L’attenzione ai fattori ESG è cresciuta rapidamente anche nei mercati privati, che comprendono private equity, venture capital, debito privato, real estate e infrastrutture. Se in passato l’ESG era considerato soprattutto uno strumento di mitigazione del rischio, oggi è percepito come un vero motore di creazione di valore. Le evidenze lo confermano: oltre l’80% dei manager di private equity afferma che l’ESG ha contribuito direttamente alla creazione di valore almeno in alcune operazioni, mentre gli asset sostenibili a livello globale hanno superato i 30.000 miliardi di dollari. Questa evoluzione è sostenuta sia dalla pressione normativa – come SFDR e Tassonomia UE, insieme alle nuove regole in elaborazione in UK – sia dalla domanda degli investitori istituzionali, consapevoli che i fattori ESG influenzano in modo significativo il profilo di rischio e le performance delle aziende. Nonostante le difficoltà iniziali, dovute soprattutto alla minore trasparenza tipica delle società non quotate, oggi quasi tutti i gestori alternativi hanno adottato una policy ESG strutturata e l’85% integra già la sostenibilità in tutte le fasi del processo di investimento.
L’implementazione dell’ESG assume caratteristiche diverse a seconda delle asset class. Nel private equity la sostenibilità entra nel processo decisionale sin dalla selezione delle aziende target, attraverso checklist e metriche specifiche che valutano impatto ambientale, pratiche lavorative e qualità della governance. Grazie al controllo diretto sulle società partecipate, i fondi possono guidare l’adozione di strategie aziendali più sostenibili, introducendo piani di efficienza energetica, misure di diversità nel management e sistemi di governance più rigorosi. Nel venture capital l’ESG presenta sfide ulteriori: le startup spesso non dispongono ancora di strutture, risorse o politiche ESG mature e, avendo i fondi partecipazioni minoritarie, la capacità di incidere direttamente è più limitata. Per questo l’approccio del VC è più orientato al supporto e all’educazione delle giovani imprese, con strumenti, linee guida e iniziative collettive come VentureESG ed ESG_VC che aiutano a costruire pratiche sostenibili fin dalle prime fasi di crescita.
Nel debito privato l’ESG è sempre più parte integrante dell’analisi del merito creditizio. I gestori valutano i rischi ambientali, sociali e di governance dei potenziali prenditori perché questi fattori influenzano direttamente la loro solvibilità futura. La due diligence ESG è spesso molto approfondita e adattata alla specificità delle PMI finanziate, includendo verifica di passività ambientali, governance interna, tutela dei diritti umani e resilienza della supply chain. Sulla base di questa analisi vengono personalizzate le condizioni dei prestiti, ad esempio introducendo covenant ESG o strutturando finanziamenti sustainability-linked, nei quali il costo del debito diminuisce se l’azienda raggiunge obiettivi di sostenibilità. L’ESG diventa così un elemento essenziale sia per proteggere il rendimento aggiustato per il rischio sia per stimolare miglioramenti concreti nelle aziende finanziate.
Nel real estate e nelle infrastrutture l’integrazione ESG è particolarmente tangibile perché riguarda asset fisici con impatti ambientali e sociali diretti. Nel settore immobiliare l’attenzione è rivolta all’efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni, considerando che gli edifici sono responsabili di una quota significativa del consumo globale di energia e di CO₂. Le strategie includono l’adozione di energie rinnovabili, l’ottimizzazione dei consumi e la modernizzazione degli impianti. Gli investimenti infrastrutturali, allo stesso modo, incorporano criteri ESG valutando l’impatto ambientale, la resilienza climatica e l’effetto sulle comunità locali. La crescente domanda di spazi e progetti sostenibili ha portato all’emergere di un vero e proprio “green premium”: gli edifici certificati green registrano canoni di locazione più elevati e maggiore attrattività, mentre i progetti infrastrutturali ad alto contenuto ESG ottengono spesso finanziamenti a condizioni più vantaggiose. Anche in questi settori, la normativa – come le classificazioni SFDR – sta spingendo un numero crescente di fondi verso strategie formalmente allineate ai criteri di sostenibilità.