La settimana delle obbligazioni. Banche centrali: stabilità e moderazione
                    La settimana delle obbligazioni
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La scorsa settimana sono continuate le riunioni delle Banche centrali, tra cui non solo la Federal Reserve e la Bce, ma anche la Bank of Japan e la Banca centrale canadese.
Negli Stati Uniti, la Fed ha tagliato i tassi dello 0,25% portandoli tra il 3,75% e il 4%, ma il presidente Jerome Powell ha frenato le aspettative di ulteriori riduzioni, ricordando che la prossima mossa “non è affatto scontata”. L’inflazione core, cioè quella di fondo, resta vicina al 3% e il rallentamento del mercato del lavoro rende difficile trovare un equilibrio per sostenere la crescita senza alimentare nuove pressioni sui prezzi. La sospensione della riduzione del bilancio, cioè della riduzione del reinvestimento dei titoli che vanno in scadenza in possesso della Fed, prevista dal 1° dicembre, va letta come un segnale di prudenza e di attesa, in un contesto reso incerto anche dallo shutdown del governo federale.
Nel Vecchio Continente, la Bce ha lasciato i tassi invariati, confermando la strategia di attesa: una pausa che riflette il bilanciamento tra la necessità di consolidare la discesa dell’inflazione e quella di non soffocare la fragile ripresa economica, sulla quale, però, i dati della settimana scorsa possono far tirare un sospiro di sollievo. Nel terzo trimestre l’eurozona ha registrato una crescita dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti, un dato superiore alle attese. Su base annua, il Pil è salito dell’1,3%. Sul fronte dei prezzi, l’inflazione dell’area euro è scesa al 2,1% in ottobre, ma l’inflazione di fondo è rimasta stabile al 2,4%, evidenziando una certa persistenza delle pressioni sui prezzi, soprattutto nel settore dei servizi, dove si è registrata un’accelerazione dal 3,2% al 3,4%. Questi dati rafforzano la volontà della Bce di mantenere i tassi invariati per il prossimo futuro.
In Canada, la Banca centrale ha abbassato il tasso di riferimento al 2,25%, il livello più basso dal 2022, riconoscendo gli effetti negativi dei dazi statunitensi e di una domanda esterna debole. Il Governatore ha definito i tassi “sostanzialmente al livello giusto”, pur lasciando aperta la possibilità di ulteriori interventi se lo scenario dovesse peggiorare.
La Banca del Giappone (BoJ) ha deciso di mantenere il tasso d’interesse di riferimento allo 0,5%, in linea con le aspettative della maggior parte degli analisti. Tuttavia, all’interno del Consiglio direttivo si è registrato un dissenso crescente: due membri hanno votato a favore di un aumento allo 0,75%, segnalando un possibile cambiamento di rotta nelle prossime riunioni. La decisione arriva in un contesto politico nuovo, con Sanae Takaichi recentemente nominata primo ministro. Nota per le sue posizioni favorevoli a politiche monetarie espansive, la sua guida potrebbe influenzare le future scelte della BoJ.
Infine, in Cina l’indice PMI manifatturiero è sceso a 49 punti in ottobre, segnando la settima contrazione consecutiva. Il pacchetto di stimoli da 1 trilione di yuan non basta e Pechino potrebbe intervenire ancora con tagli ai tassi e misure di credito. Nel frattempo, riprendono i negoziati Usa-Cina, ma le divergenze su tecnologia e Taiwan limitano le prospettive di un accordo duraturo.
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