Bisogna risalire al 2008 (era Presidente degli Stati Uniti G. W. Bush e si era appena dimesso l’ultimo governo Prodi) per trovare quando affrontammo per la prima volta il fenomeno crowdfunding. Allora (Soldi Sette n° 778) lo facemmo parlandoti del social lending (prestiti tra privati) di Zopa e Boober. Ne è passata di acqua sotto i ponti e la Consob ha perfino iniziato a regolare il settore tra le prime in Europa (vedi AF 1044). Oggi il crowdfunding è sempre lì, bello come il fai da te, attraente come la libertà, pubblicizzato come etico, ma… ancora non ci convince. Vediamo perché.
DI CHE SI TRATTA
Innanzitutto, un ripasso per chi è nuovo lettore: crowdfunding è una parola inglese che viene da (crowd = folla + funding = raccolta di soldi) e indica la raccolta di denaro tra privati per fare un investimento. Ci sono diversi tipi di crowdfunding, i più gettonati da noi sono due. Il primo è il già citato social lending (prestito sociale) per cui, tramite una piattaforma informatica, si dà la possibilità a piccoli risparmiatori di prestare denaro a chi ne ha bisogno. In genere la piattaforma fa in modo che questo avvenga ad un tasso d’interesse che rispecchia il rischio di chi prende i soldi. Il secondo è l’equity crowdfunding, una società che vuole finanziarsi per investire e crescere chiede denaro ai piccoli risparmiatori tramite una piattaforma informatica; è un’alternativa alla quotazione di Borsa. Non mancano altre forme di crowdfunding (per esempio nel settore degli immobili, vedi oltre), ma, grosso modo, queste due categorie ricomprendono tutte le altre. Pensa per esempio alle Ico (Initial coin offer), molto di moda solo qualche anno fa (vedi AF 1245) con cui per finanziare un progetto d’impresa si emettono delle criptovalute: di fatto erano una forma sui generis di equity crowdfunding.
Quanto sono saliti mediamente gli investimenti fatti dagli italiani con l’equity crowdfunding? Non è affatto facile definirlo, ma l’osservatorio crowdfunding del Politecnico di Milano ci ha provato. Trovi a questo link www.osservatoriefi.it/efi/wp-content/uploads/2020/10/italian_index44c2.pdf due grafici che descrivono un indice sintetico dell’apprezzamento dei titoli sottoscritti. Il dato è ad aprile 2020, e non sembra per ora particolarmente esaltante. C’è da dire che spesso si tratta di investimenti di lungo periodo e che forse è presto anche per giudicarli.
IL BELLO…
Sono investimenti in genere d’importo contenuto. Ti bastano anche 250 euro per diventare socio di un’azienda. Non ci sono spese e c’è pure qualche vantaggio fiscale per chi acquista quote di una società. Nel caso del social lending puoi investire i tuoi soldi (anche pochi per volta) a tassi più elevati di quelli di un conto deposito, con la sensazione di fare qualcosa di etico perché presti del denaro a chi ne ha bisogno per realizzare un progetto.
Per partecipare all’equity crowdfunding devi registrati alle piattaforme fornendo codice fiscale, carta d’identità, Iban da cui fare il bonifico per le quote e rispondere a un questionario per dimostrare dimestichezza con questi investimenti.
…IL BRUTTO
Innanzitutto, non sempre sono investimenti da cui puoi uscire con facilità. Prendiamo ad esempio l’equity crowdfunding. Se compri azioni di società quotate quando ti servono i soldi, le vendi in Borsa e stop. Nel caso di equity crowdfunding non hai azioni, ma sei solo iscritto al libro soci, per cui, se decidi di vendere le tue quote, devi prima trovare chi te le compra. E, ancora, non è affatto scontato che tu sappia a quale prezzo, tanto più che spesso si tratta di società giovani che non fanno utili, quindi non è neppure così facile valutarle. Veniamo al punto cruciale del problema. Non è così banale stabilire cosa c’è di buono e cosa non c’è di buono nelle attività dove vai a mettere i tuoi soldi. E questo cozza pesantemente contro un principio cardine dell’investire bene, “non capisco, non compro”. Attenzione non ti stiamo dicendo, quindi, che l’equity crowdfunding sia qualcosa da evitare, ma ti stiamo dicendo che per la sua complessità è solo apparentemente un fai da te adatto a tutti, ma si tratta di uno strumento per gente molto scafata. Un conto è andare all’Ikea e comprarsi una cucina da montare a casa (è il fai da te adatto a tutti, quello che consigliamo anche noi), un altro conto è andare a comprare degli assi di legno, sega e chiodi e costruirsi la cucina da soli, siamo a un livello che va oltre il comune fai da te e che richiede un po’ di professionalità. Lo stesso problema si pone con il social lending. Di fatto finisci per fare tu la banca. Certo i soldi che presti sono spesso suddivisi tra tanti debitori (questo abbatte il rischio), ma di fatto sei costretto a fidarti delle valutazioni dell’intermediario - quando ci sono - e a sperare che tutto vada bene. E fin qui, con la Bce che sostiene i mercati, è andata bene, perché si è cercato di contenere la crisi economica il più possibile, nonostante il Covid, ma non sappiamo che cosa ci riserva il futuro. Anche qui il principio “non capisco, non compro” dovrebbe essere un faro nei tuoi movimenti.
