In principio fu la macchina a vapore, poi vennero la catena di montaggio e l’elettricità. In tempi più recenti sono saltati fuori i computer e con essi l’automazione industriale. Oggi (quarto salto in avanti tecnologico nella storia dell’umanità, secondo questa narrativa, da cui il termine 4.0) si parla di sistemi dove l’automazione integra le nuove tecnologie e dove l’industria diventa smart factory cioè una linea di produzione in cui sistemi fisici e informatici si parlano e sono connessi tra di loro. Hai presente il frigorifero intelligente che ti ordina il latte quando è finito, o la telemedicina? Hai presente i temi di cui ti parlammo ormai 4 anni fa al nostro FestivalFuturo La rivoluzione delle cose? Ecco, siamo più o meno nello stesso ambito, ma applicato all’industria.
Ora puntiamo i riflettori su di una azienda che rivendica di porsi sulla frontiera di questo cambiamento. Si chiama B4Chem. Che cosa fa? Ha brevettato un reattore chimico (in pratica un contenitore dove avvengono le reazioni chimiche) automatizzato che crea un ambiente controllato (cioè dove non ci sono interferenze esterne) in cui si possono miscelare reagenti chimici indipendentemente dal volume di reazione.
Questo reattore chimico si chiama OnePot. L’idea è che con questo OnePot c’è la possibilità di riprodurre subito i risultati di un processo chimico sia in fase di ricerca e sviluppo sia in fase di produzione. Insomma, il massimo della flessibilità. Chi potrebbe essere interessato? Chi produce detergenti, colori, fertilizzanti e via dicendo, ossia aziende farmaceutiche, aziende chimiche o anche università e centri di ricerca. La società pensa di venderlo o noleggiarlo. Ce ne sono più versioni, da 1 litro (sarà venduto a 18.000 euro) a 100 litri (in vendita a 100.000 euro).
Parliamo di soldi…
B4Chem sta raccogliendo denaro tramite www.backtowork24.com/. Spera di raccogliere almeno 150.000 euro (soglia già superata mentre ti scriviamo) e se va bene addirittura 500.000 euro. Tu ci puoi investire a partire da 500 euro (quote di tipo B, quelle senza diritto di voto), e se ci metti 15.000 euro puoi comprarti quote di tipo A (con qualche diritto in più). Anche qui perché l’offerta sia valida (sennò ti tornano indietro i soldi) deve metterci i quattrini almeno un investitore professionale.
Come in altre offerte di questo tipo, finisci per avere in mano un investimento illiquido che potresti non rivendere molto facilmente. La società spera comunque che tra il 2025 e il 2026 tu possa avere indietro i tuoi soldi o perché viene quotata all’AIM (un settore di Borsa), o perché viene acquistata da un'altra importante azienda del settore, o perché i fondatori si ricomprano le quote.
Ma B4Chem che conti ha? Nel 2020 fatturava meno di 90.000 euro producendone, però, 6.000 di utile. Da qui al 2025 prevede di fatturare tra i 5,7 e i 7,1 milioni di euro e di avere un utile tra 1,9 e 2,4 milioni di euro (la cifra più bassa è se raccoglie 150.000 euro col crowdfunding e quella più alta è se ne raccoglie 500.000).
Un business plan molto dettagliato
Che si tratti di qualcosa di comunque complesso da valutare lo si evince dalla corposità della documentazione. Il Business plan è dettagliato in 200 pagine. Quindi, se sei interessato a questa e hai magari competenze specifiche nel settore chimico, oltre che una testa da imprenditore, puoi scaricartelo dal sito della vetrina di crowdfunding a cui abbiamo fatto cenno prima. In questa sede riprendiamo l’analisi SWOT che hanno pubblicato. Che cos’è l’analisi SWOT? Uno schemino che si usa spesso nelle aziende. Hai presente quando da ragazzo ti mettevi con carta e penna su un foglio diviso in due ed elencavi su due colonne pro e contro di una scelta che dovevi fare? L’analisi SWOT è la stessa cosa, solo che il foglio è diviso in 4 con le seguenti voci contrapposte tra loro a coppie: punti di forza e punti di debolezza, opportunità e minacce. B4Chem tra i punti di forza indica per esempio le conoscenze tecniche del suo team, e il fatto che lo stesso team ci abbia messo i propri soldi, il fatto di avere già un prototipo del suo reattore e un brevetto, i suoi legami con le università e il fatto di avere sede in Calabria (se ci sono interventi statali a favore del Sud ne approfitta). Tra i punti di debolezza indica che sono degli sconosciuti nel loro mondo e che hanno poco tempo a disposizione e poche persone per portare avanti tutto il progetto. Opportunità? Mercato in crescita, finanza agevolata, necessità dei clienti di allinearsi a requisiti di sostenibilità, inserimento nel MEPA (mercato della pubblica amministrazione). Minacce? Plagio, là dove non sarà esteso il brevetto, riduzione degli investimenti e scarsità delle fiere a cui proporre il prodotto per via della pandemia, il fatto che le università sono dei clienti che pagano a rilento, le certificazioni CE e il fatto che con ogni legge di bilancio cambiano le agevolazioni. Questo è solo un sunto dell’analisi SWOT, la versione completa la trovi a pagina 129 del Business plan. Può essere una buona palestra che puoi usare per farti un’idea delle prospettive future della società. Dal canto nostro possiamo solo dirti che se poi decidi di tentare l’avventura è senz’altro una scommessa non adatta al buon padre di famiglia. Puoi perderci tutto.
Se decidi di investire in una startup innovativa devi saperti destreggiare nella documentazione che ti viene fornita. Negli scorsi numeri di Altroconsumo Finanza ti abbiamo dato qualche spunto di riflessione sulla documentazione che ti viene messa a disposizione. Sfruttali per capire come affrontare da solo le startup innovative che ti interessano.
Le campagne di crowdfunding possono anche non andare bene. Hotelpulito, di cui ti abbiamo parlato in AF 1406, per esempio, alla fine si è conclusa raccogliendo solo 4.500 euro contro la soglia minima di 75.000 euro richiesti.
IL CURRICULUM VITAE DEGLI IMPRENDITORI
Quando investi in una startup innovativa, insieme alla descrizione del progetto che finiresti per finanziare, il curriculum vitae (CV) è uno dei pochi elementi che hai a disposizione per capire chi sono le persone a cui dai in mano i tuoi soldi. Occhio, dunque, al ruolo che hanno le persone coinvolte nella società e a quello che hanno avuto in passato durante i loro lavori precedenti; è coerente con il ruolo che verrà svolto nella startup? E occhio pure alla durata di ogni impiego per capire l’esperienza accumulata e quanto siano sia stati “fedeli” alle società per cui hanno lavorato; le responsabilità sono state crescenti? E ancora, occhio alla reputazione delle aziende per cui hanno lavorato: può essere occasione per fare ulteriori ricerche. Aver lavorato per aziende complesse e strutturate può far pensare a una esperienza più all’avanguardia, viceversa aver lavorato per imprese piccole può significare competenze, magari meno profonde, ma più trasversali rispetto a diverse funzioni. Infine, vale la pena farsi pure una ricerchina online per valutare anche la presenza sui social, in particolar modo quelli di tipo lavorativo (es. Linkedin) da cui possono risultare collegamenti con altre figure di riferimento e informazioni che sono sfuggite sul CV.