Delisting
Che cos'è il delisting?
Il delisting è il processo attraverso cui le azioni di una società vengono rimosse dal listino di un mercato regolamentato, come la Borsa Italiana o altre principali piazze finanziarie internazionali. In altre parole, l’azienda cessa di essere quotata in borsa e le sue azioni non sono più negoziabili pubblicamente.
Questo evento può avvenire in due modalità principali: volontaria o obbligatoria.
Il delisting volontario è una scelta deliberata da parte della società, spesso approvata dal consiglio di amministrazione e, in alcuni casi, dagli azionisti stessi.
Il delisting obbligatorio, invece, è imposto dalle autorità di mercato o dalla borsa stessa, generalmente quando la società non rispetta più i requisiti minimi di quotazione, come ad esempio la trasparenza dei bilanci, il numero minimo di azionisti o la capitalizzazione.
Il processo di delisting è regolato da normative specifiche che variano da paese a paese, ma solitamente prevede una comunicazione ufficiale agli investitori e tempistiche definite per completare la rimozione dal listino.
Nella maggior parte dei casi, è prevista un’offerta pubblica di acquisto (OPA) sulle azioni residue da parte della società stessa o di un soggetto promotore, come un azionista di maggioranza.
Cosa succede quando avviene un delisting?
Quando un’azione viene delistata, smette di essere trattata su un mercato regolamentato. Questo significa che non sarà più possibile comprarla o venderla facilmente attraverso il normale canale di un broker o una piattaforma di trading. Le azioni non spariscono, ma diventano titoli non quotati, il cui scambio avviene su mercati secondari (OTC) o attraverso transazioni private.
Per il mercato nel suo complesso, il delisting rappresenta una riduzione della trasparenza e della liquidità legata a quell’azienda. I dati finanziari della società potrebbero diventare meno accessibili e i meccanismi di vigilanza meno rigorosi, poiché le regole per le società non quotate sono generalmente meno stringenti rispetto a quelle imposte alle aziende pubbliche.
Da un punto di vista operativo, la società delistata continua a esistere e a svolgere le sue attività, ma con una struttura diversa, in cui spesso la governance è più concentrata e meno soggetta alle pressioni del mercato.
Cosa succede agli investitori
Il delisting ha un impatto concreto su chi detiene le azioni della società interessata. In linea generale, gli investitori possono trovarsi in tre situazioni principali:
1. Accettare un’offerta pubblica di acquisto (OPA): in molti casi di delisting volontario, l’azionista di maggioranza o un investitore intenzionato a rilevare l’intera società lancia un’OPA sulle azioni residue. Questo dà agli azionisti di minoranza la possibilità di vendere le proprie azioni a un prezzo predeterminato, spesso con un premio rispetto al valore di mercato.
2. Mantenere le azioni non quotate: se l’OPA non è vincolante o se un investitore decide di non aderirvi, può conservare le azioni anche dopo il delisting. Tuttavia, questi titoli non saranno più facilmente liquidabili e potranno diventare difficili da vendere. Inoltre, i flussi informativi saranno meno frequenti, e ciò può influenzare la capacità di valutare il valore della partecipazione.
3. Vendita tramite mercati non regolamentati: alcune piattaforme permettono lo scambio di titoli non quotati, ma si tratta spesso di mercati meno efficienti, con volumi di scambio ridotti e una maggiore difficoltà nel trovare una controparte.
È importante sottolineare che il delisting non comporta automaticamente una perdita del capitale investito, ma può ridurre significativamente la liquidità del titolo e rendere più complesso il disinvestimento.
Perché le aziende lo fanno?
Le motivazioni che spingono una società a procedere con un delisting volontario possono essere diverse e, in alcuni casi, strategiche. Tra le più comuni ci sono:
- Riduzione dei costi di compliance: essere quotati comporta obblighi legali, contabili e amministrativi onerosi. Alcune aziende decidono di ritirarsi dal mercato per ridurre questi costi, soprattutto se i vantaggi della quotazione non compensano più gli oneri.
- Struttura più flessibile: la presenza sul mercato azionario impone alle aziende trasparenza e frequenti aggiornamenti sui risultati finanziari. Con il delisting, la società può gestire le proprie strategie con maggiore riservatezza e flessibilità.
- Controllo azionario più concentrato: spesso il delisting è parte di una strategia di acquisizione da parte di un azionista che desidera avere il pieno controllo dell’azienda, eliminando le quote di minoranza. Questo accade frequentemente quando il flottante (la percentuale di azioni sul mercato) è molto ridotto.
- Fusioni, acquisizioni o ristrutturazioni aziendali: alcune operazioni straordinarie comportano la necessità di uscire dal mercato regolamentato per facilitare una fusione o una riorganizzazione del gruppo.
Nel caso del delisting obbligatorio, invece, le ragioni sono legate a problematiche di conformità alle regole di mercato: situazioni di insolvenza, mancata pubblicazione del bilancio, o la perdita dei requisiti minimi richiesti dalla borsa (come una capitalizzazione troppo bassa o un numero insufficiente di azionisti).