La settimana delle obbligazioni. Fed divisa e incerta: niente più taglio?
La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
I verbali della riunione della Federal Reserve del 28-29 ottobre 2025 tracciano un quadro di prudenza e divisione interna. La maggior parte dei funzionari ritiene opportuno mantenere invariati i tassi di interesse fino a fine anno, mentre alcuni mantengono aperta la possibilità di un ulteriore taglio a dicembre se l’economia dovesse confermare le attese. La decisione di ottobre ha portato, infatti, a una riduzione dello 0,25%, la seconda consecutiva, accompagnata però dal dissenso di due membri: uno favorevole a un taglio più deciso, l’altro contrario a qualsiasi modifica. Le divergenze restano, quindi, pronunciate tra chi teme un ritorno delle pressioni inflazionistiche e chi è più preoccupato per il mercato del lavoro. Powell ha ribadito che un nuovo taglio non è scontato e che le decisioni dipenderanno dai dati in arrivo. Tra gli elementi di incertezza, figurano anche i rischi finanziari legati alle elevate valutazioni di mercato, in particolare nel settore tecnologico e dell’intelligenza artificiale.
Se queste sono le dinamiche che hanno interessato la decisione della riunione di ottobre, in vista della riunione di dicembre le aspettative dei mercati sono cambiate rapidamente. Durante lo shutdown si attribuiva un 98% di probabilità a un nuovo taglio, ora invece tale stima è scesa al 35%, complice il mutato contesto.
Nel frattempo, c’è anche chi si è riunito per decidere cosa fare dei tassi. È il caso della Banca centrale dell’Indonesia, che ha deciso di mantenere i tassi al 4,75% per il secondo mese consecutivo: una scelta in linea con le aspettative di mercato. L’obiettivo principale di questa decisione è stabilizzare la rupia, che nel 2025 si conferma la valuta asiatica più debole, e favorire l’ingresso di capitali esteri in un contesto economico globale incerto. Il Governatore della Banca centrale ha lasciato intendere che in futuro potrebbero esserci tagli ai tassi, grazie alle prospettive di inflazione contenuta, stimata tra l’1,5% e il 3,5% nel biennio 2025-2026, e alla necessità di sostenere la crescita economica. Tutto, però, dipenderà dalla tenuta della valuta locale.
Infine, c’è la zona euro. Le nuove previsioni della Commissione europea delineano per eurolandia una crescita moderata, sostenuta dal miglioramento delle condizioni finanziarie e da mercati del lavoro solidi. Il Pil del 2025 è stato rivisto al rialzo dall’0,9% all’1,3%, grazie a un andamento migliore del previsto spinto da esportazioni anticipate in vista dei dazi, investimenti robusti e dalla forte performance dell’Irlanda. Per il 2026, invece, la crescita è stata rivista al ribasso all’1,2% a causa della minore competitività delle esportazioni. Le previsioni sull’inflazione parlano invece di un carovita al 2,1% nel 2025, mentre per il 2026 viene leggermente corretta all’1,9% per via dell’aumento dei prezzi dei servizi e degli alimentari, solo in parte compensato dall’energia più conveniente. E proprio rimanendo in ottica carovita, i dati di ottobre confermano un’inflazione dell’area euro al 2,1%, con contributi positivi da servizi, alimentari e beni non energetici, e un apporto negativo dall’energia. Cipro e Francia registrano i tassi più bassi, Estonia e Lettonia quelli più elevati.