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Il settore del lusso va a sbattere contro la Grande Muraglia

Secondo alcuni osservatori i consumatori in Cina sono soggetti al "luxury shame", vergogna del lusso. In momenti di economia che non corre, può capitare, infatti, che anche chi non ha problemi di portafoglio, preferisca evitare di ostentare la propria ricchezza.

Secondo alcuni osservatori i consumatori in Cina sono soggetti al "luxury shame", vergogna del lusso. In momenti di economia che non corre, può capitare, infatti, che anche chi non ha problemi di portafoglio, preferisca evitare di ostentare la propria ricchezza.

Data di pubblicazione 17 luglio 2024
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Secondo alcuni osservatori i consumatori in Cina sono soggetti al "luxury shame", vergogna del lusso. In momenti di economia che non corre, può capitare, infatti, che anche chi non ha problemi di portafoglio, preferisca evitare di ostentare la propria ricchezza.

Secondo alcuni osservatori i consumatori in Cina sono soggetti al "luxury shame", vergogna del lusso. In momenti di economia che non corre, può capitare, infatti, che anche chi non ha problemi di portafoglio, preferisca evitare di ostentare la propria ricchezza.

Il rallentamento dell’economia e una morale pubblica più sobria stanno frenando il settore il settore in Cina.

Il fenomeno si chiama luxury shame, vergogna del lusso, ed era stato osservato ai tempi del crack Lehman: in momenti di crisi economica, può capitare che anche chi non ha problemi di portafoglio, preferisca evitare di ostentare la propria ricchezza. Secondo molti osservatori è quanto accade oggi in Cina. Se negli ultimi vent’anni l’impressionante arricchimento del Paese ha portato alla nascita di classi agiate inclini alla spesa nel lusso, il lento peggioramento delle prospettive invita tutti a una maggiore prudenza, anche chi i soldi li ha. Il che è in linea con i più recenti intenti moralizzatori del governo che sta cercando di evitare gli eccessi di ostentazione. E se lusso deve essere le scelte ricadono su forme più discrete e meno visibili.

ALCUNI ESEMPI PRATICI

Questo problema sta impattando sugli attori del settore che avevano approfittato dell’appetito di lusso dei Cinesi e per espandersi in mercati al di fuori dell’Occidente. Ma i grandi nomi ad avere problemi non sono solo questi. Il colosso svizzero Richemont (138,35 franchi svizzeri al 16 luglio; Isin CH0210483332) ha annunciato che per il 2° trimestre 2024 le vendite son scese dell’1%, nonostante il boom in Giappone (+42%), e una crescita discreta in Americhe (+11%) e Medio Oriente e Africa (+9%) e la buona tenuta in Europa (+4%). Il -19% in Asia-Pacifico (dovuto al crollo del 27% in Cina, Hong Kong e Macao) che un anno fa valeva ben il 42,2% delle vendite ha avuto il suo peso. Il colosso francese LVMH (692,10 euro al 16 luglio; Isin FR0000121014) renderà noti i risultati per il 2° trimestre proprio in questi giorni, ma già nel primo, commentando dati di vendite un po’ stagnanti (-2%), dopo aver elencato le aree in cui le vendite erano andate bene se ne era uscito con un sibillino il resto dell'Asia riflette la forte crescita della spesa dei clienti cinesi in Europa e Giappone… come a dire che i cinesi non avevano speso in Cina. Per il trimestre chiuso a giugno Burberry (704,6 pence al 16 luglio; Isin GB0031743007) ha parlato di un -21% in Cina solo in parte compensato dalla crescita degli acquisti cinesi fuori dalla Cina.

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La crescita economica cinese è stata del 9,5% nel 2010, dell’8,5% nel 2011, del 7,5% nel 2012 e 2013, poi del 7,2% nel 2014, continuando a calare, ma restando sopra il 5,5% fino al 2019. Col Covid è crollata all’1% nel 2020 e rimbalzata dell’8,4% nel 2021, ma da allora i dati sono stati tra il 4% e il 5%. Prevediamo che dal 2027 si assesti sul 3% medio annuo. La sensazione che gli anni della ricchezza facile siano terminati è, dunque, palpabile.
Il luxury shame non è una novità: nell’antica Roma si promulgavano le cosiddette leggi suntuarie (per esempio la lex Oppia del 215 a. C.) per limitare l’ostentazione del lusso. Da noi, nel Medio Evo è stato tutto un fiorire di simili leggi. Sono tutti tentativi moralizzatori validi in particolar modo in tempo di crisi (non dimentichiamo che nel 215 si era in piena seconda guerra Punica e che il disastro di Canne di un anno prima aveva creato panico a Roma; Annibale vagava quasi indisturbato per l’Italia).