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Questa settimana cambiano i nostri portafogli
Questa settimana cambiano i nostri portafogli
Novembre ha visto un positivo “effetto Trump” sulle Borse che han messo su il 6,1% trainate da Wall Street (+9,5%) che approfitta di un rafforzamento del dollaro (+2,8%). In tabella trovi le altre variazioni di Borse e bond.
Andamento delle Borse nel mese di novembre (in euro e dividendi inclusi) | |||||
Australia | 6,10% | Corea del Sud | -2,20% | Messico | 0,40% |
Brasile | -2,80% | Giappone | 3,60% | Svizzera | 0,80% |
Canada | 8,70% | Gran Bretagna | 4,40% | Usa | 9,50% |
Cina | -2,20% | Indonesia | -8,30% | Mondo | 6,10% |
Andamento delle obbligazioni nel mese di novembre (in euro e dividendi inclusi) | |||||
Cina (titoli di Stato) | 1,90% | Giappone (titoli di Stato) | 3,60% | Usa alto rendimento | 3,90% |
Euro | 1,80% | Norvegia (titoli di Stato) | 4,50% | Usa societarie | 4,00% |
Euro alto rendimento | 0,50% | Usa (titoli di Stato) | 3,60% | Mondo (titoli di Stato) | 3,10% |
In questo contesto, come preannunciato, non ci illudiamo che il trend positivo duri per sempre. I dazi promessi da Trump rischiano di impattare sull’attività economica mondiale. Abbiamo pensato, quindi, di iniziare a far calare la quota di azioni presenti in tutti i nostri portafogli di un 5% e di sfruttare le prospettive di rafforzamento del dollaro, nonché i rendimenti Usa (5,1% il mercato corporate Usa contro il 3,1% di quello dell’eurozona) investendo in bond societari Usa con Spdr Bloomberg 1-10 years US corporate bond (29,94 dollari Usa; Isin IE00BYV12Y75). Questo passa per un calo della presenza dei titoli giapponesi: escono dai nostri portafogli le obbligazioni in yen e si dimezza dal 10% al 5% la quota di azioni della Borsa di Tokio. Vediamo il motivo di questa scelta.
Perché cala il peso del Giappone nei nostri portafogli?
Dopo le ultime elezioni, il Partito liberal democratico del premier Ishiba ha perso la maggioranza parlamentare. In mancanza di alternative, nel periodo che ha seguito le elezioni è stato chiaro che Ishiba sarebbe rimasto primo ministro, ma a guida di un Governo di minoranza che deve avere ogni volta l'appoggio dei piccoli partiti, il che ostacola la continuazione delle riforme. La politica giapponese ha ripreso vecchie ricette per sostenere l’economia, con un aumento della spesa di 21.900 miliardi di yen (136 miliardi di euro). Tra gli obiettivi: un assegno una tantum di 30.000 yen (186 euro) alle famiglie a basso reddito, con un bonus di 20.000 yen per figlio.
Per contenere l'inflazione (al 2,3%), riprenderanno, inoltre, le sovvenzioni per ridurre i prezzi di gas e elettricità. Per appoggiare i piani del Governo i piccoli partiti han chiesto costose misure e sul tavolo c’è una riforma fiscale che alzerebbe il tetto dei redditi esenti da imposte riducendo le entrate pubbliche fino a 8.000 miliardi di yen (50 miliardi di euro) l’anno. Tra sgravi fiscali e aumento della spesa il debito pubblico, già ad oltre il 250% del Pil, è destinato a gonfiarsi ancora. Finora la Banca del Giappone lo ha finanziato acquistando titoli di Stato e tenendo i tassi a 10 anni vicino allo 0%. Questo ha spinto lo yen ai minimi, con più svantaggi che vantaggi (salgono i prezzi delle importazioni e l’inflazione). Per questo la Banca del Giappone aveva alzato i tassi due volte, portandoli da -0,10% a +0,25%, e consentito a quelli a lungo termine di salire oltre l’1%. Era una buona mossa, perché i tassi bassi avevano contribuito a tenere in vita aziende non innovative.
Ora, però, il ritorno alla crescita del debito costringerà le Autorità monetarie a rivedere la propria strategia e il rinnovamento dell’economia tarderà. Dopo un +0,2% nel 3° trimestre, l'economia è in stallo per i consumi deboli. Il piano fiscale aiuterà la domanda interna, ma sarà un miglioramento di breve termine a scapito delle riforme e della crescita a lungo termine. Per questo, ci attendiamo più volatilità finanziaria e il rischio che lo yen scenda. Questa prospettiva ci spinge a far uscire i bond in yen dai nostri portafogli: vendi Ubs Japan Treasury 1-3y (1.161,44 yen; Isin LU2098179695, il consiglio era acquista). Inoltre, riduciamo le azioni quotate a Tokio dal 10% al 5%.
Perché abbiamo scelto i bond societari in dollari Usa? |
Il ritorno di Trump ha avuto un impatto enorme anche sui mercati obbligazionari. I dazi aumenteranno il prezzo dei prodotti importati. I controlli sull'immigrazione ridurranno la disponibilità di manodopera in un momento in cui la disoccupazione è bassa, spingendo i salari. Meno tasse e salari più alti stimoleranno i consumi, ma anche l'inflazione e i tassi si adegueranno al carovita rendendo il dollaro più appetibile per gli investitori imponendo al resto del mondo di agire di conseguenza. Le politiche di Trump sono una sfida enorme per chi lotta con una domanda debole nei propri mercati nazionali. Ne conseguirà una concorrenza spietata tra Paesi esportatori e in questo contesto svalutazioni competitive delle monete sono possibili e potrebbero portare a guerre sul mercato dei cambi. Ci attendiamo turbolenze e riteniamo che nei prossimi tempi i fondamentali delle monete, l'inflazione e l'evoluzione della parità del potere d'acquisto conteranno poco. In tale scenario, riteniamo che i Paesi con monete sottovalutate non si fermeranno davanti a nulla per tenerle sottovalutate, dando loro un vantaggio competitivo. Pertanto, abbiamo fatto “girare” i nostri modelli econometrici escludendo l’effetto valutario e ne è venuto fuori che, visti i tassi interessanti sui bond societari americani (parliamo di un 5,1% medio su tutte le scadenze) c’è spazio per investirvi nell’ipotesi (che noi sposiamo) che ci sarà meno spazio per un ritorno delle monete sottovalutate (e alternative al dollaro) ai loro valori d’equilibrio. |
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