Nel tempo abbiamo dedicato molti articoli al crowdfunding. Per esempio, in AF 1338 e in AF 1346 ci siamo occupati di due casi di social lending. Per quanto siano passati un paio di anni se vai rileggerti questi articoli puoi farti un’idea di quali sono le difficoltà a cui va incontro un risparmiatore quando deve comprendere esattamente come funzionano queste forme di investimento. Usali come bussola per fare le tue considerazioni quando ti trovi di fronte a casi analoghi.
Da tempo ti diciamo che non siamo particolarmente positivi circa il futuro del settore immobiliare in Italia. Se vuoi approfondire il nostro pensiero in merito in AF 1385 abbiamo esaminato la situazione alla luce anche del calo demografico del Bel Paese.
Un esempio pratico
Quello che ti abbiamo detto ti sembra ancora vago? Prendiamo un esempio, tra i tanti, Rendimento etico (www.rendimentoetico.it): è un portale che ti dà accesso al crowdfunding immobiliare (insomma non investi in azioni, ma rientri nella casistica dei prestiti a cui abbiamo accennato prima). Presti i tuoi soldi (minimo 500 euro) per finanziare un’operazione immobiliare. In molti casi puoi aiutare chi sta perdendo la casa a ricomprarsela prima che finisca all’asta (da qui l’elemento “etico”, anche perché nella vita normale è difficile che capiti di prestare dei soldi a chi non ha potuto ripagare un mutuo). Quando (e se) l’operazione immobiliare va a buon fine incassi la tua parte di capitale e di guadagno. Ovviamente, se l’operazione immobiliare non parte i soldi versati ti tornano indietro così com’erano. Dal punto di vista delle tasse se guadagni ti viene trattenuto il 26% a titolo d’acconto e poi ti viene data la documentazione da dare al tuo commercialista che vedrà il da farsi per i passaggi successivi (eh, sì, anche qui ti tocca il fai da te, le gioie e i dolori del fai da te vanno tutte insieme…). Non investi, ovviamente, al buio, questo portale ti promette, una volta che sei iscritto, di consultare tutta una serie di documenti con cui potrai valutare l’investimento. Esempi? Planimetrie, business plan, accordi coi creditori… Qui viene il problema. Se sei sicuro di capirne qualcosa, allora puoi procedere. Ma non siamo tutti geometri e palazzinari: il problema non è la bontà o meno della proposta, ma, in primo luogo, se ti senti capace di valutare la qualità di un progetto immobiliare sito in un luogo dove magari non sei neppure mai stato e, in secondo luogo, se ti senti capace di valutare se il rendimento offerto (in genere è indicato con una percentuale annua che può essere anche alta tipo il 9% lordo annuo) è tale da premiare il rischio del tuo investimento in maniera adeguata e in linea con le tue caratteristiche di investitore più o meno prudente, più o meno avventuroso. In genere, tra l’altro, se un rendimento è buono o meno lo puoi sapere solo confrontandolo con i rendimenti offerti da investimenti simili. Pensa all’esempio di un conto deposito che ti dà lo 0,2% lordo annuo. È buono? Se lo confronti con i rendimenti dei titoli di Stato di pari durata c’è da leccarsi i baffi. Se il confronto lo fai con gli altri prodotti che ti proponiamo a pagina 13, è un rendimento basso. Bene sei sicuro di poter fare queste valutazioni in ambito immobiliare? Se la risposta a tutte queste domande è sempre sì, investire col crowdfunding immobiliare potrebbe darti belle soddisfazioni, ma se solo una delle risposte a queste domande è no, devi mettere in conto che ti stai muovendo in terra inesplorata. Uomo avvisato…
La valutazione della bontà di un impiego del tuo denaro passa quasi sempre dal confronto con investimenti simili. Questo è sempre possibile quando hai davanti prodotti finanziari “standardizzati” e facili da reperire come le obbligazioni, le azioni e i fondi comuni. Quando entri nel mondo del crowdfunding tutto questo percorso diventa molto più accidentato.
COSA NE PENSIAMO?
Il crowdfunding è una bella forma di investimento, moderna e piena di opportunità. Per sua natura è una realtà frammentata in mille progetti, difficile da valutare e rischiosa. Se non temi di finire in rosso pur di portare a casa qualche soldo in più dai tuoi investimenti, e se contemporaneamente disponi di tempo per studiare a fondo i progetti e di competenze tecniche per valutarli, è una opportunità imprenditoriale che puoi avvicinare. Se, invece, non hai troppo tempo per curare i tuoi investimenti, o te ne manca la voglia, o sei conscio di non avere competenze tecniche specifiche, o anche se solo non sei avventuroso (ricorda sempre che rendimenti elevati vogliono dire rischi elevati), forse questo mondo non fa per te.
Prima di investire controlla sempre qual è la liquidabilità del tuo investimento, ossia quando puoi avere indietro i tuoi soldi se decidi che ti servono. Ricorda che con i prodotti quotati su una Borsa valori l’attesa è generalmente di due giorni. Un vantaggio a cui siamo abituati e a cui non facciamo più caso, ma non per questo da sottovalutare.