Dollaro: dopo luglio positivo, cosa aspettarsi?

Dollaro: cosa aspettarsi?
Dollaro: cosa aspettarsi?
Il primo luglio il cambio euro-dollaro valeva 1,18: servivano quindi ben 1,18 dollari per acquistare un solo euro. Si trattava di un livello che non si vedeva dal 2021, e che rappresentava il punto di arrivo di un lungo percorso di indebolimento della valuta americana nei confronti dell’euro.
I motivi di questo andamento sono stati più volte discussi: le tensioni commerciali, la paura di politiche inflattive da parte dell’amministrazione Trump, i timori legati all’inflazione causata dai dazi e le preoccupazioni sulle politiche fiscali fortemente espansive volute dallo stesso Trump, che hanno portato anche a un taglio del rating sul debito statunitense nei mesi precedenti. A tutto questo si aggiunge il timore di una perdita di indipendenza della Federal Reserve, dato che Trump aveva ripetutamente e pubblicamente espresso la volontà di rimuovere Jerome Powell, criticando apertamente il governatore della banca centrale americana.
Tuttavia, proprio dal primo di luglio il dollaro ha iniziato a recuperare terreno. Luglio è stato un mese positivo per il biglietto verde, che ha guadagnato il 3,2%, portandosi intorno a quota 1,14 contro l’euro. Non si tratta però di un recupero sufficiente a colmare le perdite accumulate nemmeno solo nel 2025. Un singolo mese non basta per dichiarare concluso il periodo di debolezza del dollaro, né per prevedere una ripresa duratura nei mesi successivi. Dopo tutto, in questo inizio di agosto il biglietto verde ha ceduto di nuovo terreno portandosi a 1,1565 sull’euro. Tuttavia, il rafforzamento della valuta americana si è verificato in concomitanza con una serie di eventi significativi.
Nel corso del mese scorso, infatti, gli Stati Uniti hanno raggiunto diversi accordi commerciali con vari Paesi, tra cui anche l’Unione Europea. Sebbene con alcuni partner la situazione sia ancora in evoluzione, con altri – come il Giappone e l’UE – è stato possibile trovare un’intesa. Per i mercati, avere un accordo significa soprattutto eliminare l’incertezza, una delle variabili meno gradite agli investitori. Inoltre, un’intesa, anche se non perfettamente equilibrata tra le parti, riduce il rischio di una guerra commerciale che avrebbe danneggiato tutti. Questo ha contribuito a migliorare lo scenario globale, eliminando uno dei principali fattori di preoccupazione dei mesi precedenti.
A supportare il dollaro hanno contribuito anche i dati macroeconomici positivi provenienti dagli Stati Uniti e le dichiarazioni della Fed, che hanno ridimensionato le aspettative di un taglio dei tassi già a settembre. Sebbene la decisione definitiva non sia ancora stata presa, e un taglio resti possibile anche entro la fine dell’anno, le probabilità che ciò avvenga già a settembre sono diminuite, costringendo i mercati a riprezzare le proprie attese.
Con una BCE che potrebbe tagliare ancora i tassi a settembre e, invece, una Fed più attendista, il differenziale tra i tassi d’interesse sulle due sponde dell’Atlantico potrebbe aumentare ulteriormente. Anche questo è un elemento che sostiene la forza del dollaro.
Come detto, però, al recupero di luglio ha già fatto seguito un calo ad inizio agosto. Tutto mostra come la volatilità, oramai, permea qualunque mercato, azionario, obbligazionario e valutario ed una caratteristica con cui bisognerà sempre più abituarsi.
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