Investire nel sapere digitale
Investire nella didattica online
Investire nella didattica online
L’apprendimento online non è più un’alternativa marginale: è diventato un pilastro dell’ecosistema educativo contemporaneo. Oggi chi parla di educazione digitale si riferisce a un universo esteso e complesso che comprende app per l’apprendimento linguistico, marketplace di corsi, soluzioni per le scuole, piattaforme di formazione professionale e modelli ibridi capaci di integrare online e presenza in modo sempre più naturale. È un mercato globale che vale decine di miliardi di dollari e che continua a crescere sostenuto da una domanda crescente e da un ritmo incessante di innovazione.
L’evoluzione dell’educazione online segue un percorso sorprendentemente lineare. Nei primi anni Duemila compaiono i primi ambienti digitali dedicati alla didattica: Moodle, Blackboard e altri sistemi che oggi consideriamo parte della storia del settore. Erano piattaforme acerbe, poco intuitive e limitate dalla qualità delle connessioni dell’epoca, ma rappresentavano una novità dirompente: per la prima volta, parte dell’apprendimento poteva svolgersi al di fuori dell’aula.
Nella decade successiva, quella che va all’incirca dal 2010 al 2020, si verifica un vero salto di qualità con la nascita dei MOOC (Massive Open Online Courses, sono corsi universitari online gratuiti e aperti a chiunque, erogati via web da università e istituzioni, accessibili a un numero illimitato di partecipanti da tutto il mondo per acquisire nuove competenze, spesso con l'opzione di ottenere certificati). Coursera, edX e Udacity aprono corsi universitari a un pubblico globale, mentre piattaforme come Udemy democratizzano l’accesso alla formazione professionale permettendo a chiunque di pubblicare un corso. Sono anche gli anni in cui l’apprendimento da mobile si afferma come modalità quotidiana, e in cui la gamification, cioè l'apprendimento tramite gioco — resa popolare da app come Duolingo — trasforma lo studio in un’esperienza più coinvolgente.
Poi è arrivata la pandemia, che ha imposto un cambiamento repentino e improvviso ma, al tempo stesso, definitivo. La didattica a distanza nasce come risposta emergenziale, ma si trasforma rapidamente in un’opportunità per ripensare i modelli organizzativi. Scuole e università integrano stabilmente l’online, mentre l’intelligenza artificiale introduce strumenti che ridefiniscono il concetto stesso di personalizzazione: tutor virtuali, percorsi adattivi, contenuti generati sulla base delle esigenze del singolo studente. È il momento in cui il settore si professionalizza e attira investimenti, dando vita a nuove IPO e a un panorama competitivo più maturo.
Arrivati al 2025, l’educazione digitale appare come un settore estremamente vivace, caratterizzato da una crescita robusta e da una grande varietà di modelli. A livello globale esistono decine di società quotate che operano in questo comparto, con una capitalizzazione complessiva superiore ai 50 miliardi di dollari. Il mercato è alimentato da tre direzioni principali: il mondo consumer, sempre più affezionato a corsi online e app di apprendimento; le aziende, che considerano la formazione interna una leva strategica; e le istituzioni educative, che adottano piattaforme dedicate per affiancare l’insegnamento tradizionale.
La spinta tecnologica continua a essere il motore di questo ecosistema. L’intelligenza artificiale permette di creare percorsi personalizzati e di adattare i contenuti alle esigenze del singolo studente, mentre il micro-learning e la diffusione di contenuti brevi, ottimizzati per smartphone, rendono lo studio più compatibile con i ritmi di vita contemporanei. Non mancano, però, le complessità: la concorrenza è elevata, la dipendenza dal traffico organico rende il settore vulnerabile alle dinamiche dei motori di ricerca e la regolamentazione — soprattutto nel caso delle università for-profit — può rappresentare un ostacolo significativo.
Anche in Italia il panorama EdTech sta vivendo una fase di espansione importante. Per lungo tempo il Paese ha mostrato una certa prudenza nell’adozione delle tecnologie educative, ma gli ultimi anni hanno cambiato radicalmente la situazione. Le scuole e le università utilizzano sempre più spesso modelli ibridi, mentre le imprese investono con convinzione nella formazione dei propri dipendenti.
Il valore del mercato italiano ha superato i 2,8 miliardi di euro e continua a crescere con un ritmo di sviluppo superiore al 25% annuo. La maggior parte delle imprese che operano nel settore si concentra sulla produzione di software, piattaforme e soluzioni infrastrutturali, e si rivolge soprattutto al mondo aziendale e a quello educativo in senso stretto. Un dato particolarmente interessante riguarda gli investimenti: mentre a livello globale il flusso di capitale verso le startup EdTech ha subito un rallentamento, in Italia si registra un incremento, segno di una crescente fiducia nelle potenzialità del settore.
Restano comunque alcuni elementi critici, come il digital divide che continua a creare disparità nell’accesso alle tecnologie, o la necessità di potenziare infrastrutture, strumenti e competenze digitali. Tuttavia, il ritmo della crescita lascia immaginare un futuro in cui l’Italia possa diventare un laboratorio interessante per soluzioni educative localizzate e per modelli innovativi adatti al contesto europeo.
Le traiettorie che stanno delineando il futuro dell’educazione digitale convergono verso alcuni pilastri. La personalizzazione sarà sempre più centrale: grazie all’intelligenza artificiale, i percorsi formativi tenderanno ad adattarsi automaticamente alle esigenze individuali, rendendo lo studio più efficace e meno dispersivo. Parallelamente, la formazione continua diventerà un passaggio obbligato per tutti i professionisti, costretti a confrontarsi con un mercato del lavoro in rapido mutamento.
L’espansione nei mercati emergenti — dall’Africa al Sud-Est asiatico — offrirà nuove opportunità di crescita, mentre il settore tenderà probabilmente a consolidarsi attraverso acquisizioni e alleanze tra grandi gruppi. In un contesto così dinamico, la qualità tornerà a essere un criterio essenziale: piattaforme che offriranno contenuti certificati, risultati misurabili e modelli di business sostenibili avranno un vantaggio competitivo significativo.
I ricavi di Coursera (8,08 Usd; Isin US22266M1045), nel 3° trimestre di quest’anno, sono aumentati del 10% rispetto all’anno precedente, grazie al segmento dedicato agli utenti privati in crescita del 13% e l’utile industriale, nello stesso periodo, è cresciuto di circa l’8%. Resta, però, negativa la chiusura del trimestre, con una perdita di 8,6 milioni, seppure in miglioramento rispetto ai 13,7 milioni registrati un anno prima. Continuano a pesare sui conti dei costi strutturali rilevanti e una forte esposizione al segmento dei privati – singoli che acquistano abbonamenti o singoli corsi - che è più soggetto alle oscillazioni della domanda rispetto a quello aziendale. La revisione al rialzo delle previsioni per il 2025, con un fatturato atteso tra 750 e 754 milioni di dollari, è in linea con l’andamento del periodo, ma il raggiungimento di un equilibrio economico pieno dipenderà dalla capacità dell’azienda di consolidare i margini e ridurre la variabilità dei risultati. Secondo i nostri modelli di valutazione il titolo ha risultati nella media e momentum positivo. Inoltre, in base alle nostre stime, per il 2026 prevediamo risultati, migliori rispetto al settore di riferimento. Per questo motivo ti rinnoviamo il nostro consiglio: se hai già scommesso sul titolo, mantienilo in portafoglio. Se, invece, non l’hai comprato, ti consigliamo di non farlo ora.