La settimana delle obbligazioni: Bce e Fed, a voi!

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Questa settimana la Banca centrale europea si riunirà per decidere cosa fare con i tassi d’interesse. L’orientamento prevalente è quello per cui la Bce ha concluso il ciclo di tagli: dopo aver ridotto il tasso sui depositi fino al 2%, ora l’Istituto di Francoforte appare intenzionato a mantenere il costo del denaro al livello attuale ancora per qualche tempo. L’inflazione, lievemente sopra l’obiettivo del 2% (quello generale è al 2,1%, quella di fondo al 2,3% annuo), resta sostanzialmente sotto controllo, mentre la disoccupazione tocca minimi storici e la crescita, pur modesta, continua a mostrare segni di resilienza. In questo contesto, la Bce può permettersi il lusso di attendere, senza prendere decisioni, dato che per ora non c’è necessità di intervenire.
Non mancano, tuttavia, le tensioni interne alla Bce. Se i cosiddetti “falchi” (cioè coloro i quali non vogliono tagliare i tassi) trovano conforto nei dati macroeconomici, le “colombe” (chi i tassi li vorrebbe tagliare) continuano a segnalare rischi che potrebbero giustificare ulteriori mosse accomodanti. Bisogna quindi dichiarare la fine dei tagli? Se per la riunione di questa settimana il costo del denaro rimarrà fermo, ora di fine anno potrebbe ancora esserci spazio per un ultimo intervento (dello 0,25%). Dopotutto, bisogna ancora capire gli effetti dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea – senza contare che, come dimostrano le minacce di ritorsioni commerciali da parte del presidente Trump per la multa dell’Unione europea a Google, non sembra essere stato messo un punto fermo sulla questione dazi. Inoltre, nella riunione di giovedì potrebbero arrivare delle revisioni al ribasso per le stime su inflazione e Pil. A ciò si aggiungono le incognite politiche, in particolare la crisi francese, il cui impatto su mercati ed economia europea è ancora tutto da scoprire.
Settembre è, invece, il mese giusto per assistere al taglio dei tassi negli Stati Uniti. Il mercato del lavoro ha mostrato segnali di rallentamento nel mese di agosto, rafforzando così le aspettative di un possibile intervento della Federal Reserve. I dati pubblicati evidenziano infatti una crescita occupazionale più debole del previsto, con un numero di posti di lavoro creati nel mese di agosto inferiore alle attese. Tutto ciò si accompagna ad un aumento del tasso di disoccupazione e alle revisioni al ribasso dei dati di giugno e luglio, che indicano una dinamica meno solida di quanto inizialmente stimato. Un altro indicatore significativo legato al mondo del lavoro è il numero delle ore settimanali lavorate, che ad agosto è diminuito, segnalando una possibile domanda in calo da parte delle imprese. Con questi dati i mercati sono certi del taglio dei tassi dello 0,25% nella riunione di questo settembre. Addirittura, c’è una piccola parte del mercato, marginale, che punta su un taglio dello 0,5%. Inoltre, i rendimenti dei titoli di Stato Usa la scorsa settimana, in scia alla pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro, sono scesi, iniziando a scontare una riduzione del costo del denaro. Il rallentamento del mercato del lavoro potrebbe quindi rappresentare un punto di svolta nella politica monetaria americana.
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