Marzo affossa il 2025 (e da come è iniziato aprile sembra solo l’inizio)

Marzo affossa il 2025 (e da come è iniziato aprile sembra solo l’inizio).
Marzo affossa il 2025 (e da come è iniziato aprile sembra solo l’inizio).
Marzo ha visto le Borse mondiali calare di ben il 6,7% (in euro e dividendi inclusi), il che ha portato il bilancio del primo trimestre a quota -4,9%. Gran pessimismo è venuto da Wall Street (-9,4% con il biglietto verde in calo del 3,7%). Risultati positivi sono venuti da Mumbai (+6,3%), Varsavia (+4,2%) e da San Paolo del Brasile (+3,8%). Invariata Jakarta, mentre per il resto sono tutti segni meno: -1,2% le Borse cinesi, -4,3% Istanbul e -7,1% Sidney. Sul fronte dei bond abbiamo un -3,1% per i titoli di Stato mondiali, a cui hanno contribuito sia quelli cinesi (-3,6%), sia quelli Usa (-3,3%), sia quelli in euro (-1,2%). In calo anche i titoli ad alto rendimento (-1% in euro, -4,8% in dollari Usa), così come i bond societari (-0,9% in euro, -4% in dollari Usa).
Nonostante le turbolenze, i nostri modelli, ora che abbiamo deciso di non considerare il dato di sotto-sopravalutazione delle monete (vedi n° 1593), hanno continuato a invitare a una allocazione delle risorse simile a quella del mese precedente. Tra le indicazioni che abbiamo notato c’è, nel portafoglio equilibrato, la spinta a dare spazio ai titoli di Stato britannici (ma vista la dinamica di quel debito preferiamo soprassedere). Nel portafoglio dinamico vediamo la tendenza a inserire azioni sudafricane (non abbiamo fretta di investirci per i motivi che espressi in passato e perché le relazioni con gli Usa non sono ai massimi). Nel portafoglio difensivo c’è una spinta dai bond societari Usa ai titoli di Stato cinesi, ma i rendimenti sono a favore dei primi (5,2% contro l’1,8%). Pertanto, lasciamo i nostri portafogli invariati.
TURCHIA: C’È DA PREOCCUPARSI?
Anche se il dato da inizio anno per la Borsa di Istanbul è solo un -8,1%, influenzato in modo più che determinante dal calo della lira turca sull’euro (-10,7%), la situazione politica del Paese pone molti interrogativi. Visto che lo abbiamo inserito nei nostri portafogli prima che il sindaco di Istanbul fosse arrestato, spendiamo qualche parola in più sulla situazione turca. Al potere dal 2002, Erdogan ha, a poco a poco, stretto la morsa sulla democrazia turca. La modifica costituzionale nel 2017 ha trasformato il sistema parlamentare in presidenziale e si è affermato un regime sempre più autocratico. Tuttavia, il partito di Erdogan ha subìto sconfitte elettorali negli ultimi anni e teme di perdere le presidenziali del 2028 contro il popolarissimo Imamoglu, sindaco di Istambul dal 2019. Per questo Erdogan, che sogna un terzo mandato, ha deciso di fare di tutto per farlo cadere. Ha annullato la sua laurea (necessaria per candidarsi a Capo di Stato) e poi il 19 marzo Imamoglu è stato arrestato. Gli arresti politici sono comuni, ma finora riguardavano politici filo-curdi e piccoli partiti. Questa volta la posta in gioco è più alta, ha provocato una grave crisi politica, ed è probabile che provochi anche una crisi economica. Si è, infatti, innescata una fuga di capitali, tanto che la Borsa ha subìto il peggior calo settimanale dal 2008 (-16% in pochi giorni) e, nonostante la vendita di decine di miliardi di valuta estera per sostenerla, la lira turca è crollata ai minimi, mentre i tassi a 10 anni sono aumentati del 4%, vanificando in pochi giorni tanti mesi di sforzi per ripristinare la stabilità finanziaria. Sia la Borsa, sia la lira turca, si sono riprese dopo il crollo iniziale, ma crediamo che la volatilità rimarrà elevata e che a medio termine molto dipenderà dall'atteggiamento che avranno i risparmiatori turchi: se fuggiranno verso dollaro e oro. A lungo termine, la situazione resta complessa. Non è la prima volta che gli investitori fuggono, per i dubbi sullo stato di diritto e sulla stabilità politica, ma poi alla lunga ritornano: in quest’ottica, al momento non è cambiato ancora molto delle prospettive del Paese, anche perché la sua presenza nella Nato è cruciale per l’UE e su questo fronte non ci dovrebbero essere ritorsioni. Attenzione, comunque, a due cose. La prima è che le azioni turche sono solo per investitori che non temono il rischio e il portafoglio dinamico non è, comunque, adatto a chi non è disposto a sopportare dei cali nel breve-medio periodo. La seconda è che, per ora, la politica turca naviga a vista e che quindi non sono impossibili sorprese. Occhi aperti, dunque.
INDONESIA: CONGIUNTURA DIFFICILE
Anche se alla fine il bilancio mensile della Borsa di Jakarta è in pari, il risultato da inizio anno è un -20,8%, con la rupia in calo del 5,1%, vicina a un minimo storico sull'euro e al livello più basso sul dollaro dal 1998, l'anno della crisi asiatica, cosa che ha spinto la Banca dell’Indonesia a intervenire sul mercato dei cambi e a rilasciare dichiarazioni rassicuranti a sostegno del valore della valuta. Sebbene le tensioni commerciali e il calo dei prezzi delle principali esportazioni dell'Indonesia non siano estranei alla svalutazione della rupia, il calo delle ultime settimane è dovuto anche alle politiche interne. L'agenda populista del presidente Prabowo Subianto preoccupa gli investitori. Temono che il presidente indonesiano metta da parte la necessaria prudenza di bilancio e aumenti gli aiuti sociali per mettere a tacere le proteste popolari, scaturite dal calo del potere d'acquisto e dai licenziamenti di massa nel settore manifatturiero. L'Indonesia sta, quindi, attraversando un periodo turbolento e crediamo che avrà difficoltà a cambiare marcia in termini di crescita. Da parte nostra, ci aspettiamo che si stabilizzi attorno al 5% a cui il Paese ci ha abituati nei prossimi due anni. Ma anche a questo livello di crescita che, per Jakarta, sarebbe deludente, l’arcipelago indonesiano resta ai nostri occhi estremamente promettente. Continuiamo a investire lì il 5% dei nostri portafogli neutro e dinamico.
Attendi, stiamo caricando il contenuto