Paura dell’Iva cattiva?
Data di pubblicazione 17 giugno 2013
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Tanto tuonò che alla fine piovve: con ogni probabilità l’Iva salirà dal 21% al 22%, come previsto oramai da molti mesi.
Tanto tuonò che alla fine piovve: con ogni probabilità l’Iva salirà dal 21% al 22%, come previsto oramai da molti mesi. Le risorse per disinnescare questo aumento automatico sembrano non esserci e visti i tagli promessi per l’Imu i margini di manovra per il governo restano assai ristretti. Uno degli effetti più immediati dell’aumento dell’Iva è il rincaro dei prezzi. L’1% in più da pagare allo Stato, infatti, non resta sul groppone dei venditori, ma finisce subito a pesare sulle tasche dei consumatori. C’è di buono che al momento i prezzi in Italia non sono molto caldi: l’ultimo dato dell’inflazione di maggio era l’1,1%, un livello da recessione che si pone tra i più bassi di sempre. L’Iva farà sì dei danni, ma nel giro di 12 mesi finirà perfino dimenticata dalle statistiche. In genere è così e noi siamo convinti che sarà così anche in futuro. Ma con un carovita basso non c’è da attendersi da qui a breve un rialzo dei tassi (quelli a lungo termine reagiscono alle attese di inflazione futura, più alte sono le attese, più salgono, e viceversa). Per questo motivo ti confermo la nostra strategia di investimento: acquista di preferenza obbligazioni in euro che scadono tra 10-15 anni. In questo modo ti porti a casa rendimenti netti che nei migliori casi arrivano al 3,7% netto annuo (è il caso dei BTp che su scadenze più brevi rendono circa la metà 1,8% netto da qui al 2016). Il 3,7% è oltre tre volte l’inflazione, e non ti porti neppure a casa grossi rischi che i prezzi di questi titoli si ritrovino a calare pesantemente a seguito di un rialzo dei tassi.