In un contesto di forte incertezza globale, la Banca centrale europea ha deciso di non modificare i tassi di interesse, mantenendo così un atteggiamento attendista. La prudenza della Bce riflette le preoccupazioni legate all’instabilità dello scenario macroeconomico, in particolare alla delicata fase dei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea. Infatti, quando si è tenuta la riunione della Bce, i negoziati erano ancora in atto. L'accordo si è trovato solo nel fine settimana.
Nonostante questo contesto, gli investitori hanno solo leggermente ridimensionato le aspettative su un possibile taglio dei tassi da parte della Bce nel corso dell’anno, e restano in attesa di un ulteriore allentamento monetario entro dicembre. La riunione di luglio della Bce non ha avuto un impatto significativo sui mercati finanziari: l’euro è rimasto stabile sopra quota 1,17 rispetto al dollaro e i principali indici azionari europei hanno mostrato una volatilità contenuta, muovendosi entro margini ristretti.
Dopo la Bce, questa settimana toccherà alla Federal Reserve. Tuttavia, come per la Bce, l'esito appare già scontato: i tassi resteranno fermi. I mercati ne sono convinti, nonostante le pressioni continue del presidente Donald Trump, che da mesi critica apertamente il governatore Jerome Powell per non aver abbassato i tassi di interesse. Il confronto tra presidente e governatore della Fed è ormai diventato un teatrino ricorrente: la scorsa settimana, Trump ha criticato le spese per i lavori di ristrutturazione degli edifici della Fed, lasciando intendere che ciò potrebbe essere un motivo per licenziare Powell, salvo poi correggersi e dichiarare che, in realtà, non è necessario rimuoverlo perché sarebbe una decisione troppo importante. Gli attacchi proseguono, dunque, in parallelo alle smentite.
Sul fronte asiatico, la Banca centrale cinese è intervenuta in modo deciso per stabilizzare il mercato obbligazionario. La People's Bank of China ha immesso 601,8 miliardi di yuan — circa 84 miliardi di dollari — in liquidità a breve termine attraverso operazioni di reverse repo. L’obiettivo è arginare il calo dei titoli di Stato a lungo termine, la cui discesa ha destato preoccupazione per il rischio di vendite forzate da parte dei fondi. I rimborsi, infatti, potrebbero aumentare la pressione sul mercato.
COS’È UN REVERSE REPO?
Le operazioni di reverse repo, o pronti contro termine inversi, sono accordi in cui una parte vende titoli a un'altra con l'impegno di riacquistarli a una data futura a un prezzo prestabilito. In pratica, è l'opposto di un'operazione repo tradizionale, dove l'acquirente iniziale diventa il venditore e viceversa. Questi accordi sono usati dalle banche centrali per gestire la liquidità nel sistema finanziario, assorbendo o iniettando denaro.