Ogni società che produce beni o servizi, insieme a questi vende spesso anche dei valori e una immagine. Questo è importante su più fronti. Uno, banalmente, è il contributo all’attrattiva dei suoi prodotti sul mercato, per cui cercherà di sottolineare per esempio la qualità di ciò che produce, o il suo basso impatto ambientale, in modo da offrire alla clientela anche un valore immateriale. Un altro fronte è quello degli investitori che vanno convinti della bontà del progetto o comunque di tutti gli agenti che possono aver impattare sulla società (pensiamo per esempio all’importanza di buone relazioni con i governi da parte di una impresa mineraria).
Storytelling: una attività strutturata e non casuale
Qui ci concentriamo con ciò che viene fatto a fronte dei potenziali investitori in crowdfunding e in particolare su quell’elemento fondamentale per far emergere l’immagine di imprese nuove e che si chiama storytelling.
Lo storytelling (raccontare una storia) è una attività ben precisa e strutturata volta a costruire un racconto coerente, coinvolgente e credibile attorno a un’azienda, al suo team e alla sua visione del mondo. Aiuta a immaginare il futuro successo del progetto e a proiettarcisi al punto da sentirsi parte della sua realizzazione. Lo storytelling è necessario, dicevamo, anche alle grandi società consolidate, pensate per esempio Eni, tuttavia, nel caso di grandi società come Eni, abbiamo anche una lunga storia di bilanci certificati significativi. Quindi per gli investitori lo storytelling passa facilmente in secondo piano, ma nel contesto del crowdfunding, dove non ci sono che pochi dati e dove i bilanci sono spesso in perdita come è normale che sia per tutte le società che sono neonate è proprio lo storytelling che assume il ruolo di guida e di ponte tra l’idea presente e le dinamiche di guadagno future che possono renderla appetibile.
Emozioni e non numeri
Lo storytelling, però, parla alle emozioni prima che ai numeri e quindi si concentra innanzitutto sul volto umano della startup. Se ci seguite e avete visto i progetti che di volta in volta abbiamo preso in esame, avrete notato che molto viene detto a partire dai curriculum vitae dei fondatori della startup e delle persone chiave. Pensate un po’ a come la figura carismatica e preparata di un grande manager come Marchionne ai tempi potesse essere rilevante per la percezione delle prospettive del titolo Fiat per un piccolo investitore. Il processo è simile. Questo aiuta a immedesimarsi nel progetto e a far scattare empatia e fiducia nei confronti delle persone chiave.
Aggiungiamo a questo poi la narrazione su altri elementi etici del business e l’inevitabile patina “green” oggi molto di moda e il gioco è fatto.
Il rischio, però, è appunto quello di non vedere chiaramente il progetto in tutti i suoi aspetti. Innanzitutto, la possibilità (reale) che la scommessa vada male, ma anche il confronto tra le attese di crescita (spesso spinte) e il rischio che non si avverino, sbilanciato a favore delle prime. Inoltre, ed è qui il punto fondamentale, c’è il rischio di investire più con la pancia che con la testa. Vero che i bilanci di una società neonata sono spesso poco significativi, ma aiutano almeno a capire se le risorse in gioco sono sufficienti o meno a portare avanti un progetto pur buono. Insomma, sono tutti elementi che sfuggono allo storytelling, ma che restano cruciali.
Come difendersi e investire con la testa?
Ovviamente facendo attenzione alle varie forme di autoinganno che sorgono spontanee quando investiamo. La prima è quella di essere troppo ottimisti sulla scia dell’entusiasmo. La seconda è quella di non confondere il carisma dei leader con il progetto in sé. Un leader visionario è necessario per avere successo, ma non è sufficiente. La terza è di evitare di cercare nella documentazione che contiene lo storytelling solo le idee e i concetti che confermano le idee che abbiamo già sull’affare. Dobbiamo cercare piuttosto di far risaltare i nostri dubbi, cosa non facile. La quarta è sapere che comunque noi non controlleremo nulla dell’investimento: ci mettiamo i soldi e poi siamo in mano ad altri fino al momento del disinvestimento che è comunque dopo alcuni anni. La quinta è stare attenti alle valutazioni cosiddette pre-money e alle previsioni: non devono essere un punto di riferimento rigido nelle nostre valutazioni. Sono spesso solo ipotesi.
Diversificate sempre!
Sopra tutto resta la consapevolezza fondamentale che anche di fronte a un buon storytelling noi stiamo scommettendo su qualcosa che non è liquido ed è rischioso, per cui mettiamoci sempre piccole somme che possiamo anche perdere e diversifichiamo su più progetti. Se abbiamo 10.000 euro da dedicare al crowdfunding, meglio metterne 500 in 20 singoli progetti che 5.000 in soli due progetti. Le idee sul mercato non mancano e noi potremo investire con calma.