Terrori e tremori, con finale dolceamaro

A inizio aprile l’annuncio dei dazi di Trump ha fatto crollare i mercati.
A inizio aprile l’annuncio dei dazi di Trump ha fatto crollare i mercati.
A inizio aprile l’annuncio dei dazi di Trump ha fatto crollare i mercati. Le successive ritrattazioni hanno, poi, permesso alle quotazioni di risalire e di tornare (in dollari) sopra i livelli di inizio mese (+1,3% le Borse mondiali con un +0,5% da inizio anno). Peccato, però, che per noi che siamo in Europa valgano i valori in euro e il fatto che il dollaro ha pagato un caro dazio alle politiche trumpiane (-5% in aprile e -8,9% da inizio anno) ha volto in rosso i vostri investimenti una volta trasformati in valuta comunitaria, con un -3,7% per aprile e un -8,4% da inizio anno. Tra i mercati azionari in portafoglio segnaliamo la buona performance (in euro) di Città del Messico (+5,9%) e quelle discrete di Sidney (+1,6%), Varsavia (+1,3%) e San Paolo del Brasile (+0,7%). Jakarta è rimasta invariata, mentre in rosso moderato è finita Mumbai (-0,9%). Le note dolenti sono venute da New York (-5,3%) e dalle Piazze cinesi (-10,4%), segno che farsi la guerra commerciale non è una buona idea. Male anche Istanbul (-13,6%). Sul fronte dei bond il calo del dollaro si è fatto sentire sui titoli di Stato Usa (-4%) che han tirato giù le medie mondiali (-1,8%) a cui non è bastato il buon andamento dei titoli di Stato in euro (+1,7%). In rosso anche i titoli di Stato cinesi (-4,2%) su cui ha pesato il calo dello yuan (-5,1%), vittima, insieme al dollaro, della guerra commerciale tra le due sponde del Pacifico. Sul fronte dei titoli societari si replica quello che abbiamo visto per i titoli di Stato: +0,9% quelli in euro, -5% quelli in dollari Usa. La stessa cosa è accaduta per i bond ad alto rendimento: +0,3% quelli in euro, -5% quelli in dollari Usa.
In questa situazione i nostri modelli ci hanno offerto diverse indicazioni. Innanzitutto, dovremmo dare maggior spazio alle azioni cinesi che, però, abbiamo ridotto di recente e su cui non ci pare ancora il caso di rientrare ora che sono nell’occhio del ciclone. Poi dovremmo investire in Sud Africa: non è una novità, ma non sono una novità neppure le nostre perplessità sia sull’economia sudafricana sia sui rapporti tra Pretoria e Washington. In terzo luogo, ci viene suggerito di introdurre dei titoli di Stato inglesi, ma la situazione britannica sul fronte del debito è ancora influenzata da tutte le debolezze indotte da Brexit e preferiremmo vedere prima come Londra gestirà la situazione. Infine, ci sono indicazioni a favore di Jakarta anche nel portafoglio difensivo, cosa che, vista l’elevato rischio di Jakarta, non ci pare interessante. Per tutti questi motivi confermiamo le nostre strategie.
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