La settimana delle obbligazioni: gli Usa crescono, la Cina aiuta lo yuan

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Negli Stati Uniti, i dati sul prodotto interno lordo del secondo trimestre hanno sorpreso positivamente. Dopo una stima preliminare al 3%, la crescita reale è stata rivista al rialzo al 3,3% su base annualizzata. A trainare l’economia sono stati soprattutto gli investimenti aziendali, cresciuti di oltre il 5%, con particolare dinamismo nei settori dei trasporti e della proprietà intellettuale. Anche i profitti societari, in flessione nei primi mesi dell’anno, hanno recuperato slancio, e i margini delle imprese non finanziarie hanno toccato livelli storicamente elevati. Un contributo decisivo è arrivato dalle esportazioni nette, che hanno aggiunto quasi cinque punti percentuali al Pil: un record nella serie storica. L’attenzione si è concentrata in particolare sull’andamento dell’inflazione e in particolare dell’indice Pce di fondo, cioè l’indice dei prezzi per la spesa per i consumi personali - metrica preferita dalla Fed in tema di carovita; questo indicatore ha segnato un incremento annuo del 2,9%, il valore più alto da febbraio, evidenziando la persistenza di pressioni inflazionistiche (dato comunque in linea con le attese). Queste notizie non hanno modificato le attese per la riunione di settembre: i mercati si aspettano sempre un taglio dei tassi.
Sempre in tema inflazione, dal Vecchio continente sono arrivati i dati sul carovita nei principali Paesi, in attesa del dato aggregato che arriverà questa settimana. Francia, Spagna e Italia hanno registrato valori leggermente inferiori alle attese: in particolare, in Francia l’inflazione è scesa allo 0,8%, mentre in Italia si è attestata all’1,6%. Questo andamento, pur indicando una dinamica meno pressante dei prezzi, è accompagnato da segnali di debolezza della domanda interna, soprattutto in Francia, dove i consumi sono calati e l’incertezza politica e fiscale pesa sulle prospettive di crescita. Secondo i resoconti, la maggioranza dei membri Bce considera i rischi per l’inflazione “bilanciati”, giudicando robusta la scelta di mantenere il tasso di deposito al 2% dopo otto tagli consecutivi. L’orientamento generale è che l’economia dell’eurozona abbia dimostrato resilienza e che l’inflazione, pur oscillando leggermente, si mantenga ancorata al target. Tuttavia, non mancano le incognite, legate soprattutto all’andamento dell’euro, alle tensioni geopolitiche e agli effetti delle politiche commerciali statunitensi.
Sul fronte asiatico, infine, la Cina ha sorpreso i mercati con un cambio di strategia valutaria. La Banca centrale ha rafforzato lo yuan fissandone il valore al livello più alto da quasi un anno. Questa mossa è stata interpretata come il segnale di un approccio più rilassato e della volontà di favorire una graduale rivalutazione della moneta, dopo mesi di stabilizzazione forzata in risposta alla guerra commerciale con gli Stati Uniti. Lo yuan più forte può contribuire ad accrescere il potere d’acquisto delle famiglie cinesi e sostenere i consumi interni, oltre a rafforzare la posizione del Paese nei negoziati con Washington. Allo stesso tempo, l’apprezzamento della valuta rappresenta un messaggio positivo per gli investitori internazionali, alimentando la fiducia e stimolando i mercati finanziari locali.
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