La settimana delle obbligazioni: crescita tagliata, spauracchio dazi...

settimana delle obbligazioni
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Il 9 luglio scade la proroga sui dazi Usa e il presidente statunitense sembra intenzionato a farli entrare in vigore, ma non sono esclusi ripensamenti dell’ultimo minuto – cosa non inusuale - oppure accordi raggiunti “in corsa” sul filo della scadenza. Moody’s ha, così, lanciato l’allarme dazi e ha tagliato da stabile a negativo l’outlook sui debiti pubblici globali (l’outlook è l’indicazione su come potrebbe muoversi, in futuro, il rating, quindi un outlook negativo significa che il rating potrebbe peggiorare in futuro). Non solo. L’agenzia ha anche tagliato le stime di crescita del 2025, senza salvare nessuno. L’Europa occidentale ha subito un taglio dello 0,3%, ma la vera scure è calata sul Nord America: le stime di crescita sono state dimezzate da 2% a 1%. Le motivazioni sono, come detto, l’incertezza sulla politica commerciale e la potenziale revisione del commercio globale, ma anche la situazione in Medio Oriente, che conferma che i rischi geopolitici continueranno a influenzare le condizioni del credito sovrano, con la possibilità di volatilità e improvvise turbolenze. Se le cose dovessero andar male, con i negoziati sui dazi che porteranno a un nulla di fatto, c’è già chi pensa a come intervenire. È la Bce che, nella settimana in cui il dato sull’inflazione mostra un carovita al 2% e la presidente Lagarde parla di obiettivo raggiunto, ha fatto trapelare la disponibilità ad intervenire, se le cose andassero male. Infatti, proprio Lagarde ha detto che l’obiettivo del 2% di inflazione è simmetrico: dunque, la Bce si impegna a correggere ogni deviazione dall’obiettivo. Se è troppo alta interviene alzando i tassi, ma se va troppo sotto il 2% la Bce interviene con mosse espansive – innanzitutto con il taglio dei tassi. E su questo concetto non è stata l’unica ad esprimersi. Infatti, sempre dalla Bce fanno sapere che se la ripresa viene ritardata, e lo è stata diverse volte, e l’attività economica è al di sotto del potenziale, è razionale dare un supporto alla crescita perché l’inflazione scenderebbe sotto l’obiettivo del 2%. Al momento, la posizione ufficiale è comunque quella di procedere riunione per riunione e, a meno di repentini peggioramenti, nella riunione di luglio non si dovrebbero toccare i tassi. Un altro tema su cui si è espressa la Bce è il livello del dollaro: fino a quotazioni pari a 1,20 dollari per un euro la situazione è gestibile. Venerdì 4 la valuta Usa ha chiuso a 1,177 nei confronti dell’euro. Come mai questi livelli? Si tratta del punto di arrivo di un percorso che ha visto perdere terreno al dollaro nel tempo, zavorrato da diversi fattori. Le incertezze sui dazi, sulle politiche fiscali e immigratorie con le ripercussioni che potrebbero avere nei confronti dell’economia Usa e dei conti pubblici. Tutti elementi che hanno un po’ incrinato la forza del dollaro Usa. C’è poi la questione nomina del successore di Powell alla guida della Fed. Di solito il nome viene svelato al massimo un paio di mesi prima dell’insediamento, ora invece se ne parla già, quindi con ampio anticipo rispetto alla scadenza del mandato nel 2026. Dato che i nomi che circolano, poi tutti da verificare, sono di esponenti vicini al presidente, si teme un governatore più incline ad ascoltare i voleri della Casa Bianca. Ovviamente, l’indipendenza di una Banca centrale è requisito fondamentale per la sua credibilità e certi dubbi non vengono apprezzati dai mercati.
COME SONO ANDATI I PRODOTTI
Ishares Eu Govt Bond 5-7y: 0,2%
Xtrackers iBoxx Corp Bd Yld: 0,7%
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Vanguard USD Trea. Bond: -0,6%
Xtrackers II US Tre. 1D: -0,8%
Spdr Bl 1-10y Us Cor Bond: -0,5%
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