La settimana delle Borse: mercati con la scorza dura

Borse con la scorza dura
Borse con la scorza dura
Tre i temi che hanno caratterizzato la settimana delle Borse. Primo: le decisioni di politica monetaria da parte della Banca centrale Usa e di quella europea. Il rialzo dei tassi è stato in linea con le attese, ma la reazione in entrambi i casi non è stata particolarmente positiva. Nel primo caso, perché, nonostante le rassicurazioni, crescono i timori per una recessione, nel secondo perché non c’è stata alcuna apertura a una pausa nella politica di rialzo dei tassi (e il mercato continua a temere contraccolpi negativi di tale politica monetaria sulla crescita economica).
Secondo: la crisi delle banche regionali americane. La First Republic Bank, di cui ti avevamo parlato nello scorso numero, è stata definitivamente chiusa dalle Autorità americane e le sue attività sono state acquisite da JP Morgan (a condizioni di favore). Chi aveva azioni della First Republic Bank ha perso tutto. L’intervento, però, non è bastato a placare la tensione nel settore.
Terzo: i dati trimestrali societari che continuano, pur con qualche ombra, a fornire segnali nel complesso rassicuranti. Per questo, nonostante le inquietudini e i fallimenti, i mercati conservano una generale calma e il bilancio finale delle Borse mondiali è stato di un sostanziale pareggio (in euro e dividendi inclusi). Confermiamo le nostre strategie d’investimento.
L’inquietudine è stata alimentata anche dai dati sulla ripresa economica cinese: se i servizi sembrano correre, qualche rallentamento sembra emergere nell’attività manifatturiera. Questo, assieme ai timori sulla recessione negli Usa, si sono tramutati in un brusco calo del prezzo del petrolio (-5,2% quello brent a 75,35 dollari al barile). Di conseguenza i titoli del settore petrolifero sono stati tra i peggiori, perdendo il 2,9%. Consigliamo, al più, di mantenerli.
Non sorprende che il risultato peggiore della settimana sia stato registrato dalle azioni delle banche americane, mediamente scese del 5%. A trascinarle la speculazione sul fatto che anche altre banche regionali siano destinate a fare la fine della First Republic Bank. Le vendite si sono abbattute in particolare sulla Pacwest Bancorp (5,76 Usd; Isin US6952631033) dopo che il gruppo ha ammesso di valutare opzioni strategiche e di essere stata contattata da alcuni investitori – in molti ci hanno letto la ricerca di un compratore che possa salvarla. Le azioni hanno perso il 69% in quattro sedute, salvo rimbalzare dell’82% nell’ultima seduta sulla possibilità che le Autorità Usa introducano misure per contenere le scommesse al ribasso sui titoli bancari. Il bilancio finale è comunque di -43% e i rischi restano elevatissimi: ti consigliamo di stare alla larga dalle azioni Pacwest Bancorp.
Nonostante la paura dagli Stati Uniti, le azioni delle banche europee nel complesso hanno retto meglio, limitando il calo in settimana all’1% grazie ad alcuni buoni risultati trimestrali. Per esempio, le azioni Unicredit (18,94 euro; Isin IT0005239360) hanno addirittura chiuso in rialzo del 5,6% dopo che i conti hanno sorpreso in positivo per due motivi. Primo: la tenuta dei ricavi commissionali, malgrado un trimestre non proprio favorevole alle Borse. Secondo: la riduzione dei costi operativi rispetto a quelli del primo trimestre del 2022 e i limitatissimi accantonamenti per crediti a rischio, in controtendenza con quanto visto per altre banche europee. Il gruppo ha, così, rivisto al rialzo le previsioni per gli utili di fine anno. Se la crescita sostenuta dei ricavi della tradizionale attività bancaria era attesa, il contenimento dei costi e la tenuta della qualità della clientela è superiore alle attese e anche noi abbiamo rivisto al rialzo le stime sui risultati. Preferiamo, però, restare prudenti sul consiglio. Le incognite sono, infatti, molte: dal rischio di declassamento del giudizio di affidabilità dell’Italia – che penalizzerebbe i prezzi dei BTp che in generale tutte le banche italiane hanno in pancia e che, in genere, renderebbe più fosche le prospettive dell’economia italiana con conseguenze negative per l’attività bancaria – al rischio di una maggiore tassazione sulle banche che parrebbe essere in discussione a livello legislativo. Aggiungendo i possibili riverberi di una crisi bancaria negli Usa e le tensioni geopolitiche, confermiamo il nostro consiglio sulle banche italiane in generale: non sono azioni su cui investire. Di conseguenza, per quanto siano in termini di indicatori di convenienza correttamente valutate, se hai le azioni Unicredit in portafoglio, vendile.
Rialzo del 2,6% per le azioni Mediobanca (9,98 euro; Isin IT0000062957) dopo la notizia che le società del gruppo Caltagirone sono arrivate a possedere circa il 10% del gruppo (per andare oltre è necessaria l’autorizzazione della Banca centrale europea). La sensazione è che voglia tentare di ribaltare la guida del gruppo, un po’ come aveva provato a fare nei confronti di Generali (18,84 euro, Isin IT0000062072; mantieni). Allora, però, il tentativo era fallito e anche in questo caso non è detto che si riesca a ribaltare la situazione. Per questo, sconsigliamo di speculare sulle azioni Mediobanca. Anzi, vendile.
Tra i settori che meglio hanno retto in settimana c’è quello farmaceutico, che ha chiuso in rialzo dell’1%. A trascinarlo c’è stato il +8,1% di Eli Lilly (427,81 Usd; Isin US5324571083) dopo i risultati incoraggianti giunti da una fase avanzata di test per il trattamento di una fase precoce della malattia di Alzheimer. Nonostante il rialzo, le azioni restano correttamente valutate e se le hai puoi mantenerle. Calo dell’1%, invece, per le azioni Pfizer (38,49 Usd; Isin US7170811035) dopo che i ricavi del primo trimestre sono scesi del 26%. Il risultato, però, è dovuto alle minori vendite di vaccini e trattamenti contro il Covid-19 (atteso) e, al netto di questi, i ricavi salgono del 5%. Il gruppo conferma le prospettive per tutto l’anno, complici i lanci dei nuovi prodotti, e noi confermiamo il nostro consiglio sulle azioni: acquista.
Australia: -1,2%; +1,1%
Canada: -0,4%; +0,8%
Cina: +1,3%; +1,6%
Corea: invariata; +1,5%
Giappone: +1%; +2,3%
Indonesia: -1,7%; -1,4%
Messico: -0,3%; +1,2%
Regno Unito: -1,2%; -0,5%
Svezia: -1,3%; -0,3%
Stati Uniti: -0,8%; -0,5%
Svizzera: +1%; +1%
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