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Il valore del tempo

Secondo l'Istat un chilo di pane nel 1970 costava circa 10 centesimi di euro attuali, 50 centesimi nei primi anni '80, 1,2 euro a inizio anni '90.

Secondo l'Istat un chilo di pane nel 1970 costava circa 10 centesimi di euro attuali, 50 centesimi nei primi anni '80, 1,2 euro a inizio anni '90.

Data di pubblicazione 22 aprile 2024
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Secondo l'Istat un chilo di pane nel 1970 costava circa 10 centesimi di euro attuali, 50 centesimi nei primi anni '80, 1,2 euro a inizio anni '90.

Secondo l'Istat un chilo di pane nel 1970 costava circa 10 centesimi di euro attuali, 50 centesimi nei primi anni '80, 1,2 euro a inizio anni '90.

La realtà che ci circonda è in continua trasformazione: tutto scorre, dicevano gli antichi parafrasando le parole di Eraclito che di questo divenire ha fatto la somma di tutta la sua filosofia. Vediamo l’effetto del passare del tempo nel mondo fisico con l’invecchiare delle cose e col mutare di noi stessi. 

In economia lo vediamo soprattutto dalle dinamiche dei prezzi. Alla base c’è sia una percezione soggettiva, quella che ci fa pensare con nostalgia a quando un chilo di pane costava 2.300 lire (quasi 1,2 euro, siamo nel 1990) anziché 5 o 6 euro come ora, ma ci sono anche dati che vengono misurati dall’Istat per restituirci la realtà oggettiva degli effetti del tempo sul mondo economico. L’ultimo report pubblicato è la conferma che la corsa dei prezzi non è più quella di un anno fa: a marzo l’inflazione in Italia era all’1,2%, valore che si inserisce in un lungo percorso (tra alti e bassi) di moderazione dei prezzi. Non è un fenomeno solo italiano, ma è comune a tutta l’Europa, segno che la lotta ingaggiata dalla Bce per tenere a freno i prezzi funziona. Non è, infatti, un caso che si parli di tagli ai tassi europei che dovrebbero già iniziare giugno. In questo periodo, però, come potrete vedere in Detto tra noi, capita che ci sia chi propone sul mercato prodotti inflation linked, investimenti che promettono di proteggere i risparmi dall’inflazione. Probabilmente la speranza è che la clientela guardi al futuro con lo specchio retrovisore e immagini una replica delle fiammate dei prezzi che ci sono stati negli ultimi anni. Però, come detto, si tratta di previsioni non corrette. Insomma, i prezzi sono in calo e di prodotti inflation linked non c’è bisogno. E questo vale anche per via di alcune loro inefficienze, per esempio il fatto che la protezione dal carovita che promettono sia al lordo delle tasse e non al netto. Inoltre, vi ricordiamo che i bond che oggi vi consigliamo inglobano le attese d’inflazione futura nei loro rendimenti e hanno una durata abbastanza lunga da “scavallare” oltre i normali alti e bassi della dinamica di crescita dei prezzi. Anzi, a voler pensare male viene da chiedersi perché questi prodotti escano sul mercato proprio ora che l’aumento dei prezzi rallenta, mentre quando c’era rischio di fiammate inflazionistiche ne uscivano meno. È un modo un po’ distorto di dare valore al tempo.

Alessandro Sessa

Direttore responsabile Altroconsumo Investi