. Le attese erano per tassi fermi al 4,5% e così è stato. Anche in questo caso i mercati erano concentrati nel cercare di carpire informazioni sulle future mosse. Su questo punto anche la Norges Bank ha regalato una doccia fredda ai mercati, visto che i toni usati sono stati più da falco che da colomba. L'economia norvegese si trova, infatti, in una situazione di crescita e i dati sull'inizio del 2024 confermano questo buono stato di salute. Gli aumenti salariali porteranno poi a un’ulteriore pressione sui prezzi. In quest'ottica il percorso dell’inflazione verso il 2% obiettivo potrebbe essere ritardato. C'è, poi, un altro problema, che è quello che ha fatto propendere maggiormente la Norges Bank per un tono più aggressivo: la corona norvegese. La valuta scandinava è debole e questo crea seri problemi per l'inflazione. La Norges Bank vede quindi un taglio dei tassi nel quarto trimestre dell'anno e con molta probabilità potrebbe aspettare dicembre per provvedere a ridurre il costo del denaro di uno 0,25%.
YEN: INTERVENTO SÌ, INTERVENTO NO
La scorsa settimana ha tenuto banco un altro tema: il Giappone è intervento a sostenere lo yen? I movimenti sospetti di forti rialzi e in pochissimo tempo, poi rientrati altrettanto velocemente, hanno fatto sorgere il dubbio di interventi a sostegno della valuta nipponica. Dalle autorità non sono arrivate né conferme né smentite, alimentando così il mistero.
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