La settimana delle obbligazioni: inflazione, prudenza e nuove incertezze

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
L’autunno si apre con segnali contrastanti sui mercati internazionali. In Europa, l’inflazione torna a muoversi con un leggero rialzo, negli Stati Uniti la politica blocca l’amministrazione pubblica (e bisogna vedere quali riflessi avrà sull’economia), mentre in Asia e Oceania prevale la cautela delle Banche centrali. Il mondo dell’economia sembra così sospeso tra la voglia di ripartenza e la necessità di prudenza.
Nell’eurozona, l’inflazione di settembre ha registrato un leggero aumento, dal 2% al 2,2%, trainato da energia e servizi. L’inflazione di fondo, esclusi alimentari ed energia, è rimasta stabile al 2,3%, segno di una dinamica dei prezzi ancora sotto controllo. La Banca centrale europea appare soddisfatta: i tassi restano fermi, con quello sui depositi al 2% e nessun intervento è previsto a breve. Le previsioni indicano un raffreddamento dei prezzi fino all’1,7% nel 2026, prima di una lieve risalita, sostenuta dagli investimenti pubblici in infrastrutture e difesa. Non vi sono, dunque, forti motivazioni per agire sul costo del denaro nell’immediato.
Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti affrontano un nuovo “shutdown”. Il Congresso non è riuscito a trovare un accordo sul bilancio federale, paralizzando temporaneamente i servizi pubblici non essenziali. Sanità, sicurezza e frontiere continuano a funzionare, ma molti dipendenti restano senza stipendio e il morale dei consumatori ne risente. Tuttavia, Wall Street non trema: gli investitori sanno che gli Stati Uniti hanno già vissuto crisi simili e confidano nella loro capacità di recupero.
In Asia, la Cina continua a fare i conti con una crescita fragile. Il settore manifatturiero resta in contrazione per il sesto mese consecutivo, mentre i servizi si fermano sulla soglia della stagnazione. Pechino prova a reagire con un maxi-pacchetto di stimoli da 500 miliardi di yuan per sostenere investimenti e occupazione. Il mercato immobiliare, però, resta il grande malato, e l’attesa si concentra sul vertice annuale del Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC), previsto dal 31 ottobre al 1° novembre in Corea del Sud, dove l’incontro tra Trump e Xi Jinping potrebbe ridisegnare le relazioni commerciali globali.
Sempre rimanendo in Asia, in India prevale la cautela. La Banca centrale (RBI) mantiene i tassi al 5,5%, in un contesto di rallentamento globale e dazi americani che pesano sull’economia. L’inflazione scende al 2,6%, mentre la crescita del Pil resta robusta, al 6,8%. Se le condizioni internazionali peggiorassero, la RBI è pronta a tagliare i tassi entro fine anno per sostenere la ripresa.
Anche in Australia la Banca centrale ha scelto la via della prudenza: tassi invariati al 3,6%, dopo tre tagli consecutivi. L’obiettivo è capire se la disinflazione stia davvero prendendo piede. Il rallentamento cinese e la geopolitica pesano sulle prospettive di crescita, ma la Reserve Bank of Australia preferisce aspettare, rimandando nuove mosse al 2026.
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